Capitolo 12

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Mezzogiorno di un feriale come tanti.
Esploro l'ambiente circostante utilizzando tutti i sensi.

Il primo a intervenire, per dire la sua, è l'olfatto. C'è puzza di deodorante per ambienti. L'aria non è consumata ma probabilmente qualcuno qui ha fumato, pensando di poter coprire le tracce con finestra aperta e deodorante scadente. Pessima mossa, risalta ancora di più.

Secondo è l'udito. Silenzio malfermo e ticchettio d'orologio a parete. Traffico lento per strada e battere incessante s'una tastiera da computer, oltre una porta a vetri.

Gusto non applicabile. Caffé e nicotina ormai non lasciano molto spazio all'esplorazione ambientale. Lo ignoro totalmente.

Tatto. Poltroncina in legno ed ecopelle. Comoda ma piacevole solo d'inverno. O a qualche parallelo più a nord di qui, credo. Ho la schiena completamente zuppa, ci lascerò l'impronta di 'sto passo.

L'ultimo senso a parlare è la vista. Finto ordine su scrivanie e tra archivi stracolmi di scartoffie e plichi e cartelline tenute insieme da legacci di spago. Studio di professionista, omologato in tutto e per tutto. Ci stanno pure quelle specie di albi con i carabinieri, appesi a un muro. Che diavolo siano, non l'ho mai capito...
Davanti a me, una scena piuttosto ridicola. Occhi preoccupati giocano a tennis, dritto e rovescio tra me e la donna al mio fianco.

«Ma siete davvero sicuri? Siete così giovani, è davvero un peccato. Se mi permettete, ho una cara amica che si occupa di...»
Cerca qualcosa in un cassetto. Quando lo trova, ce lo porge ma nessuno pare avere intenzione di prenderlo dalle sue mani. Così lo poggia sulla scrivania, spingendolo in avanti. Nello spazio che divide me e la mia futura ex.
Il tipo sembra quasi non farci caso, come se agisse s'un copione preimpostato. Come se tra i doveri di ogni avvocato fosse esplicitamente scritto di provare a fare il consulente matrimoniale "denoiartri". Indica il bigliettino.

«È il numero della dottoressa Marangi. Una professionista, esperta in risoluzione di conflitti famili-» stavo per interromperlo, ma qualcuno mi batte sul tempo.
«Sandro, non ce n'è bisogno. Davvero. Non abbiamo alcun conflitto da risolvere, semplicemente...»

Gli parla con molta confidenza. Immaginavo si conoscessero, ma non credevo fossero così in intimità. Guarda me e sembra essere tornata quella di prima. No, non quella di un tempo ma quella del nostro secondo atto. Indifferente, fredda, infastidita. Annoiata dall'esistenza e da quella che vive probabilmente solo come una seccatura. Delle lacrime che ha versato, solo qualche sera fa, ormai non c'è più traccia. È ritornata a essere arida come sempre.

Meglio così, rende tutto più facile.

«Non ci amiamo più. E questo è quanto.»
Scrolla una cascata di ricci arrugginiti e incrocia le braccia all'altezza della scollatura, gonfiando un seno che fa scomparire il pendente che porta al collo. Muore affogato e col sorriso, quello. Osservarla mi rende felice: quella vista, sebbene possa sembrare piuttosto allettante, non mi fa più alcun effetto.

L'avvocato guarda me, cerca conferme. È un uomo distinto: a metà della quarantina, taglio corto e brizzolato, elegante nei modi e nel vestire. Sicuro di sé.

Glielo concedo: riconosco che potrebbe avere un certo fascino, se non desse l'impressione di avere una mazza infilata nel retto...
Che sia lui la causa di tutto questo?

Mi rispondo facendo spallucce. A lui rifilo quattro parole di circostanza.

«È come dice lei.»

Sospira.
«Beh, se siete entrambi convinti...» allarga le braccia, in segno di resa. Finalmente, fa un caldo atroce qui e non riesco a capire come faccia a rimanere in giacca e cravatta senza versare neanche una goccia di sudore.

Dev'essere di ghiaccio quella mazza...

«Questa è la lista dei documenti necessari, sono in duplice copia. Procurateveli prima del prossimo appuntamento. In quella sede stileremo anche l'elenco di tutti gli accordi necessari.»
«Accordi?» chiede lei.
«Sì. Vi consiglio di discuterne quanto prima, perché dovrete presentarvi con le idee chiare e concordanti su diversi aspetti, se volete procedere con una separazione consensuale. Affidamento dei figli, proprietà di animali, distribuzione patrimoniali, assegno di mantenimento...»
«Non abbiamo figli, né animali. E, per quanto riguarda il patrimonio, non ho intenzione di chiedere nulla. Né metà della casa, né assegno di mantenimento, né altro.»
«Sei sicura? Non lavori, se non sbaglio. Sei la parte debole, hai diritto a richie-»
«Non ho diritto proprio a nulla, Sandro.» lo interrompe, alzandosi e afferrando la cartellina con il suo nome dalla scrivania.

Si dirige verso la porta, prima di parlare per l'ultima volta.
«Non ho diritto di pretendere proprio niente, da lui.»

Esce, senza girarsi.
La seguo con lo sguardo, finché di lei non rimane altro che la scia del profumo che indossa. Lo riconoscerei tra mille odeurs diversi, si lascia letteralmente guardare.

Chissà se un giorno riuscirò mai a capirla davvero, quella ragazza. Anche solo per una volta.

«Laura è una cara amica, mi sta molto a cuore. Cionostante, le garantisco la mia totale imparzialità nella questione. Ma, se dovesse ritenerlo opportuno, potrà presentarsi al prossimo appuntamento con un legale di sua fiducia.»
«Non è necessario. Le farò avere i documenti quanto prima. Buona giornata, avvocato» gli stringo la mano, prima d'impossessarmi della cartellina con il mio nome e abbandonare lo studio.

Oltre la porte dell'ascensore e fuori dal portone, c'è lei che fuma. Sembra stia aspettando qualcuno. Quando esco mi guarda.

Aspettava davvero me? Per un attimo ho pensato che...

Ci fissiamo, occhi negli occhi. Come in cerca di qualcosa, delle parole da dirci. È una sensazione anomala, c'è uno strano imbarazzo nell'aria e mi coglie totalmente impreparato.

Che si dice in queste situazioni? Ci si saluta? Ci si abbraccia? Ci si manda al diavolo?

Non so che fare e resto imbambolato come uno stupido, a osservarla.

Ok, sarà pure che le sue curve generose non mi fanno più l'effetto di un tempo, però... lei è sempre lei. Ed è la bella ragazza di sempre.

Io ci provo, cerco di scacciarla ma il suo pensiero torna sempre da me in qualche modo. A tormentarmi. Ad angosciarmi con l'idea che, in fondo, è stato un vero peccato sia finita così. Che forse qualcosa si sarebbe potuto fare per salvare la situazione.

Basta, devo andare via e devo andare via subito. Prima di dire qualcosa di cui potrei pentirmi.

«Beh, ci vediamo...» faccio per girarmi ma lei m'afferra per mano. Ed è un contatto strano, vicino. Amichevole, quasi fraterno.
«Edo?»
Non riesco a parlare, la voce si spezza prima. Riesco a malapena a guardarla. E nemmeno negli occhi, non ci riesco. Le guardo la bocca, il mento, l'incavo alla base del collo...
Lo tengo basso, più su mi è proprio impossibile.
«Perché non mangi più caramelle?»

Non capisco.
«Ma di che parli?»

Lascia andare la mano e, voltandosi, s'allontana.

«Laura?» ma lei non si gira.

Grido, urlo il suo nome ma niente. Mi lascia ancora una volta immobile, mentre osservo la sua sillhouette rimpicciolirsi al crescere della distanza che si frappone tra noi.
Lei va via, come l'ultima volta. Senza guardarsi indietro, senza pentirsi di nulla, senza lasciare l'ombra di un ripensamento. Senza volerlo ho teso una mano verso la sua scia. La riabbasso, ammonendola con lo sguardo.

Maledizione, ma perché faccio così? Ormai è inutile dannarsi per qualcosa che non esiste più, quando me lo ficcherò in testa?

La nostra parte è finita.
Il nostro pezzo di coppia, il nostro lento, è concluso. Ma lo show deve andare avanti lo stesso, deve continuare. Con o senza di noi.
Perché anche se la scena si è chiusa, la musica non ha ancora smesso di suonare. Almeno, non per me.
Ho una nuova ballerina che aspetto d'incontrare, mancano soltanto un paio di giorni e sarà qui.
Lo spettacolo deve continuare. E anche se sento il cuore sgretolarsi nel petto, non posso permettermi di restare fermo a guardare. Salderò tutti i miei conti con il passato, a costo di farne strage. E la troverò. La troverò la forza di andare avanti.

A ogni costo.

Take On Me [Completa - In Perpetua Revisione]Where stories live. Discover now