~ Capitolo 2 ~

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Ero seduta da più di 30 minuti sul sedile di quel vecchio aereo di linea che avrebbe portato me e mia madre a Los Angeles.

La voce registrata continuava a dare indicazioni su come usare i giacchetti in caso di emergenza o le bombolette ma io non stavo ascoltando.

Continuavo a guardare la pista dal finestrino.

Il sole che fino a poco fa illuminava Cadillac fece spazio a delle nuvole e qualche goccia cominciò a colpire il piccolo oblò.

Non riuscivo ancora a crederci.

Stavo lasciando la mia città per trasferirmi da uno sconosciuto insieme a mia madre che era ancora più malata di lui.

Non riuscivo a capire come potesse fidarsi ancora delle persone dopo quello che era accaduto, persone che oltretutto non aveva mai visto.

Speravo che tutto quello che stava accadendo era solo uno stupido incubo.

Speravo che mi sarei svegliata e mi sarei trovata felice insieme a mio padre e mia madre ma questo non accadde e non sarebbe mai accaduto.

Purtroppo quello che stavo vivendo non era un brutto sogno ma la dura e cruda realtà e nonostante tutto continuavo a sperare perché bhe come si dice la speranza è l'ultima a morire.

Credevo che prima o poi tutto sarebbe tornato come una volta ma ogni giorno che passava faceva si che le mie speranze si affievolivano.

Tutto nella mia vita aveva preso una brutta piega da quella tragica notte e niente e nessuno riuscì più a farmi sorridere.

Mi mancava mio padre, davvero tanto.

Il viaggio in aereo fu molto più lungo del previsto.

Natalie a differenza di me riuscì a dormire per tutto il tempo e in quel momento realizzai che c'era qualcosa di più fastidioso dei suoi pianti, lei russava e anche tanto.

Povero John, non avrei mai voluto essere al suo posto.

Mentre la donna al mio fianco quindi continuava a dormire io continuavo a guardare fuori, una tempesta si stava scatenando nell'entroterra degli stati uniti mentre io in qualche modo mi sentivo libera e leggera.

Per qualche istante riuscì a dimenticarmi di tutto e di tutti ma quella serenità fu interrotta da quella stupida voce che annunciava di allacciare le cinture a causa delle turbolenze che l'aereo avrebbe riscontrato per i prossimi minuti.

Finalmente dopo qualche ora di volo arrivammo e dovetti urlare nell'orecchio di mia madre affinché aprisse i suoi occhi inespressivi, come del resto i miei.

Conoscevo alla perfezione la teoria di Mendel ma non comprendevo ugualmente come lei facesse ad averceli quasi trasparenti mentre i miei erano neri.

A volte quando mi guardavo nello specchio non riuscivo neanche a distinguere la pupilla ma li adoravo; erano diversi dagli altri, erano unici.

-siamo già arrivate?-

-si- mi limitai a dire.

Presi il mio borsone e una volta salutati i membri dell'equipaggio imboccai il tunnel che portava all'interno dell'immenso aeroporto di LAX.

L'aria calda e umida di Los Angeles si fece immediatamente sentire.

Indossavo una felpona, un paio di leggins pesanti e le mie adorate Vans, le uniche che mi stavano ancora bene, non avrei mai immaginato che avrei sentito tutto questo caldo.

Lo dovevo immaginare e dovevo ammettere che ero stata abbastanza stupida.

Camminavo a testa bassa dietro a Natalie che a differenza mia si muoveva abilmente fra i turisti finché non si fermò e andai a sbattere contro di lei.

Un signore abbastanza alto teneva in mano un cartello con su scritto 'DOLAN'.

Natalie corse incontro a quello che sarebbe diventato il mio nuovo patrigno ma se mia madre pensava che avrei considerato John come mio nuovo padre si sbagliava di grosso.

Non volevo avere niente a che fare con i Collins.

Non erano la mia vera famiglia e non lo sarebbero mai stata.

-Ciao- disse quel signore.

-tu devi essere Ally-

Annuì semplicemente senza alzare lo sguardo.

Avevo paura di guardare negli occhi delle persone, paura che mi leggessero dentro.

-piacere John, John Collins-

-piacere- dissi molto fredda.

Nel giro di pochi minuti mi trovai dentro una Lamborghini nera nuova di zecca.

Si sentiva ancora l'odore di pelle nuova e di concessionario.

Non ero mai salita su una macchina del genere e dovevo dire che non era niente male.

La macchina si fermò davanti ad una villa nel quartiere di Beverly Hills.

Ero incantata nel vedere la bellezza di quel quartiere e di quelle abitazioni.

Speravo solo che mia madre non avesse scelto John solo per i soldi.

Ma poiché la conoscevo fin troppo bene ero più che certa che il motivo era quello, dopo la morte di mio padre e quindi di suo marito non era più in grado di amare.

Qualcosa avevamo in comune, eravamo così diverse ma in fondo così uguali e questo mi terrorizzava.

Non volevo essere come lei.

Scesi dall'auto e preso il borsone seguii John lungo il viale che portava al portone d'entrata.

-Cavolo ho dimenticato le chiavi, spero ci siano i miei figli a casa-

'I miei figli? Figli? Oddio no non è possibile l'ha detto al plurale. Ero quasi sicura che il nuovo compagno di Natalie non viveva da solo ma l'idea di condividere la mia nuova casa se così potevo chiamarla con due ragazzi mi terrorizzava'

John suonò al campanello e dopo qualche secondo un ragazzo che doveva avere circa la mia età aprì la porta.

Avrei voluto sprofondare quando il suo sguardo si posò su di me.

Go on alone || Taylor CaniffDove le storie prendono vita. Scoprilo ora