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Il caso fu risolto, o almeno così pensarono, nel giro di pochi giorni.
Nonostante le precauzioni e la massima discrezione del detective, la storia finì all'orecchio di molti illustri giornalisti che per giorni, come squali, si aggirarono per diversi intorno l'hotel.
All'epoca i giornali avevano più importanza di quella che si pensava, una volta adocchiata una notizia che avrebbe fatto vendere migliaia di copie, pressavano per ottenere un nome da gettare nel tritacarne mediatico.

Non furono mai trovate prove schiaccianti ma solo tanti indizi che portavano ad Erik, in assenza di tracce di Dna e dell'arma del delitto Jason si lasciò condizionare da una serie di coincidenze e dalla stampa nazionale. L'influenza su di lui e su tutti i suoi uomini fu tale da fargli credere e accettare l'evidenza, quasi come se dovesse accontentarsi del finale più facile.

Qualche anno fa lessi che il buon Jason è passato a miglior vita. Ha lasciato sua moglie e i suoi cari in una fredda notte di gennaio mentre dormiva, pare che soffrisse di cuore da diversi mesi ma che si sia spento indolore.
Non so bene cosa ci sia dopo la morte, ma sono sicuro che una volta esalato l'ultimo respiro tutti i tasselli ti si riordinino davanti ai tuoi occhi. Ormai saprà tutto di questo caso e mi starà maledicendo o magari starà maledicendo sé stesso per il torto fatto ad un innocente. Non provo neanche ad immaginare come si sia o dove sia, ma se esistono i gironi dell'inferno probabilmente ci rincontreremo lì.

Nessuno dei due è una persona cattiva, anzi.

Ricordo bene che, quando il detective Holkman uscii dalla stanza dove aveva appena finito d'interrogare Bruce, aveva l'espressione di una persona consapevole e provata dalla complessità del caso: il volto sudato e sconvolto, occhi grandi e assenti.
Avvisò la moglie che avrebbe lavorato fino a tardi raccomandandosi di non aspettarlo sveglio. Ricordo che concluse la telefonata con un "ti amo" freddo e assente, quasi come una risposta innata e involontaria a qualcosa detto dalla moglie. Si lasciò cadere su un divanetto.

Ma dettagli del genere, indelebili nella mia mente, non si trovano nei verbali del caso che ho letto e riletto milioni di volte o nelle trascrizioni degli interrogatori che ho custodito gelosamente sotto al materasso fino al ricovero in ospedale: sono cose che in pochi conosciamo e che ci rendono, anche se in modo macabro, speciali nel nostro genere. O meglio, mi rendono speciale. Purtroppo, la vita ha deciso di estendere la mia agonia molto di più di quanto abbia fatto con gli altri imputati; agonia che, data la mia veneranda età e il luogo in cui mi trovo, è sul punto di finire.

Finalmente la pace.

Non mi rimangono molti sogni o speranze, come foglie sono state spazzati via dal vento gelido della vecchiaia; ma se potessi scegliere, il mio desiderio sarebbe quello di raggiungere miss Sage ovunque sia e chiederle scusa. Spesso immagino la scena e mi ricordo che una volta che Erik sarà anche lui morto dovrò inginocchiarmi con Jason Holkman ed implorare il suo perdono; lavare finalmente la mia anima nel fiume della remissione.

Mi chiedo spesso se, anche dopo che io ed E. Sultry ce ne saremo andati, si continuerà a parlare di questo caso; se continueranno ogni 4 febbraio a trasmettere un servizio sull'omicidio in onore di Sage Kane ricoprendola di allori e qualità che non ha mai avuto.

Insomma, saremo tutti morti e anche se dovessero capire che l'America ha punito la persona sbagliata commettendo una delle più grandi ingiustizie della storia, non c'è nessuno modo per rimediare.

Di questo caso se ne è parlato veramente tanto, forse troppo, e tutt'ora c'è qualcuno che continua ad indagare per proprio conto impedendomi di lasciare il tutto alle spalle.

Non sono gli unici a leggere i vari documenti che sono diventati di dominio pubblico, leggendo e rileggendo i verbali e gli interrogatori di quel caso li ho imparati a memoria.
Dentro di me si è sviluppato un piccolo essere che è l'unico a conoscere come esattamente sia andata la vicenda, l'unico che ha unito le verità degl'altri con la mia e che ora è un piccolo narratore che guida la mia mano. E' a lui che lascio il compito di descrivere le scene di quella notte. Come un bravo giudice narrerà l'accaduto con gli occhi di Jason Holkman rendendomi, di fatto, nient'altro che una delle tante persone in hotel quella maledetta notte.

Chissà che finalmente qualcuno sveli finalmente la mia identità.

MisSageWhere stories live. Discover now