Vieni qui

158 4 16
                                    

Sono ferma, il tempo è fermo, il mondo sembra risucchiarmi, sono passate ore e sento lo scatto della porta per poi aprirsi. Sono coperta dalle lenzuola fino alla testa, c'è una macchia di lacrime su di esse e mi fa male ancora la testa.

"Ei, Giulia, come stai?" sento chiedere a bassa voce da Elis mettendomi una mano sulla coscia.

Non riceve alcuna risposta, guardo fisso la parte di luce artificiale che trapassa dalle coperte, singhiozzo silenziosamente e spero che stia facendo un brutto sogno.

"Lo vuoi un croccantino? Tra poco è ora di cena" cerca di farmi ridere Veronica facendo un parallelismo tra grissino e croccantino, è una storia lunga che sembra passarmi di sfuggita davanti agli occhi.

"Esci di lì dai, vieni con me" mi scopre Mia e socchiudo gli occhi per la forte luce a led.

"Dai vieni" mi incoraggia Elis mentre Veronica prende qualche vestito dalla mia valigia.

Mi alzo lentamente, non guardo nessuno solo il pavimento, solo con loro potrei comportarmi così, come isolarmi, piangere, so che starebbero sempre qui.
Elis mi lega in un qualche modo i capelli e Mia appoggia i vestiti sulla sedia del bagno.

Mi chiedono con la sguardo se avessi bisogno di una mano e faccio cenno di no, chiudono la porta e premo l'interruttore della luce a led. Mi guardo allo specchio e le persone potrebbero descrivere quello che provo solo guardandomi, occhiaie violacee, occhi gonfi e rossi, segni delle lenzuola sulla pelle, guance rigate e la testa da tutt'altra parte.

"Ok, siamo io e te, avanti, metti in moto il cervello" parlo con quella ragazza allo specchio, affranta da se stessa.

Mi vesto e mi passo una salvietta sotto agli occhi, non cambia quasi niente, lo faccio solo per rendere felici le altre.
Esco sempre lentamente e vedo le altre alzarsi di fretta, oltrepasso Jessy e mi siedo sul letto portandomi le ginocchia all'altezza dal viso.

"Dai vieni a mangiare" dice Elis porgendomi la mano, giro la testa verso la finestra e i muri bianchi, sospiro e scuoto la testa.

"Non ho fame" rispondo cercando di non piangere.

"Vuoi che ti portiamo qualcosa, pane, grissini? Qualcosa?" chiede Mia sempre così premurosa e non rispondo.

"Qualsiasi cosa chiamaci" osserva Veronica e rimango nella stessa posizione.

La porta si richiude e ritorna il silenzio che tutto calma, le lacrime che mi ero ripromessa di non versare stanno scorrendo sulle guance e fa più male di prima.
Dopo mezz'ora di pianti e singhiozzi vengono interrotti da qualcuno che bussa alla porta.

"Giulia apri un attimo per favore?" la voce del mio prof, alzo lentamente la testa in direzione della porta e posso sentire la preoccupazione.

"Apri avanti, non ho voglia di andare giù e farmi dare un'altra chiave" si giustifica e posso quasi vederlo attraverso la porta alzare gli occhi al cielo.

"Giulia, non possiamo lasciare un'alunna incustodita, mangiamo tutti insieme" dopo 5 minuti ritorna a parlare e sobbalzo al tono della sua voce un po' più alto.

Mi alzo piano e mi accosto alla porta, appoggio le mani su di essa e le lacrime cadono sul parquet.

"Ti prego apri la porta, avanti sono io dai" mi supplica con la voce più bassa.

Muovo lentamente la serratura così da fargli capire che è aperto e faccio due passi indietro, apre la porta e rimane dov'è guardandomi negli occhi.

"Porca-" sussurra guardandomi negli occhi vedendo forse il dolore o solo gli occhi rossi.

Mi scorre una lacrima sulla guancia e abbasso lo sguardo, caccio indietro le lacrime

"Non ho fame, ora puoi andare" dico indicando la porta.

"Non c'è bisogno che ti comporti così trattando male chiunque si preoccupi per te" commenta senza però traccia di "rabbia" o "delusione".

"Senta, non ho fame, sono in condizioni pietose cosa che non dovrei neanche farmi vedere così specialmente da un professore e-" sospiro, sento la mia voce che trema "E non mi va di vederlo" finisco la frase, sto cercando di non piangere con tutta me stessa ma sembra letteralmente impossibile.

"Quindi, può andare sennò si raffredda e mi sento in colpa" continuo allungando il braccio verso la porta e respirando ogni due parole.

"Vieni qui" fa due passi avanti e mi abbraccia, rimango immobile, non so proprio cosa fare.

Mi prende per un polso e mi trascina di fronte al letto, si siede e mi fa cenno di mettersi di fianco a lui.

"Vuoi parlarne?" mi chiede ruotando la testa leggermente di lato

"No" rispondo tutto d'un fiato

"Ti ricordi com'era la regola del fuori scuola ecc? Non siamo in ambito scolastico adesso, 1 dammi del tu e 2 dimmelo" dice con tono severo e sposto lo sguardo verso il muro

"Era- si stava baciando con una" respiro ripetendomi che va tutto bene

"Cazzo, cioè volevo dire-" accorre a trovare un altra parola che simuli la stessa reazione a sorpresa

"Non TI preoccupare" dico assicurandomi che sia ok

"Ti ricordi in laboratorio?" la mia mente va subito a quello sfioro che c'è stato

"Ti ho detto che queste" passa il pollice sulla mia guancia asciugandomi le lacrime "Non le merita nessuno, tantomeno lui" sbuffo nella mia incapacità di trattenere ogni singola emozione.

"Quindi ora dovrei stare già con un altro, senza neanche provare un emozione" ribatto sulle sue stesse parole

"Non ho detto questo, non ho mai detto che tu non debba piangere e non debba soffrire per quello che hai visto, dico solo che non puoi rinchiuderti in una stanza a pensare cosa hai sbagliato e tutte le cose belle che avete passato." sento il suo tono di voce stremato da me probabilmente.

Non dico niente, lo guardo e basta, guardo i suoi occhi che mi guardando con compassione e anche pensa una minima parte.

"L'amore fa male, tanto anche, ma devi avere la forza di viverlo in entrambi le parti, si questo fa male ma pensa che da qualche parte c'è una persona che ti sta desiderando il quadruplo di quanto poteva fare lui" spalanco leggermente la bocca e lo guardo sorpresa per la verità delle sue parole.

Mi sposto più vicino a lui e appoggio la testa sulla spalla, mi mette la mano sul fianco e anche se non c'è nessuna intenzione di tipo sessuale mi viene la pelle d'oca.

"Grazie" sussurro accennando un sorriso

"Basta che stai bene" afferma accarezzandomi il fianco e la mia reazione rimane sempre quella.

"Vieni giù dai, almeno bevi un po' d'acqua così fai stare le tue amiche più tranquille" continua a cercare di convincermi.

"Non lo voglio vedere" sospiro piano

"Invece devi, ti ha fatto provare delle emozioni no? Belle e brutte, non puoi rinnegare niente, solo che ora ha perso la tua fiducia e perderà anche il tuo amore. Tu sei forte anche senza di lui" lo dice quasi per ricordarmelo

"Ok" dico "Ok cosa?" chiede confuso. "Andiamo giù, ho sete" affermo e alzo lo sguardo verso di lui anche se vedo una parte del suo collo.

Si alza piano e prende un fazzoletto dalla tasca, si inginocchia e allunga una mano per asciugarmi le guance.

Chiudo la porta e ci incamminiamo verso l'ascensore, entriamo e premo il pulsante "T" per andare a piano terra. Usciamo dall'ascensore, prendo un bel respiro e mi guarda sorridendo, sembro quasi dimenticare tutto in sua presenza.
Varco la soglia della porta per entrare nella sala da pranzo, le mie amiche mi guardano sorridenti, Francesco si gira e io guardo altrove.
Mi siedo e nonostante le mie parole di prima vorrei non averlo visto, anche di sfuggita, sento la sua presenza dietro di me. Bevo un bicchiere d'acqua e sorrido alle mie amiche, le vedo più felici di prima e mi rallegro.

attrazione fisicaWhere stories live. Discover now