A6 - Sesto

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B

ona si immerse completamente nella vasca dalle pareti trasparenti. Lasciò che l'acqua tiepida le lambisse il corpo formoso ed accarezzasse con dolcezza i lunghi capelli biondo cenere, i quali volteggiarono placidamente attorno al suo viso.

Sotto quella volta trasparente, provava una pace che oramai credeva perduta da tempo. Tuffarsi nel suo elemento aveva il potere di estraniarla dal mondo circostante e lavare via tutte le sofferenze che la attanagliavano.

Nuotò per qualche minuto, con gli occhi chiusi, beandosi della solitudine. Non c'era nessun bambino che urlava battendo le mani, nessun adulto che la guardava sconvolto, nessun umano che urlava: "Ma come fa a rimanere lì sotto per così tanto tempo?!", per poi farsi il segno della Croce e pregare che quella strana ragazza non morisse annegata - ovviamente la Omi non riusciva a respirare sott'acqua, le sue abilità non erano così avanzate, ma vantava il record di apnea di un'ora e cinquantasette minuti.

In quel momento non voleva pensare a nulla. C'erano solo lei, l'acqua ed il silenzio.

Insieme ad un poliziotto che la scrutava con occhio critico attraverso il vetro.

Bona represse un grugnito rivolto alla figura ovattata e riemerse, appoggiandosi coi gomiti sul bordo della vasca. Gocce di liquido le lambivano le guance, il collo, le spalle e facevano appiccicare la lunga chioma chiara lungo il profilo della schiena.

— Come ti chiami? — chiese l'agente in modo sbrigativo. In mano aveva un registratore, la cui luce rossa lampeggiava ad intermittenza: quell'aggeggio era acceso.

La ragazza non nascose il suo interesse ed iniziò a fissare il giovane. Era bello. Aveva i capelli castani, lisci, che gli ricadevano disordinatamente sull'occhio destro, coprendolo alla visuale. Le labbra erano piccole, sottili, il naso non molto grande e gli occhi castani. L'unico aspetto inquietante era il fastidio profondo che perpetrava nelle iridi scure. Appoggiò il mento sull'avambraccio e piegò di lato la testa. — Lee Bona — rispose.

L'umano rimase impassibile. — Quanti anni hai? — La sua voce era incolore, atona, come se stesse parlando con un manichino.

— Ventuno.

— Hai famiglia?

Il viso dell'Omi si tinse di una leggera tonalità di rosso e la giovane boccheggiò alla ricerca di parole comprensibili da usare. Non voleva fare il nome del fratello minore ed invischiarlo con la polizia umana. Bowo era troppo buono, troppo innocente, troppo puro; non sarebbe sopravvissuto ad un contatto ravvicinato con quei tipi – avrebbe avuto incubi ricorrenti per i mesi successivi, come era accaduto quando erano scappati di casa. Mentire, comunque, non era una buona idea: l'avrebbero scoperta subito andando a chiedere in giro.

Decise quindi di fare leva sulla bontà dell'umano. — Sì, ho un fratello minore. Si chiama Bowo, — rispose, a disagio. Si mordicchiò il labbro inferiore, succhiando l'acqua che vi si era posata sopra. — Ha dieci anni — si affrettò ad aggiungere. — È un bambino, ne ha passate tante... vi prego, non andate a parlare con lui. Era con me quando Hyunwo è stato ucciso. — Sperò di averlo convinto. Iniziava a sentire un vago accenno di inquietudine, insieme alla voglia di uscire dalla vasca e vomitare la mela che aveva appena mangiato.

Il poliziotto – come si chiamava? Junhyung? ‒ sospirò rumorosamente ed abbassò il registratore. Il suo viso conservava la medesima espressione indifferente. — Signorina, sto indagando sulla morte del direttore. Dobbiamo interrogare tutti i componenti del Circo, che le piaccia o no.

 CIRQUE - KFA2019 Where stories live. Discover now