Fasce

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Un piccolo bagliore di luce mi fece rendere visibile dove mi trovavo: una stanza buia, come se fossi sospesa nel nulla.
La luce mi rese anche visibile un piccolo ma spaventoso particolare.
Abbassando lo sguardo fissai le mie mani e mi resi conto che erano sporche di sangue.
Una sensazione di nausea mi percorse gola e tentai di vomitare, ma non ci riuscii.
Tutto era morto. Tranne io, o per metà.
Era come essere tornata a casa di zia Penelope e non mi stavo sbagliando, una donna in lontananza mi stava venendo incontro, con in mano una cinta... come quella che usava la zia...

Spalancai gli occhi di colpo, capendo che era stato tutto solo un brutto sogno.
Il mio fiato era affannato, spaventato.
Una lacrima mi percorse una guancia.
Iniziai a singhiozzare, pensando di essere sola.
Mi sbagliavo.
Rimanendo sdraiata a pancia in giù, sentii dei polpastrelli percorrermi la schiena, con gesti delicati.
Un dolore lancinante alla schiena mi fece sussultare e piangere ancora di più, era come essere tornata indietro.
Zia Penelope che mi dava frustate con la sua cinta borchiata.
Il sangue che colava sulla mia schiena.
Tutto questo perché io non ero troppo brava ed intelligente per lei.
Mi ero ripromessa di non piangere ricordando il passato, ma in quel momento non ci riuscii.
Scoppiai in un pianto liberatorio, abbracciando la figura accanto al mio letto, qualsiasi essa sia.
Era stato un gesto istintivo.
Tenevo ancora gli occhi chiusi, come se  avessero usato una spillatrice per chiudermeli, il mio petto aderiva perfettamente a quello del misterioso soggetto che stavo stringendo con forza.
- Tranquilla, lei non è qui.- mi sussurrò una voce che conoscevo, carezzandomi i capelli mori e tenendomi stretta a sé.
Hayes.
Fregandomene della persona in questione, continuai ad abbracciarlo, lasciandomi andare ad un pianto liberatorio.
Mi calmai dopo un pò, con la testa ancora poggiata sulla spalla di Hayes.
Sentii un pizzicore alla schiena e mi resi conto che stava sanguinanando.
Hayes mi fece sdraiare nuovamente a pancia in giù, continuando a tenermi la mano.
- Devi resistere solo per pochi minuti.-
Mi calmò la sua voce rassicurante.
Tenei ancora serrati gli occhi, continuando a singhiozzare.
All'improvviso sentii un panno freddo sulla schiena che mi fece nuovamente sussultare, la mano di Hayes si strinse ancora di più alla mia e ciò mi fece resistere per quei pochi istanti di dolore.
- Fatto.- mi sussurrò, stringendomi nuovamente a sé e continuando a carezzarmi i capelli mentre singhiozzavo con la faccia premuta sulla sua spalla.
Aprii lentamente gli occhi, riuscendo a scorgere solamente la solita stanza in cui mi ritrovavo ogni volta che svenivo.
Hayes si staccò dall'abbraccio e potei finalmente osservarlo: i suoi capelli neri erano rasati ai lati della testa componendo un nuovo taglio e lasciando visibile con più lucentezza il suo volto pallido e i suoi occhi azzurro cristallino.
Riuscii a scorgere allora una piccola cicatrice sulla sua guancia sinistra, una cosa che non avevo mai visto.
- Fascio la ferita..- mi sussurrò, tenendo i suoi occhi color lacrima incollati ai miei.
Mi prese delicatamente i polsi e mi fece poggiare  le mani sulle sue spalle robuste.
- Rimani con la schiena dritta- continuò dicendomi Hayes e posando delicatamente le mani sul mio busto, per farmi rimanete dritta.
Una scarica, come elettrica, percorse la mia schiena e ciò mi fece sussultare.
- Non ti farò del male, farfallina.- mi sussurrò Hayes, lasciando il mio busto e prendendo tra le mani della stoffa bianca.
Rimasta con le mani poggiate sulle sue spalle, lui portò le braccia dietro la mia schiena, facendo passare la stoffa attorno al mio busto e fasciando l'enorme taglio.
Io continuai a fissarlo negli occhi, cercando ancora di razionalizzare che Hayes, proprio lui, mi avesse abbracciata.
Il ragazzo che mi odiava mi aveva consolata.
- Come mi sono fatta questa ferita?- gli chiesi mentre riponeva nel cassetto le fasce rimaste.
- Giuro che non pensavo accadesse, è tutta colpa mia... a volte il portale tra i nostri due mondi può provocare danni e ferite..- sussurrò, sembrando dispiaciuto.
- Tieni.- mi diede esitante la prima cosa che si trovò tra le mani.
Una camicia, presumibilmente la sua.
Ma perché... ASPETTA.
Ero letteralmente. Solo. In. Top.
Afferrai la camicia di colpo e me la abbattonai, lasciandomi ricadere sdraiata sul cuscino.
In quel momento, ai miei occhi, Hayes pareva un vero e proprio bambino indifeso.
Continuava a guardare il vuoto per la prima volta con un evidente segno di spavento e agitazione sul suo volto.
E fu in quel momento.
Fu in quel momento.
- Giuro che... che ho sentito cosa stavi provando.- sussurrò, continuando a fissare il vuoto.
- Ma è strano. L'ho capito senza usare i miei poteri...l'ho capito e basta.- di colpo mi strinse la mano e sussultai a quel contatto così improvviso.
- Ofelia, nonostante io continui ad odiarti ti dico una cosa...- Hayes mi fissò, ancora quasi tramortito.
- Non è nelle stelle che è conservato il nostro destino, ma in noi stessi.- e compresi.
Compresi qual'era il mio destino.
A cosa ero destinata.
Quella era la stessa frase di William Shakespeare incisa su quel meraviglioso violino, non era stato un caso che io mi fossi ritrovata lì, tra tutte quelle creature che avevo sempre creduto esistessero solo nelle favole.
Perché avevo appena capito una cosa: anche io ero una di quelle creature e finalmente avevo capito quale fosse il mio posto, chi fosse come me.
- Hayes.- dissi all'improvviso.
Lui inchiodò il suo sguardo al mio, chiedendomi cosa avessi senza parlare.
- Dov'è il violino?- chiesi, decisa.

The Violinist GirlDove le storie prendono vita. Scoprilo ora