Gibbosa crescente

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Profondamente afflitto mi ritrovai a gironzolare per le vie della città in compagnia della solitudine, beata leggerezza astratta che attanaglia lo stomaco e la gola. Le vie deserte colme di neve mostravano beatitudine. Quella stessa beatitudine logora e ossequiosa di lontane rimembranze. Fiocchi argentei cadevano dal cielo. Li osservai con devozione bagnandomi il viso paonazzo da stupidi pensieri. Dalla parte opposta della strada una donna mi osservava con disgusto. Avvolta da un manto porpora copriva il capo con il cappuccio vistoso. Fissa e immobile mi osservava. Non batteva ciglio, non muoveva un dito e la cassa toracica era completamente immobile.

Nessun mistero per me uomo di mondo, nessun mistero aleggia spontaneo se non lo stesso sapere sconsolato e invalido del proprio intelletto.

Decise di avvicinarsi quella donna, aveva voglia di sfidare le proprie capacità motorie. Con eleganza raccapricciante gettò a terra la sua mantella mostrando il corpo mutilato. Si sorreggeva a due strane stampelle di cedro selvatico. Le gambe amputate e irregolari penzolavano in una gravità affine al momento, lasciando una leggera scia cremisi sul suolo bianco e immensamente gelido. Nonostante la sua disabilità si muoveva con grazia programmata. Sembrava una sirena che con destrezza ed eleganza muoveva la propria coda invisibile tra le onde della malinconia. Intimorito dal suo sguardo freddo e tagliente rimasi fermo ad aspettare. Lentamente si avvicinava e lentamente si mostrava alla mia vista. Metà del suo viso era ustionato. Opera della gelosia e della possessione. Opera di un amore malato e battagliero, codardo e irresponsabile, meticolosamente affabile e ingiusto. Le sue labbra carnose mostravano vissute vite, molteplici vite di ripugnanza e corruzione.

I semafori erano spenti e la strada ghiacciata. Ci si poteva specchiare perfettamente. Si poteva osservare il cielo dal basso. Anche l'inferno gode delle sue stelle, sono lontanissime e più piccole, quasi impercettibili, ma si possono ammirare in ugual modo.
Ed era proprio l'inferno che osservava me, dagli occhi di quella donna ormai vicina. Mi osservava e mi spiava ovunque. Mi sfidava continuamente con una morbosità talmente eclettica da sovrastare l'animo più perfido e cattivo.

Pochi passi restavano tra me e quell'obbrobrio. La verità si mostra da vicino. La lontananza annebbia e appare distorta, finge benissimo e altera il proprio intento. Ma da vicino il viso non mente, il corpo nemmeno e lo sguardo ...
Lo sguardo evidenzia l'anima. Sfoggia il volere passato e presente. Mostra a tratti i pensieri futuri.

Nessuna parola, di stucco rimasi osservando le sue fauci stringere il mio collo e le sue braccia possenti e forti possedere il mio corpo.
Un salto nel vuoto, un tonfo sordo, un buio leggero squarciò l'aria .

Sdraiato sul letto e madido di sudore mi resi conto di essere vicino al precipizio.

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