A - Inizio

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A – Inizio

La stanza odorava di rose

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La stanza odorava di rose. Un mazzo di queste ultime, dai petali rossi come il sangue, era posto sulla scrivania lignea collocata al centro del piccolo studiolo, con accanto un plico di carte ed una lampada a gas. Le pareti erano tappezzate di dipinti e fotografie raffiguranti i diversi componenti del circo; un divanetto di pelle, ricoperto da cuscini finemente ricamati a mano, stanziava accanto al tavolino.

Donghyun indossava un paio di occhiali rotondi e passava in rassegna le informazioni trascritte su di un foglio. Aveva il volto contratto in un'espressione concentrata: la fronte era aggrottata ed aveva l'indice piegato davanti al labbro superiore.

— Non puoi chiamare la polizia. — Sunggi ruppe il silenzio che si era creato. La ragazza era stesa sul divano, con solo una vestaglia bianca a coprirle il corpo formoso. Incrociò le braccia al petto, per poi accarezzarsi con lentezza il profilo delle gote. — Possiamo risolvere il caso da soli. Non ci servono gli umani.

Lui sospirò. — Ne abbiamo già parlato, tesoro. — La sua voce era piatta, incolore. — L'intervento della polizia di Seoul è indispensabile. — Detto questo, tornò a concentrarsi su ciò che stava leggendo.

Sunggi non demorse. — Rifletti, Donghyun. Tuo padre è appena stato ucciso, e quelle non sembravano ferite, — mimò le virgolette con le lunghe dita, — normali. Non è stato un umano, è stato uno di noi. Se dovessero scoprire la nostra vera natura? Ci hai pensato?

— Sì, ed anche parecchio. — Il giovane si tolse lentamente gli occhiali, per poi riporli con cura nel cassetto. L'iride del suo occhio destro era diventato color ghiaccio e faceva a pugni col sinistro, di un intenso carminio. — Il loro intervento ci serve. Posso darti anche dei validi motivi.

Lei mise una ciocca dei suoi lunghi capelli neri dietro l'orecchio. — Sentiamo. — Appoggiò il gomito sul bracciolo e pose guancia sul dorso della mano, così da fissare intensamente il bel volto dell'interlocutore.

Passò un minuto di silenzio assoluto, rotto solo dal ritmato ticchettare dell'orologio a pendolo. — Quando mi guardi in quel modo, mi viene voglia di darti ragione — confessò Donghyun, mentre un sorriso sornione gli affiorava sulle labbra.

Sunggi ricambiò il ghigno. — Allora non sei del tutto immune al mio fascino.

— Al contrario.

Lei roteò gli occhi. — Non cambiare discorso.

Il ragazzo chiuse la mano a pugno e poi sollevò il pollice. — Ragione numero uno: gli umani possiedono tecnologie a noi Jadoos sconosciute. Ad esempio, dei rilevatori di impronte digitali. Ed a noi farebbero molto, molto, molto comodo. — Alzò l'indice. — Numero due: chiamare la polizia ci renderebbe meno sospetti. L'urlo disperato e — fece una smorfia, per poi stringere i denti, — irritante — quasi sputò l'ultima parola, — di Minjee ha fatto accorrere numerosi testimoni.

 CIRQUE - KFA2019 Where stories live. Discover now