Capitolo 09

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Divoro pagine senza sentirne il sapore. Cerco qualcosa che non trovo. All'ultima mi fermo, deluso.

Mi ha preso in giro?

No, non posso accettarlo. Sarebbe troppo amaro da digerire. Devo aver commesso un errore, da qualche parte.

Ma sì, la fretta è la peggiore navigatrice del mondo e non posso permetterle di farmi d'assistente. Non ora, non in questa ricerca.

Chiudo gli occhi. Respiro a fondo. Isolo i sensi per scalare la marcia. Rallentare e poi fermarmi, per ripartire.
Comincio a elidere, ridurre e scomporre in fattori semplici ciò che non posso eliminare del tutto.

Suoni.
Non ci sono suoni, attorno a me. Quello non è il vento tra le fronde dei castagni di Piazza Lucania. Non è il traffico, quelli non sono motori che rombano nel caos di Corso Italia. E questi non sono tacchi che battono sul selciato che taglia la villetta.

Odori.
Nessun autunno a far maturare i ricci. Non c'è smog e l'aria non ha alcun profumo. E non c'è nessuna scia dolciastra di Angel a seguire l'incedere tentatore di tacchi che richiamano più attenzione di quella che meritano.

Immagini.
Apro gli occhi e sono solo, non c'è nulla attorno a me.
Nessun riverbero del sole tra foglie punturate da settembre. Nessun veicolo e nessun automobilista, nemmeno una gomma che batte l'asfalto. Nessuna donna in tailleur, nessuna gonna corta, nessuno stralcio di disinvolta seduzione.

Sono solo nel nulla, e ora che niente può distrarmi posso far ripartire la mia missione. Afferro una delle riviste, la prima della pila. Controllo l'indice, alla ricerca di un indizio.
Niente. Niente che richiami qualcosa come un diario di viaggio. Ripeto l'operazione anche con le altre, ottenendo il medesimo risultato.

Bene. Sì, bene!

Posso concludere che l'errore l'ho commesso a priori: non è un vero diario di viaggio che devo cercare. Ovviamente escludendo la deprimente possibilità che il buon vecchio Pietro fosse sprovvisto della rivista giusta.

No. No, me lo sento: è tra queste. Devo solo cercare meglio.

Sfoglio con cura ogni singola pagina, ma niente attira la mia attenzione, nulla accende quel campanellino nella testa che mi dice: "eureka!".
Và avanti così, uguale. Almeno fino a quando arrivo ai tre quarti della terza rivista e, finalmente, qualcosa di particolare la trovo. Pagina quarantacinque. Credo sia una specie di rubrica, per come è impostata la struttura e la grafica.

Titolo: "Quella volta in cui Mac...".

Inizio a leggere sommariamente ma poi, parola dopo parola e rigo dopo rigo, la lettura m'appassiona al punto da farmi ritrovare completamente immerso in un fantastico micromondo. La protagonista, voce narrante della storia, si descrive sinteticamente nelle primissime battute. Si chiama Mac ed è una disegnatrice che viaggia alla continua ricerca di qualcosa che catturi la sua attenzione. Durante i suoi viaggi le accade sempre di fare degli strani sogni a occhi aperti, vividi come allucinazioni multisensoriali. Sogni che poi, si deduce leggendo, costituiscono il corpo del racconto vero e proprio.

In questo episodio Mac si trova a San Gimignano, una città appernicata sulle colline della Toscana. Mentre passeggia alla ricerca di qualcosa da raffigurare sul suo scketchbook, un gruppo di persone con abiti quattrocenteschi la rapisce e la porta in una delle numerose torri sparse nella città, per torturarla. La credono un'eretica, visto il suo abbigliamento per loro incomprensibile. Dopo una serie di peripezie riesce a fuggire e a risvegliarsi dal quel delirio, ritrovandosi dalla parte opposta della città. Sola e disorientata, con il suo blocco da disegno che ritrae la scena madre del racconto: lei e il boia, nella sala torture di una torre che non ha mai visitato realmente.

Take On Me [Completa - In Perpetua Revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora