✰ 𝑁𝑜𝑖 𝑡𝑟𝑎 𝑙𝑒 𝑠𝑡𝑒𝑙𝑙𝑒 ✰

69 23 13
                                    

Sto guidando; un senso di nausea mi riempie lo stomaco, perché non lo faccio da…oh, no. Per favore, non di nuovo, non per la terza volta in una settimana.
Mi giro terrorizzata per notare quel che temevo di più; seduto sul sedile accanto a me si trova proprio Apollo Buckley, il mio fratello gemello.
Riconosco benissimo l’auto. È quella che mi fu regalata per il mio compleanno, quella che lo portò alla morte. Premo col piede sopra il freno, per fermare il veicolo prima che sia troppo tardi, ma è inutile.

«Apollo, scendi» ordino, fin troppo rigida.
Il ragazzo sembra non sentirmi, nonostante le sue orecchie siano ben scoperte e sia sveglio a guardare sorridente fuori dal finestrino.
«Sono seria, devi scendere il prima possibile anche se siamo in movimento». Nessuna reazione, sembra quasi che ci sia un muro invisibile e insonorizzato tra di noi. Provo a gridare, ad urlare e ad arrabbiarmi, ma continua ad ignorarmi completamente. Non sa assolutamente cosa sta per succedere, si vede dalla sua rilassatezza.
«È colpa tua» sussurra una voce nella mia testa «l’hai ucciso perchè volevi l’amore di tutti, e non ti bastava dividerlo». Non riesco bene a riconoscerla, fin quando non diventano tre separate e ben distinguibili; quelle di Eris, Calypso ed il mio manager, Ben. Li ho delusi, proprio come ho deluso mio fratello.

Anche se sono consapevole che questo non è altro che un sogno, le lacrime mi riempiono gli occhi e il respiro mi diventa affannato quando raggiungo l’esatto punto in cui persi il controllo del veicolo. Stiamo viaggiando su una strada di campagna i cui lati sono delimitati da una recinzione, e oltre a quelli si riesce a vedere una discesa vertiginosa piena di alberi bitorzoluti.
Sapendo già quello che sta per succedere stringo la presa sul volante tanto che le mie nocche sbiancano, pronta a svoltare nella direzione opposta.
Impiego tutta la mia forza per girare il volante, ma il volante semplicemente va dall’altra parte indipendentemente da come io lo lo controlli. È come se ci fosse una presenza sovrannaturale che lo controlla, ma il motivo di quest’incubo è chiaro. Non potrò impedirlo, non potrò mai tornare indietro a quel giorno e rimanere astemia.

Proprio mentre ci dirigiamo pericolosamente verso le recinzioni allungo la punta delle mie dita abbastanza da strattonare il suo braccio; non mi importa se tutto questo è reale o no, ma sarò io quella a morire stavolta. Sarebbe dovuta andare così fin dall’inizio. Apollo era il sole, donava la forza di andare avanti a chiunque incrociasse il suo cammino. Quando qualcuno stava male, indifferentemente a come lo aveva trattato nel passato, era l’unico a capire al volo come aiutarti e a farlo nonostante non ci ricavasse niente. Io al contrario cercavo e cerco tutt’ora di assomigliargli il più possibile, ma so che non ci riuscirò mai. Quando era ancora al mio fianco essere così opposti aveva i suoi lati positivi, perchè io lo proteggevo dalle persone che volevano spegnere questa sua luce e lui mi mostrava che ne avevo anch’io, seppur nel profondo.

«Artemis, che cosa sta succedendo?» sobbalza spaventato. Proprio come me quando è in allerta si irrigidisce quasi come pietra.
«Scappa. Ti prego, scappa» è il massimo che riesco a dire in preda al panico «lascia che per una volta sia io a salvarti».
Ironico, no? Ha passato 16 anni a proteggere gli altri, e l’unica volta in cui aveva bisogno di essere protetto non lo è stato, rimettendoci la vita.
«Non è pericoloso andare da questa parte? Perchè non stai frenando?» piagnucola come un bambino indifeso. Vorrei soltanto stringerlo tra le mie braccia e bisbigliare che andrà tutto bene; allungo il braccio verso di lui, fin quanto la barriera tra il passato ed il sogno mi permette. Inizio a batterci sopra come se potessi distruggerla, ma non sembra nemmeno incrinarsi.
Quando improvvisamente l’auto si ribalta durante la brusca discesa quella divisione che prima era trasparente diventa screziata di rosso sangue, e cado nel vuoto.

                                                     

~

Mi trovo in un letto comodissimo, ma sono ancora scossa dai brividi e spaventata.  Dal buio nella stanza e dalle stelle che si scorgono dalla finestra deduco che sia ancora notte fonda.
Sfiorandomi la fronte con la mano mi accorgo di star sudando freddo, ma nonostante quello sento un calore eccessivo e non naturale impossessarsi di me. Devo andarmene da questa stanza, il prima possibile.
Ci metto qualche minuto a riprendere coscienza, e subito due domande affiorano nella mia mente: "perché sono qui quando mi sono addormentata sul pavimento di mia spontanea volontà?” e “dov’è Alexandre?”. Appena trovo la forza di tirarmi su e sedermi scopro la risposta alla seconda, perchè il ragazzo è sdraiato sul pavimento proprio nel punto in cui dovevo riposare io.

Da qui alle stelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora