Purgatorio - secondi

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Pov's Caspian Gonzalez

- Un secondo per perdersi, una vita per riprendersi. -

Sto sul letto e cerco di non pensare a niente, le mie membra che pulsano, stanche.

Sono sveglio da tre ore, ventisei minuti e quarantasette secondi.

Quarantotto...

Aspettando l'ennesimo incontro con lei.

Quarantanove...

Sono solo ora, Benji non c'è.

Cinquanta...

Non dormo, non riesco.

Cinquantuno...

Sento gli occhi avere spasmi sotto le palpebre.

Cinquantadue...

È buio, lui non lo trovo.

Un rumore sulla grata mi distrae, non è il solito colpo di preavviso che le guardie danno prima di aprire la stanza.

È lieve, questo qui.

Con le palpebre sempre abbassate, faccio guizzare ogni senso.

Farò pentire amaramente chi viene a disturbarmi.

Il passo leggero.

Pelle che sfiora il metallo.

Respiro corto e trattenuto.

È questione di secondi prima che un tocco delicato mi sfiori il braccio e prima che io uccidi il responsabile.

... aspetta! Profumo di donna.

Ma appena apro gli occhi, ciò che trovo davanti a me mi fa perdere il conto del tempo.

Ventisette minuti e...?

Una cascata di capelli ricci rosso infernale, due smeraldi luccicanti e distese di lentiggini. Questo, e i miei muscoli si rilassano, abbandonandosi sul duro materasso.

Eccolo, trovato.

Ho imparato a conoscerla durante la sua permanenza, che qualche giorno fa ha fatto qui sei mesi.

Ho constatato che le sta bene addosso, che lei, inconsapevolmente, si porta con sé il mio odio.

Rosso, rosso.

Con Olimpia lui c'è sempre, ma non gli dò mai importanza.

Vattene, non ti voglio.

Scuoto la testa, volendomi concentrare invece, sulla ninfa timida che si staglia difronte al sottoscritto.

La guardo storto, mettendomi a sedere e di rimando la ragazzina alza il mento, cercando di non far trasparire la sua paura.

Con poco successo, direi.

Divertito dal suo comportamento, decido di metterla un po' a disagio, così tanto per passare il tempo... senza contarlo.

Quindi mi alzo e davanti alla mia altezza non può che sollevare lo sguardo per incominciare un contatto visivo.

Stringe le maniche del camice bianco, in contrasto col colore dei suoi capelli, in due pugnetti tremanti.

"Desidera?" Chiedo, accigliato.

Deglutisce in evidente difficoltà, ma la vedo, ha già la risposta pronta sulla punta della lingua insolente.

"Nulla di vitale importanza, mi chiedevo se le andava di fare una seduta diversa dal solito." Risponde sicura.

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