Nove

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«No, ancora nessuna novità, sceriffo. Nessuno, a quanto pare, conosce la sua identità. Ma non si preoccupi, sa. Abbiamo lavorato a lungo sull'identikit che ci ha fornito, abbiamo incaricato i nostri esperti di ricostruzione del viso. Se nell'intera America esiste una sola persona in grado di dirci chi fosse quel pazzo, lo troveremo. Anche se per me, me lo lasci dire, è morto. L'hanno colpito. Non ha più ucciso nessuno, infatti.»

Eales.

È gentile, Eales.

Si congeda, al solito, appena prima del termine dell'orario di visite.

Si sente obbligato a venire, dice, nonostante io gli ripeta quanto sia inutile. Il senso di colpa per non avermi protetto adeguatamente, sostiene. O forse, più probabilmente, il senso di colpa per non essere rimasto ferito gravemente come me.

Alla fine, le sue visite interrompono le giornate sempre uguali in questa asettica stanza d'ospedale. Il suo viso, ogni giorno, varia a seconda dell'andamento delle indagini. Allegro, se ha qualche pista, serio, se non ne ha. L'espressione, più delle parole, mi tiene aggiornato su quello che sta succedendo.

Lo stanno cercando ovunque. Ne hanno parlato praticamente tutti i giornali, in tutto il Paese. È una caccia all'uomo vera e propria. Segnalazioni, stando a Eales, arrivano da ogni angolo degli Stati Uniti. Hanno dovuto incaricare un ufficio speciale, a Washington, per smistare le telefonate.

Non l'hanno trovato.

Eales continua ad alzare le spalle e dire che è una questione di tempo.

***

Red Creek non esiste davvero più.

Finestre sbarrate, soltanto un paio di auto parcheggiate lungo la strada. La caffetteria ha chiuso.

Se ne sono andati tutti. Sono rimasti solo quei pochi che non potevano fuggire, o che non avevano motivo per farlo, perché non avevano più nulla da perdere.

Come la vedova di Tom, che cammina avanti e indietro come istupidita. La saluto con un cenno. Non mi risponde nemmeno.

Hanno ripulito il mio ufficio. Lo apro con una nuova chiave. Dentro, il mobilio è ridotto all'essenziale, sostituito in buona parte, o almeno pare, dall'odore acido della candeggina - l'aria ne è satura, al punto da darmi la nausea. Dove c'era il cadavere di Meadows, è rimasto solo un alone giallastro sul pavimento. Per la prima volta, mi rendo conto di non aver ancora pianto la morte del mio amico. E me ne accorgo solo perché sento bruciarmi gli occhi.

Tutto è cambiato. Dovrò cambiare tutto.

Apro le finestre, per cambiare l'aria. Sta iniziando a piovere, fuori. Me ne accorgo con un certo malessere. Forse non riuscirò mai a liberarmi da questa orribile sensazione di angoscia.

Vedo qualcosa far capolino da sotto la scrivania di Meadows. Un pezzo di cartone, sembra. Sono solo tre passi, ma li faccio con il cuore in tumulto.

Uno scatolone.

Dentro, ancora congelati, due cadaveri.

Le trecce bionde di Jennifer.

E un uomo con un impermeabile giallo. La pelle ricoperta di cicatrici, il volto di un ustionato. Ma è un viso che non ho mai visto prima di adesso.

***

Quando Eales arriva, sono ancora in ginocchio davanti allo scatolone.

«Sceriffo», mi sento chiamare. «Si alzi. Non può più fare nulla per loro.»

Il viso di Eales è pallido. Mi offre una mano per rialzarmi dal pavimento. Senza parlare, mi accompagna fuori, in strada. L'aria pulita mi causa un lieve senso di stordimento. La scientifica prende di nuovo il possesso del mio ufficio.

Abe BarberDove le storie prendono vita. Scoprilo ora