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Chiudo la porta dell'infermeria alle mie spalle e ciò che trovo, è una minuscola stanza con un tavolo al centro. Mi avvicino ad esso, osservando confusa il foglio riposto sulla sua superficie, per poi guardarmi intorno alla ricerca di una porta.
Sbuffo, decidendo di uscire da quella stanza, accorgendomi improvvisamente, che, la porta da cui sono entrata non è più presente.
<<È impossibile, c'era fino a pochi minuti fa>> sbotto, passandomi la mano fra i capelli nervosa <<Mai fidarsi del buio>> sostengo infine, prendendo posto sulla sedia difronte a quel piccolo tavolo.

<<Accidenti!>>
L'urlo di una voce femminile alle mie spalle, mi costringe a sollevarmi dalla sedia di scatto.
<<E tu chi sei?>> domando, osservando la ragazza dai capelli rosa difronte a me.
<<Oh, perdonami! Il mio nome è Cassiopea, sono una fata>>
<<Come la costellazione>> osservo <<Ti perdono solo perché mi hai dato del tu>> aggiungo ironica.
<<Giusto ehm scusa, cioè mi scusi, non volevo>> borbotta impacciata.
<<Vorrei andare dalla mia amica, ma non saprei dove trovarla>>
Mi guardo intorno confusa, chiedendomi come la ragazza accanto a me sia entrata qui dentro.
<<Devi scrivere su quel foglio il tuo nome, la carta lo inghiottirà e, se ti sarà consentito, potrai farle visita>> mi spiega gentilmente, indicandomi il foglio sul tavolo.
<<Ma non ha senso, chiunque sarebbe capace di scrivere il mio nome, come fanno a sapere che sono veramente io?>>
<<Uhm, non lo so>> borbotta, accarezzandosi i folti capelli rosa.
<<Non c'è una penna. Come hai fatto ad entrare?>>
<<Il dito va benissimo. E per quanto mi riguarda, sono entrata da quella porta, devo portare queste erbe alla curatrice>> mi risponde, mostrandomi il cesto che tiene fra le mani e una porta, che, fino a poco prima, potrei giurare non ci fosse.
Con l'indice traccio le lettere del mio nome, non troppo sicura che questo gesto porti al risultato sperato.
<<Ho omesso il cognome, dici che va bene lo...>>
Spalanco gli occhi sorpresa, scorgendo le pareti di questa stanza allontanarsi sempre più e colorarsi di un insolito arancione chiaro, mentre il pavimento diviene una vetrata in grado di vedere il panorama vegetale sottostante. Non credevo di essere così in alto: fino a poco fa ero al piano terra, com'è possibile?
<<Oh, per tutte le ortensie, non ci posso credere>>
Una donna minuta mi osserva come incantata, con le lacrime che le colano sulle guance paffute.
<<Uhm, tutto bene?>> domando, guardandomi intorno alla ricerca della mia amica, fra i vari lettini disposti ordinatamente in due file lungo la sala.
<<Lei è la Dea Acqua. Percepisco la sua purezza, la sua gentilezza e nobiltà d'animo. Che buon cuore possedete e che aspetto incantevole>>
La donna continua a fissarmi, mentre i suoi singhiozzi risuonano come un eco fra le pareti dell'infermeria.
<<Eccomi qua>>
Cass compare alle mie spalle e, con un sorriso radioso, porge la sua cesta alla donna in lacrime.
<<Ehy aspetta, ma tu non avevi detto di essere una
fata?>> le chiedo, osservando la sua schiena.
<<Si>>
<<Dove sono le tue ali?>>
<<Posso nasconderle, guarda>> mi spiega, mostrandomi le sue lucenti ali blu appena comparse fra le sue scapole.
<<Sono bellissime>>
Mi avvicino ad esse e dopo averle chiesto il permesso, le sfioro con un sorriso. La fata spalanca gli occhi sorpresa, percependo la mia magia scorrere nelle sue vene.
<<Grazie>> sibila, ancora scossa da quel gesto.
<<Sentivo il tuo bisogno, sei una fata della Laguna Blu per caso?>> le domando con riconoscenza e lei annuisce.
<<Come fai a saperlo?>>
<<I tuoi pensieri>> mento, provocando l'ennesimo singhiozzo della curatrice.
<<Proprio come diceva la leggenda!>> esclama sconvolta.
<<Non devi piangere, non ce n'è bisogno, sono qui adesso>> mormoro, senza rendermene conto.
<<Mi chiamo Ophelia e discendo dalla Terra>> si presenta.
<<Puoi chiamarmi Crystal>> dico gentilmente, ricambiando il suo sorriso.
<<Oh, non scherzi mia Dea, non posso chiamarla per nome>> si rifiuta lei, portandomi a sollevare gli occhi al cielo scherzosamente.
<<Immagino che lei stia cercando la Dea Aria>>
Annuisco immediatamente e la seguo, affiancata dalla fata.

Avanzo fra i vari lettini, sentendomi parecchio osservata dalle poche persone presenti e saluto con la mano alcuni di loro, sentendomi improvvisamente in soggezione.
<<Eccoci qui>>
Ophelia apre una delle porte in fondo all'aula ed io la sorpasso per entrare nella stanza. Sdraiata su un lettino notevolmente più grande di tutti gli altri, c'è la mia nuov amica.
<<Come sta?>> domando alla curatrice, sedendomi accanto ad Eloise in pensiero.
<<Sta riposando, si è svegliata qualche minuto fa>> mi informa, rassicurandomi un poco. Trascorro i minuti restanti con la curatrice, rispondendo pazientemente ad ogni sua curiosità, e, dopo aver salutato Eloise, nonostante sia ancora nel mondo dei sogni, esco dalla stanza.

Sto finalmente per uscire dall infermeria, quando la mia attenzione viene riservata al letto di una bambina completamente pallida e madida di sudore, circondata dai suoi parenti in lacrime.
<<Che succede?>> domando, mentre il mio cuore batte ad un ritmo irregolare nel petto. Un bambino mi osserva con i suoi grandi occhioni verdi inondati di lacrime, dapprima sorpreso e poi dispiaciuto.
<<La mia sorellina sta per morire>> grida, spingendo via la madre, che tenta di non mostrargli il suo dolore. I capelli della bimba sono blu e il suo animo mi attira con una forza tale da spingermi ad avvicinarmi a lei, mentre il magone nel mio petto non fa che crescere.
I parenti intorno alla mia vista sospirano per lo stupore e comprendo immediatamente, che ciascuno di loro è un mio discendente. Faccio cenno loro di non preoccuparsi per i convenevoli e mi siedo accanto alla bambina, sorridendole tristemente.
<<Come ti chiami?>> le chiedo, notando una lacrima percorrere il suo viso candido ed un debole sorriso premere fra le sue labbra con forza, quasi volesse ancora combattere contro il destino.
<<Meredith>> risponde con la sua piccola vocina, stringendo gli occhi stanchi per lo sforzo.
<<Io sono Acqua>>
<<Dea?>> domanda, con un piccolo luccichio negli occhi azzurri come i miei oceani. Sento le sue paure, la tristezza, l'amarezza di non poter più fare niente per cambiare le cose, eppure, alla mia vista, una piccola nota di speranza, un lieve spiraglio di luce pare abbagliarla. Rabbrividisco, consapevole che la sua speranza sia dovuta alla mia presenza e combatto contro me stessa per non gridare a causa dello sconforto.
È come se con lei una parte di me mi stesse abbandonando, mi addolora osservare questa piccola bambina svanire lentamente e non poter fare nulla per salvarla. Mi avvicino più a lei, sentendo anche gli occhi speranzosi dei suoi parenti su di me e accarezzo i suoi capelli blu teneramente.
Vedo i suoi occhi brillare intensamente e la sua speranza crescere maggiormente, mentre la rigenerazione le attraversa le vene, mentre la mia magia cerca di confortarla. Non posso fare nulla per salvarla, sto solo rimandando l'inevitabile.
<<Cosa era?>>
<<Il tuo potere>> rispondo sorridendo, mentre vedo sua madre accanto a me riversare le lacrime che tentava inutilmente di trattenere. Il marito la stringe in un caldo abbraccio, posando il mento sul suo capo, senza lasciarla andare, come se temesse anche la sua perdita.
<<Ma sei reale?>> mi domanda debolmente ed io annuisco, facendola sospirare di gioia.
<<Non può morire! Dovete fare qualcosa, dovete aiutarla! È la mia bambina, non può morire, non può>> il padre di Meredith grida, sfogando la sua rabbia verso la curatrice, per poi puntare il suo sguardo nel mio.
<<Devi aiutarla>> mormora, non resistendo alle sue lacrime.
La sua devozione nei miei confronti è sconvolgente: possibile che mi rispettino a tal punto da non gridarmi contro neanche in un momento simile?
A cosa serve essere l'Acqua, se non posso salvare una mia discendente? Una così piccola creatura innocente, dolce e piena di forza, di gioia, di dolcezza da dare a questo mondo.
La mia espressione triste non passa inosservata ai presenti, compresa alla bambina, che continua a fingere un piccolo sorriso nonostante tutto.
<<Va bene così papà>> sorride, socchiudendo gli occhi.

Ed è in quel preciso momento, che qualcosa scatta in me. Il panico si impossessa del mio corpo e le mani mi tremano per l'agitazione , mentre i suoi occhi si chiudono definitivamente. Le urla dei suoi parenti coronano l'atmosfera, mentre io, presa da non so quale istinto, attiro il corpo della bambina in un abbraccio, lasciando che le mie lacrime bagnino i suoi capelli.
<<No, piccola non morire>> sussurro, stringendola forte e percependo un dolore tale da considerarla una figlia.

Ma è quando sento la sua piccola voce sussurrare il mio nome, che le forze mi vengono a mancare e cado nell'oscurità.
Lui sarebbe fiero.

Spazio autrice:
(Profilo instagram [@ asiapretta])
Buonasera a tutti!
Vi ringrazio per l'attesa e per la pazienza, ma come sempre ho scritto il capitolo e come ho già accennato, non lascerò che la storia si abbandoni a se stessa.
Se anche questo capitolo vi è piaciuto (o no), conto sempre sulla vostra opinione e su qualche stellina.
-Asia.

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