✰ 𝑆𝑡𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑛𝑜𝑡𝑡𝑒 ✰

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«Che caldo» penso ad alta voce. Siamo in pieno luglio, e ci sono ben 40 gradi. Essere dentro a una macchina nera dai vetri scuri non aiuta per niente; abbiamo insistito per fare questa strada da sole, ma evidentemente non siamo state ascoltate. Nessuno potrebbe immaginarsi quanto mi piace Londra. Dopo tutti questi anni tornarci è semplicemente…magico. Ci sono stata qualche volta quando ero piccola, ma lo trovo sbalorditivo.
«Vorrebbe abbassare i finestrini, signorina?» balbetta l’uomo che ci sta facendo da autista, intimidito.
Gli rivolgo il sorriso più solare che ho nel mio repertorio e poi rispondo: «Si, per favore. Mi chiami pure Artemis e mi dia del tu, non stia ad ascoltare quello che le dicono».
«Non dovrei abbassarli, ma penso che farò un’eccezione».
Ormai sono abituata a dover spiegare alle persone che non c’è bisogno di servirmi e riverirmi come se fossi una principessa; ho vent’anni, non dieci. Questo però i miei manager non sembrano capirlo, e nemmeno il resto del mondo.
Alla radio suona “Mockingbird” di Eminem, una delle canzoni che ascolto più spesso attualmente. Potrà sembrare strano, ma quando sei una cantante e chitarrista professionista l'unica cosa che ti salva dall'andare in esaurimento nervoso è proprio la musica, spesso di alti. Quando ero più piccola il rap era come la mia colonna sonora; dalla mattina alla sera ascoltavo solo lui.

Eris inizia a canticchiare, ottenendo soltanto uno sguardo confuso e stranito da parte dell’altra compagna e dal nostro autista. È così difficile immaginare che una ragazza sui vent’anni sia una fan di Eminem, indipendentemente dal fatto che sia una celebrità internazionale?

Mi affaccio dal finestrino sporgendomi come fanno i cani nei film, rimanendo a bocca aperta. Il panorama è a dir poco stupefacente: stiamo passando sopra al Tower Bridge, in tutta la sua magnificenza. Il cielo è azzurro intenso, ma alcune nuvole danno quasi l’impressione di essere zucchero filato. Un’odore di aria fresca e d’acqua del Tamigi mi riempie le narici, facendomi venire voglia di saltare giù dall’auto e iniziare a volteggiare su me stessa a braccia spalancate. I ricci scuri che scappano continuamente dallo chignon alto mi sbattono sul viso, in parte grazie al vento e in parte grazie alla velocità della macchina.
«Signorina Artemis, per favore, torni subito dentro! Rischio di essere licenziato» grida lui.
«Nessuno se ne accorgerà, tranquillo» liquida le sue preoccupazioni Calypso ancora prima che io riesca dire qualcosa.
Ci sono gruppetti di ragazze bionde e abbronzate con indosso soltanto dei pantaloncini e il pezzo di sopra del bikini che stanno chiaccherando e scherzando, probabilmente godendosi l’ultima estate prima dell’università. Una punta di nostalgia ritorna in superficie, sapendo che mi sono persa tutti quei momenti. La cosa più triste di tutte è che quegli anni non li riavrò mai indietro, perchè li ho sprecati lavorando ad un progetto considerato inutile e troppo ambizioso. Sono riuscita a realizzarlo, ma a quale costo? Per la gente non ho nulla di umano; sono soltanto un robot alto un metro e sessantacinque con una voce leggermente più bella del normale e gli occhi da cerbiatta.

Il sole mi sfiora la punta del naso, e chiudo gli occhi assorbendo tutta la luce possibile. Questa sarà la prima estate dopo ben quattro anni in cui verrò qui. Ogni molecola d’aria di questo posto mi ricorda mio fratello. Il sole, le casette colorate, le onde ed i colori vividi delle auto. È tutto così solare, proprio come lo era lui. Eravamo complementari; il sole e la luna, Apollo e Artemis. Adesso devo essere entrambi per me stessa e per i miei genitori, anche se sono passati così tanti anni. Terrò in piedi il loro universo, nonostante non esista notte senza giorno. La notte senza giorno è soltanto buio, ed il buio è veramente inquietante da certi punti di vista.
Londra, in qualche modo, mi ricorda delle mie estati in Portogallo. Le spiaggie e l'inconfondibile odore di cocco soprattutto.
Per qualche secondo mi chiedo cosa stiano facendo quei due ragazzi con cui passavamo tutte le estati a Cascais da quando ho memoria; Alexandre e Isabel. Mi ricordo ancora lo sguardo inconfondibile del ragazzino, lo riconoscerei tra quasi otto miliardi di persone.
“Vorrei tanto andarli a trovare” penso, ma scaccio subito via l’idea. Anche se riuscissi a ritagliare il tempo credo che non sarebbero così felici di vedermi dopo che non mi sono fatta sentire dalla morte di Apollo. Probabilmente anche loro hanno attraversato un periodo di lutto, e io non gli sono stata accanto respingendo ogni contatto perché entrambi mi ricordavano troppo lui.

Da qui alle stelleWhere stories live. Discover now