Zia Penelope

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Come si può cominciare a parlare così dal nulla se nemmeno sapete la mia storia?
Direi di cominciare dall'inizio, da quando ero solo una bambina...
Prendete un respiro profondo, e... mettetevi comodi, magari prima di continuare a leggere prendetevi un caffè perché la mia storia è complicata ma soprattutto lunga, credo quanto un libro.

- Ci dispiace, non può affidare la bambina a noi, non abbiamo più posto!-
.
- Di questi tempi lei mi chiede di prendere una bambina nel mio orfanotrofio? Non si rende conto che sono tutti pieni?-
.
- Ahahaha, spero stia scherzando. Siamo pieni, non possiamo ammettere altre bambine.-
.
- No.-
.
- Non abbiamo posto!-
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- No. È tutto pieno, mi dispiace.-

Che dire, papà mi vuole abbandonare.
Avrò solo 6 anni, ma sono abbastanza sveglia da capire che lui non mi vuole.
Mi chiedo solo perché.
Mangio tutto quello che lui mi da e non lascio mai niente, in prima elementare sto andando benissimo, so già scrivere... sono una brava bambina...
Sarà il trentunesimo orfanotrofio in cui andiamo e dove le tutrici ci dicono che non sono disponibili posti, il papà sta impazzendo, da quando sei salita in cielo lui non fa altro che sorridere e sorridere per non farmi piangere, sì, ma si vede che lo fa per finta...
Non so perché lui voglia abbandonarmi, ma... non voglio salutare per l'ultima volta anche lui...
Mi ripete sempre che lui senza di te non sarà più lo stesso e che di me non si può prendere più cura.
Cosa devo fare?
Mi manchi, mamma... vorrei non essere già così perspicace, vorrei non capirci niente di tutto questo...
Ti voglio bene.
Al prossimo sfogo, mamma.

Una voce roca e crudele mi fece sobbalzare dal letto: zia Penelope.
- Pulce, svegliati!!!- strillò la zia dalla sua camera.
Mi alzai dal letto e mi feci velocemente una coda per poi correre in stanza dalla zia che ancora continuava a sbraitare.
- Eccomi, Miss Penelope...- dissi farfugliando le parole.
La zia mi fissò finalmente soddisfatta per il "Miss" con cui l'avevo chiamata.
- Finalmente impari, stupida ragazzina. Hai 16 anni, cavolo, dovresti sapere che io valgo qualcosa in questa società e tu no. Ora, torna in camera tua e metti il vestito buono. Oggi arrivano gli assistenti sociali. Cerca di essere ciò che non sei: carina!-
Abbassai il capo annuendo e me ne tornai in camera mia a testa bassa.
Più che camera, la mia stanza era il sottotetto della casa. Mi piaceva abbellire le pareti in muro di cartapesta con bombolette spray, mi aiutava per sfogarmi. Tornandomene nel mio mondo pieno di colori, alzai un'asse di legno del letto e tirai fuori una scatola di carta ruvida e di un azzurro pastello.
Sparpagliai il contenuto sul pavimento: una bomboletta spray decorata da me, una molletta a teschio trovata nel magazzino della scuola alle elementari ed infine gli oggetti più importanti per me.
Presi tra le mani un diario di pelle tutto impolverato e lo sfogliai fino ad arrivare alla prima pagina pulita, così iniziai a scrivere.
Quello era il mio modo per sfogarmi.
Per sfogarmi della vita che facevo.
Odiavo essere trattata come una pulce.

13 Gennaio
Ciao mamma, come va?
A me non tanto bene nemmeno oggi.
La zia mi ha detto di mettere il vestito buono, ciò significa che indosserà la sua perfetta maschera da zia perfetta rendendosi per la medesima volta la zia che non è mai stata.
Lei non fa altro che ferirmi, ferirmi e ferirmi con quei suoi insulti.
Pensa che adesso mi ha cominciato a chiamare pulce da quando ne ha scoperto il significato.
Per lei sono una di quelle pulci piccole ed insignificanti che, anche se per la loro minuscola grandezza, riescono ad infilartisi sotto la pelle.
Vorrei solo aver avuto una vita come tutti, ecco tutto.
Vorrei solo aver avuto più tempo da passare con te.

Tre colpi violenti alla porta dalla zia mi indicarono che gli assistenti sociali erano già arrivati.
Presi di corsa il vestito buono: un vestitino azzurro cielo con delle maniche a sbuffo.
Infilai il vestito senza pensarci troppo.
Quando me lo tirai fin sulle spalle mi resi conto.
Ancora, mi stava ancora più largo di prima.
La zia non mi dava altro che gli avanzi del suo cibo ed io nemmeno quel cibo mangiavo, ero troppo impalata a pensare a tutte le cattiverie che mi diceva e quindi non riuscivo a toccare cibo.
Se andavo avanti così sarei diventata uno scheletro.
Cercai di lavare via con l'acqua le occhiaie, ma niente.
Non feci altro che prendere la maniglia della porta per scendere giù, ma mi resi conto che avevo pestato qualcosa... la mia collana.
Presi subito tra le mani quel piccolo piccolo tesoro rimasto della mamma e me lo misi al collo, stringendolo tra le mie mani scheltriche.
Feci un respiro profondo e scesi le scale a chiocciola fino a trovarmi in salotto.
Un gruppo di tre uomini abbastanza bassi mi salutò con educazione e mi chiesero se mi potessi sedere al tavolo accanto alla zia.
Come sempre la zia sorrideva ed indossava quella sua maschera infallibile: la maschera della zia perfetta.
Lei interpretava la sua parte e gli assistenti sociali abboccavano in pieno al trabocchetto.
A volte dubitavo della loro professionalità perché non facevano altro che fumare un sigaro mentre controllavano che il mio stato fosse accettabile, niente di più e niente di meno.
Non salivano nemmeno a controllare dove io dormissi, semplice come il sole a mezzogiorno: la zia li corrompeva.
Lei li pagava di nascosto e loro tenevano un occhio chiuso sul mio stato.
Si vedeva facilmente che la zia non mi dava cibo, si vedeva che svolgevo io i lavori domestici, ma nonostante tutto agli assistenti sociali importavano di più i soldi che la mia salute mentale e fisica.
Vi chiederete perché la zia si era offerta di tenere una povera orfana in casa, semplice, io sostituivo tutte le serve che lei avrebbe dovuto pagare.
Fatto sta che quel freddo giorno di Gennaio successe una cosa che avrebbe definitivamente cambiato la mia vita.
Continuavo a sbattere gli occhi per l'agitazione mentre l'unico brav'uomo tra gli assistenti sociali stava tirando fuori dalla valigetta un foglio con abbastanza firme sopra.
- Mister Forby, dica pure ciò per cui siete venuti qui.- disse la zia cercando di essere educata.
Mister Forby fece un respiro profondo, come se stesse prendendo coraggio e poi disse con molta velocità.
- La signorina Mills è stata presa in affido.-
Non, non potevo crederci... me ne sarei andata da quella prigione.
Sul volto della zia si dipinse un'espressione stupita ma allo stesso tempo sconvolta.
- Ma sono io la sua tutrice!- prese a strillare contro i tre uomini rivelando la sua vera natura.
- È da 11 maledettissimi anni che tengo questa pulce e voi volete togliermela così, all'improvviso?!- strillò la zia alzandosi dal tavolo e battendoci i pugni sopra.
Mister Forby mantenne la calma e spiegò il tutto alla zia.
- Quando le è stata affidata la signorina Mills le è stato detto che la doveva tenere con sé solo fino a quando non le avremmo trovato un collegio.
Un collegio ha deciso di prenderla e subito è arrivata una richiesta di adozione da un parente della signorina Mills, abbiamo accettato e disposto questo accordo: la signorina Mills adesso andrà a fare i suoi bagagli e tra 2 ore partirò io stesso con lei verso una cittadina del Colorado, dove abitano i suoi futuri genitori adottivi.-
L'assistente sociale pareva piuttosto felice che io cambiassi casa, come se sapesse che la zia non era per niente un angelo.
Rimasi zitta, come se quella cosa non mi riguardasse per niente.
- Mia nipote non andrà in un'altro posto dopo averla ospitata per anni in casa mia affrontando tutte le spese necessarie!- sbraitò zia Penelope come se le importasse veramente qualcosa.
Tutta quella scenata la stava facendo solo perché sennò non avrebbe avuto un'altra serva e schiava per i suoi affaracci.
Io nel frattempo rimanevo in silenzio, con il capo chino.
- Non se ne parla!- continuava a strillare la zia.
E fu in quel momento che presi la parola.
- Io sarei interessata alla proposta di trasferirmi..- dissi sottovoce.
- Vede signora? La ragazza ha fatto la sua scelta e quindi faremo di conseguenza. Prego, vada a prepararsi.-
Salii le scale lentamente, come se non avessi ancora realizzato che sarei dovuta partire tra meno di 2 ore verso il Colorado, da una famiglia che mi avrebbe accolta.
Da una famiglia che mi avrebbe trattata sicuramente meglio di come mi trattava zia Penelope.
Entrata in camera mia, chiudendomi la porta alle spalle, scoppiai a piangere dalla commozione.
La mia vita stava finalmente trovando una via lucente.

The Violinist GirlWhere stories live. Discover now