44. Internet

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Maris gettò la rivista sul letto con un gesto teatrale e si accoccolò accanto a Cherry, mostrandole il cellulare.

«Ecco qua! Che ti faccio vedere, che ti faccio vedere ancora? Vediamo...» Scrutò il suo viso, poi tornò a concentrarsi sullo schermo che faceva scorrere a velocità vertiginosa con il pollice. Dovevano esserci centinaia di foto e video. «Dato che a te non piacciono le cose divertenti, evitiamo il Model Monday e mettiamo...»

«Non ho mai detto che non mi piacciono le cose divertenti»

«Peggio, hai fatto "la faccia seria" a tutte le cose divertenti a cui abbiamo anche solo accennato»

«La faccia seria?»

«Sì. Questa qui» Maris si voltò verso di lei e abbassò le sopracciglia tanto che le si disegnarono delle rughette sulla fronte, dandole un'aria accigliata, quasi sdegnata.

Cherry la scrutò severamente, ma si accorse di aver assunto un'espressione praticamente gemella a quella di Maris, così la spronò a cambiare discorso: «Dai, fammi vedere un video. Una cosa qualunque».

Maris mise play, sporgendosi un po' verso Cherry per mostrarle cosa aveva scelto.

Nel video era Anya a reggere il telefono, fissando gli osservatori con gli occhi stretti a fessura, ostile. In realtà probabilmente teneva gli occhi così a causa della luminosità ambientale, che annegava in un bianco lattiginoso alcuni dettagli della ripresa.

«Ehi ehi, oggi ci troviamo a Newark, che, se non lo sapete, si trova nel New Jersey» Il volto di lei uscì fuori inquadratura, mentre faceva girare il telefono per mostrare ai suoi spettatori dove si trovavano. Era una specie di grande parcheggio asfaltato, il grigio urbano aveva divorato ogni centimetro di terra, soppresso ogni accenno di verde, e Cherry detestò la sola vista di un posto simile. La ripresa continuò a muoversi intorno finché non inquadrò un Hawk Storm dall'aria decisamente desolata, il quale stava imbacuccato in un elegante cappotto blu notte a qualche metro di distanza da lei. «È tra le settanta città più popolose d'America, credo. Non so che ci farete con quest'informazione, ma noi la sappiamo perché la città ha una brutta fama per noi ragazzi della legge, con un porto pieno di import-export di container con criminali a sorpresa e merci tarocche. Siamo arrivati da... circa cinque ore, sì.» Proseguì la voce di Anya fuoricampo «E mister Storm la odia. Ehi, Hawk? Ti piace Newark?»

«No» fece lui, seccamente, e incrociò le braccia sul petto

«No? E basta? Dov'è finita la tua parlantina?»

«È rimasta a casa, dietro l'uscio» disse lui con enfasi, stringendo le braccia ancora più forte «È da quando siamo arrivati che non vedo una foglia, un colore, niente, solo grigio»

«Mister Storm voleva vedere una foglia» declamò Anya

«Non vedo mai neanche ristoranti per fermarsi a mangiare. Vendono solo bagel, da tutte le parti»

«E a te, orbo?» chiese la donna, girando ancora per riprendere il fratello. Lui indossava vestiti comodi, un cappellino giallo calcato sulla testa e una benda sull'occhio con sopra il disegno di un teschietto bianco «Ti piace Newark?»

«A me i bagel piacciono» fece lui, stringendosi nelle spalle
«Mangi sempre cibo spazzatura. Lo sai che siamo quello che mangiamo?»

«Mangi solo scimuniti tu, allora»

«No, infatti tu sei ancora tutto intero. Vieni qua vicino, diciamo ai nostri fans cosa ci facciamo a Newark». La figura dell'altro sidekick si ingrandì man a mano che Anya si avvicinava.

Cherry trovava stranamente immersiva l'esperienza: se si concentrava poteva sentire un po' il respiro di Anya, poteva immaginare di essere lì con loro. Non era sicura, comunque, di quanto fosse professionale una ripresa del genere o se avesse effettivamente voglia di stare lì con loro, soprattutto alla luce di come stavano descrivendo il posto.

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