Capitolo 33

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Balla come se nessuno stesse guardando,
ama come se nessuno ti avesse mai ferito,
canta come se nessuno stesse ascoltando,
vivi come se il paradiso fosse sulla terra.
(William W. Purkey)

HOPE

"Gli ho detto che non lo amo più"

"Tu come ti senti ora?"

Guardo il mio psicologo che si rigira la penna tra le mani e mi guarda aspettando che risponda alla domanda
Carl mi ascolta da sette anni.
Non l'ho mai visto scrivere, mi ascolta sempre e mi aiuta a comprendere e a capire.

"Io mi sento confusa"

"Perché? Mi hai sempre detto che hai smesso di amarlo con il tempo. Ma è una di quelle persone che hanno influenzato la tua vita, questo lo sappiamo"

"Ho ricominciato da zero Carl. Sono cambiata. Sono ripartita da niente, ho abbandonato in parte i miei sogni, ho cambiato il mio atteggiamento,sono cambiata"

"Lui ti fa paura ora che è tornato?"

"Si ho paura di lui"

"Qual'è la tua paura più grande Hope?"

"Che mi faccia nuovamente del male"

"Se invece è tornato per una ragione Hope? Ci pensi mai"

"Si lui è tornato ma non per me"

"Mi hai detto che avete ballato insieme e lui ti ha confessato di amarti ancora e che è tornato sopratutto per te. Perché non gli credi?"

"Non voglio credergli"

"Hope ti manca qualcosa. Qualcosa che tu sai"

"Lo so"

"Ti ho sempre detto che non c'era bisogno di cambiare, ma lo hai fatto. Sono sette anni che ci conosciamo e non sei mai in grado di rispondere ad una domanda. La risposta è nel tuo cuore"

"Lo so"

"Hope devi dirlo a te stessa cosa ti manca per essere felice e sopratutto non devi mentire a te stessa. Se risponderai a questa domanda io potrò aiutarti molto di più. Ma sopratutto devi tirare fuori tutto quello che hai dentro"

"Mi aiuti già"

"Io ti avrò aiutato nel momento in cui tu non verrai più qui. Ognuno ha i suoi tempi e tu i tuoi. Torna quando vuoi e non farti prendere dallo sconforto tu sei più forte di tutto Hope,ricordalo sempre"

"Grazie davvero Carl"

Esco dallo studio dello psicologo ancora più confusa.
Vado al parco dove mi siedo su una panchina.
Andai da Carl, quindici giorni dopo la partenza di Joshua.
Andai di mia spontanea volontà.
In un momento di lucidità mi resi conto che mi stavo uccidendo.
Ed avevo bisogno di qualcuno che mi aiutasse.
Era notte e in preda ad un incubo mi svegliai urlando, non so per la confusione o per lo spavento mi diressi in bagno e proprio in quel momento presi una lametta tra le mani.
Mi tagliai, vedevo il sangue scendere dal mio polso,la mia maglia sporca del mio sangue, gettai la lametta come se fosse fuoco e mi fasciai il polso.
Nel momento in cui mi tagliai non piangevo e non sentivo dolore.
Avevo paura di me stessa in quel momento.
Quella notte mi diressi in un bar e mi ubriacai,
la mattina seguente ubriaca e sconvolta andai dal primo psicologo che trovai in città.
Mai scelta fu più sensata.
Carl è colui che mi riporta con i piedi per terra. Sa del mio crollo di quella notte, sa cosa ho lasciato dietro me.
Ho avuto paura di me stessa i giorni seguenti, paura che mi svegliassi in piena notte e mi uccidessi.
Carl mi ha aiutato a superare la paura ma sopratutto ha ridato fiducia in me stessa.
Ho passato dei mesi difficili ma ne sono uscita nuovamente.
In quei giorni tutti mi chiedevano del mio polso, ho inventato una storia.
Tutti mi hanno creduto, tranne una persona.
Zio Gabriel.
Lui ha capito. È la persona che sa leggermi dentro meglio di chiunque altro,anche più di mio padre, e mi sono allontanata anche da lui.
Alzo la maglia e sgancio il doppio bracciale che porto sul polso, e mi tocco la cicatrice.

Alzo lo sguardo e guardo i bambini giocare nel parco e i loro genitori tenersi per mano, e sorridere felici.
Fino a qualche anno fa desideravo io questa quotidianità. Oggi non più.
Oggi ho paura.
Paura anche di costruirmi una famiglia.
Paura di trovare un uomo che ami.
Ho paura.
Paura di non saper amare nuovamente.
Mi guardo la cicatrice e infilo nuovamente il bracciale, che nasconde le cicatrici ormai schiarite. È un bracciale che non tolgo mai, nasconde il mio gesto e tutte le conseguenze che ne sono venute dopo.

Vengo distratta dai miei pensieri dal suono del cellulare.

"Pronto?"

"Hope sono Eva"

"Che succede?"

"A Giada  si sono rotte le acque il bambino nascerà prematuramente"

"Arrivo"

Ti amo...ma non posso 3Where stories live. Discover now