✰ 𝐶𝑜𝑠𝑡𝑒𝑙𝑙𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 ✰

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È quasi magico vedere l’intimidatoria e coraggiosa Artemis Buckley innamorata di un paesaggio. I suoi occhi stanno cercando di assaporare ogni minimo particolare, come per imprimerlo nella sua memoria perennemente; lo vedo dall’accenno di sorriso sereno che le compare sul viso.
Un po’ la capisco, perchè è facile perdersi nella bellezza di qui. Sembra quasi di essere in un quadro in movimento, dipinto pennellata per pennellata con colori naturali ma tutto il contrario di spenti.
Io, al contrario, mi sento semplicemente a casa: adesso tutto è veramente come doveva essere, tralasciando un piccolo particolare irrimediabile.

La verità è che, per quanto io la possa amare, l’America non sarà mai casa mia. Quando la mia famiglia iniziò a passare le estati qui io non ero ancora nato, e probabilmente anche mia madre era ancora piccola. Avevo poco più di cinque anni il giorno in cui iniziò a raccontarci tutte le sere, come storia della buonanotte, quella dell’incontro tra lei e papà.
«Ci siamo sempre guardati come il cielo e il mare, ma l’orizzonte è stato il filo troppo resistente lì a dividerci per anni» spiegava «un giorno arriverà anche per voi, non temete. Ricordatevi soltanto che dovete dare tutto per spezzare quel filo». Questo posto, i tramonti osservati e le nuotate fatte di prima mattina, per me sono una barriera protettiva; quando sto male per qualche motivo mi basta rifugiarmi nell’angolo più remoto della spiaggia, indipendentemente dall’orario.

Dopo che attraversiamo del tutto il ponte e la scogliera siamo davanti al nostro palazzo, eppure non c’è bisogno di indicarlo alla ragazza; si ferma e basta. Malgrado il tempo che è passato sembra ricordarsi tutte le strade a memoria, ed in un certo senso questo mi rassicura.
«È uguale a come la ricordavo» le si illumina il viso. Ha gli occhi gonfi di qualcuno che ha pianto recentemente, ma la rendono ancora più lei.
Non è una abitazione rispetto al resto degli edifici intorno, ma da come lo guarda sembra quasi un castello.
«Entriamo, così potrai confermare questa tua teoria anche sugli interni» la prende per mano Izzie, trascinandola avanti con sé. Le sono grata, perchè penso che non avrei resistito alla tentazione di rompere quel silenzio imbarazzante con una pessima battuta o qualche parola senza senso borbottata.
La verità è che noi tre dovremmo parlare di tantissime cose, ma decidiamo semplicemente di non farlo, almeno per ora; ci limitiamo a camminare in silenzio e a scambiarsi sguardi sfuggenti, se non fosse per l’insolito buonumore di mia sorella.

Mentre attraversiamo la cucina la situazione si ribalta completamente; adesso è la più grande che sembra essere sotto sostanze stupefacenti dalla gioia.
«Per fortuna siamo al sicuro adesso» tira un sospiro di sollievo, diversa dalla ragazzina imbarazzata di pochi secondi fa «non ce la facevo più a mantenere un sorriso docile ed educato ogni volta che sentivo sussurrare il mio nome subito prima di parole per nulla lusinghiere» sbotta infastidita.
Qualcosa dentro di me mi suggerisce che non è la prima volta che sopporta queste “critiche”.
Mi mordo il labbro per non dire nulla, visto che non sono assolutamente affari miei e so che la farebbe innervosire ancora di più essere protetta, considerando che è perfettamente capace di difendersi da sola. Appena entriamo nella casa persino la sua postura rigida si rilassa, facendola sembrare una bambina spensierata. Il problema che abbiamo ignorato tutta la mattina risale in superficie nel momento in cui Isabel si offre di mostrarle dove dormirà per tutta la sua permanenza. Mia sorella mi guarda confusa, implorandomi con gli occhi di lasciarle camera mia.
A malincuore annuisco, senza ribadire che dovrei studiare anche io per poi frequentare l’ultimo anno al college e ricevere offerte di lavoro dalle migliori agenzie o enti di ricerca. In questo momento la priorità è aiutarla a completare il suo romanzo entro la data di scadenza non lontata, per precisione il 20 settembre.

«Alexandre sposterà le sue cose, così potrai sentirti a casa» prova a coprire l’imbarazzo. Certamente non può ricordarle come ci dividevamo le stanze prima dell’“incidente”; lei e suo fratello condividevano la stanza che adesso appartiene a me, e io e Isabel dormivamo in quella in cui attualmente sta lei. I nostri genitori invece dormivano al piano di sopra, in cui adesso stanno altri due nostri amici.
Mi affretto subito a spostare i libri appoggiati sul letto, per permetterle di sedersi dopo ore e ore di viaggio. Lei però mi ferma con un gesto: «Non è necessario, davvero» sorride, abbastanza divertita dal mio scatto «ho portato veramente poco, e quindi non ci saranno problemi di spazio. In quanto a sentirmi a casa, non preoccupatevi; viaggio più di quello che vi potreste mai immaginare, quindi sono abituata ad adattarmi».
È proprio un comportamento degno di Artemis sminuire qualunque cosa succeda, anche se viene sballottata come una pallina del flipper tra paese e paese; forse ormai non ne soffre più, perché il suo cuore non è legato ad un posto ma piuttosto è libero proprio come una rondine che si libra nella notte.
«Se in un qualsiasi momento cambierai idea non esitare a dircelo, mi raccomando» specifico, soddisfatto di star facendo progressi col parlare.

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