On the road

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La cosa più bella delle ferie è il giorno in cui hanno inizio, quando ti svegli la mattina alle 7.00, dai un'occhiata al cellulare, ti giri dalla parte opposta e riprendi a dormire, tanto chi se ne frega! Ecco, fu proprio così che ebbe inizio il mio periodo di riposo.

I primi due giorni di vacanza li trascorsi con Mattia, spulciando annunci e facendo milioni di telefonate, alla ricerca di un appartamento o una stanza dove il mio coinquilino potesse trasferirsi. Per quanto la sua compagnia fosse diventata quasi essenziale, la mia micro- casa, progettata per un solo inquilino, massimo una coppia innamorata, non permetteva la privacy adeguata a due adulti della nostra età senza legami, se non quello di una profonda amicizia.

Mattia non aveva la sua intimità, io nemmeno (Anche se io ne avevo sicuramente meno bisogno, vista la mia storia a distanza). Perciò scovare un domicilio per il mio amico/collega era stato il nostro unico impegno di inizio ferie.

Il mercoledì sarei partita per Barcellona, dove mi sarei congiunta a Juan, lasciando Mattia in balia dei sopraluoghi e delle telefonate e con qualche giorno per godersi la sua vita sentimentale, senza me tra i piedi.

Quando mi imbarcai, finalmente sentivo che qualcosa stava andando per il verso giusto. Sarei stata lontana dalla pista, sì, ma anche dai giornalisti e, soprattutto, da Nucci, l'uomo che più detestavo nell'intera galassia. La prospettiva di non correre il rischio di incontrarlo mi metteva di splendido umore.

Atterrata a Barcellona, quasi saltellavo mentre mi dirigevo allo sbarco, non sentendomi più nella pelle al pensiero di rivedere Juan, ma dovetti fare i conti con tutti i suoi impegni.

Visto il periodo di pausa, aveva dovuto utilizzare quella giornata per girare uno spot di una nota marca di occhiali da sole e al suo posto aveva mandato in aeroporto Miguel Diaz.

Ora, l'ultima volta che avevo avuto una conversazione con quell'uomo, era finita con un paio di parolacce e Juan che gli chiedeva di allontanarsi e lasciarci da soli, come poteva andare quel viaggio fino a casa di Ernandez in sua compagnia? Senza neanche dirgli ciao, esordii delusa e quasi schifata:

-Che bel primo incontro! Dov'è Ernandez?-

-Ringrazia che lui ha insistito che tu non prendessi un taxi, se sono venuto. Per me potevi arrivare a casa sua anche con l'autostop!- nonostante l'accento spagnolo, Diaz parlava eccellentemente italiano, quindi si faceva capire benissimo.

-Anche io avrei preferito un viaggio a piedi alla tua compagnia! - risposi con sufficienza.

-Ascolta meccanico:- odiavo quando mi chiamava meccanico, lo diceva in senso dispregiativo, come se il mio ruolo fosse quasi vergognoso -Ringrazia che uno come Juan abbia posato gli occhi su una come te. Staresti svitando bulloni a quest'ora senza di lui!-

-Ma cosa pensi? Che abbia pagato lui per me per arrivare qui?- ringhiai.

-E pagherai anche il viaggio in barca per caso? -

-Lo sai che sei una merda?- esclamai, senza mezze misure.

-Evitiamo di parlarci, meccanico, non ho più niente da dirti! -

-Su questo siamo d'accordo!- aggiunsi, sistemandomi il borsone sulla spalla e seguendolo all'esterno.

Fuori ci aspettava un Suv Bmw scuro, quello di Ernandez. Diaz sedette al posto di guida ancora prima che io potessi sistemare le valige nel bagagliaio.

-Stronzo!- mormorai quando si chiuse dietro lo sportello, avviando il motore e sgasandomi in faccia per farmi affrettare.

Viaggiamo per circa un'ora abbondante, nel toltale silenzio. Io non avevo nulla da condividere con quell'uomo e pensavo neanche lui con me, ma quando svoltò in una stradina secondaria, lunga, tortuosa, ma perfettamente asfaltata, fermò l'auto e mi osservò qualche secondo, prima di esplodere, come se non riuscisse più a tacere.

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