Tre

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«Due omicidi irrisolti risalenti a vent'anni fa, dice?»

«Sì, signore.»

«Ne è certo?»

«Ho verificato personalmente i dettagli dei due casi.»

«State continuando le ricerche della vittima?»

«Certo, signore.»

«Guardi, sceriffo, mi creda: mi fido della sua parola. Se lei dice di aver visto un corpo, non dubito del fatto. Il punto è che senza cadavere non c'è omicidio. Non posso mandare una squadra a indagare su un reato non commesso. Forse, data la scomparsa di un minore, posso inviare qualcuno che aiuti nelle ricerche. Delle unità cinofile, magari...»

Forse è vero: venti anni fa, erano altri tempi. Tempi migliori di questi, addirittura.

«Cosa posso fare per te, Jimmy?»

Jane Sutherby, la bibliotecaria, mi accoglie con la solita giovialità, forse solo un po' offuscata dalla sensazione di oppressione che ha colpito tutti, a Red Creek.
«Sto cercando gli annali della Gazette» le rispondo.

Non serve un genio per capire quali siano le mie intenzioni. Jane annuisce, un'espressione improvvisamente preoccupata. «Pensi alle Molder?»

Cerco di rispondere in modo vago. «È venuto fuori il nome... è un caso di cui non so niente, non eravamo ancora qui all'epoca.»

Jane annuisce. «Aspettami pure qui. Devo andare in archivio.»

Non appena rimango solo, dei passi trascinati mi costringono a voltarmi verso la porta.

«Sceriffo,» dice Tom Woodson, la voce impastata dall'età e – al solito – da una generosa dose di alcool. «L'ho cercata nel suo ufficio, ma mi hanno detto che l'avrei trovata qui.»

«Mi dica, Tom.»

Tom si avvicina, mi afferra il braccio con le sue lunghe e forti dita nodose. «Io lo so, chi è stato.»

«Chi?»

«Abe Barber.»

«Abe Barber?»

«Proprio lui, sì. Ha ammazzato le due bambine dei Molder, e ora anche questa.»

Abe Barber. Il vecchio Abe, l'uomo che i due minatori hanno calpestato a morte per uscire da una galleria incendiata, il fantasma che popola gli incubi di tutti i bimbi di Red Creek con le sue minacce di vendetta.

Riesco a mantenere un'espressione seria. «Grazie per avermi avvisato, Tom.»

«Bah, non mi prende sul serio, sceriffo. Siete tutti uguali, voialtri. Voi e le vostre stelle da esaltati. Nemmeno Banks mi ha creduto, venti anni fa. E Abe ha ucciso ancora. E ucciderà ancora, grazie al vostro disinteresse.»

«Ti garantisco che farò controllare di persona le miniere» gli dico, per tranquillizzarlo. È una brava persona, Tom. Lo è ancora di più quando non è così ubriaco.

«Credi davvero di trovarlo nelle miniere?»

Il rientro di Jane lo interrompe, e mi solleva dai maldestri tentativi di arginarlo.
«Forza, Tom, non dare fastidio allo sceriffo» gli dice.

Tom sbuffa, solleva in aria le mani e le muove in un gesto brusco. «Quando toccherà alla prossima, ne riparleremo.»

«L'ha presa... E poi verrà a prendere anche me. Ho paura, sceriffo.»

«Che ne sa, lei, di questo?» chiedo, brusco.

Tom spalanca la bocca in una smorfia. «Gliel'ho detto, sceriffo. È tornato. Si è preso la piccola dei Glades. Non è sufficiente, per Abe Barber.»

«Tom, maledizione! Ancora a importunare la polizia con il vecchio Abe? Lascia lavorare lo sceriffo, per carità». La voce di Jane è stridente, eppure sortisce il suo effetto.

Tom si volta, borbottando qualche imprecazione, ed esce, trascinandosi dietro la gamba sinistra e un tanfo insopportabile di bourbon da quattro soldi.

«Woodson fa spesso di queste uscite?» chiedo a Jane, con fare casuale, mentre lei mi sistema davanti decine di faldoni.

«Oh, sì, sempre. È rimasto invischiato in un incendio in miniera, da ragazzo, e da allora è un po'... come dire, sceriffo? Con un'insana tendenza a bere troppo e a raccontare la storia di Abe Barber.»

«Che roba infernale, quelle miniere» commento.

«Ne sono morti tanti, dei nostri, lì sotto. Mio padre è morto lì. E mio fratello è morto nel suo letto, con i polmoni devastati dopo aver respirato quelle polveri maledette per anni. Ho festeggiato, quando hanno chiuso le miniere.»

***

Sono costretto a sfogliare a lungo, prima di trovare quello che cercavo.

Leggo le poche notizie sommarie che la stampa – la Gazette, l'unico quotidiano della contea – aveva diffuso all'epoca della scomparsa delle piccole Molder. Le foto dei primi periodi, gli appelli, le presunte segnalazioni da luoghi vicini e lontani.

Il ritrovamento del primo corpo aveva suscitato scalpore. Il ragazzo era stato intervistato più volte, era stato dato ampio risalto ai nomi degli agenti federali intervenuti per comprendere il reale svolgimento della vicenda. Non si faceva parola del secondo rinvenimento.

Silenzio, a lungo. Poi infinite supposizioni, una volta venuti alla luce i due cadaveri.

Niente.

Niente di quello che ho letto sui rapporti.

Niente sulla pioggia, niente sulle vittime sventrate. Niente che possa aver alimentato le smanie di un emulatore.

Cazzo.

Mi sento stringere il petto. Deve essere la stessa persona.

O qualcuno che ha conosciuto il primo assassino molto intimamente.

Continuo a sfogliare il giornale distrattamente, cercando tra le righe degli ultimissimi articoli – quelli scritti quando ormai l'unico interesse di tutti era cercare disperatamente di seppellire in maniera definitiva quell'incubo durato più di un anno. Non so perché, ma gli occhi si soffermano, quasi senza che la mia volontà li guidi, su un trafiletto. 

Torna a Red Creek dopo quattro anni di cure Tom Woodson, uno dei cinque superstiti dell'incendio del pozzo Nord.

Tom Woodson.

Il pezzo scorrerebbe inosservato, per il resto, se due nomi non spiccassero. Altri due sopravvissuti all'incendio. Winston Glades e Martin Molder.

Abe BarberDove le storie prendono vita. Scoprilo ora