Tre: Ah, queste dannate politiche aziendali

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Non pensavo sarebbe mai arrivato questo giorno, eppure eccoci qui.

O muori da eroe, o vivi abbastanza a lungo da arrivare ad un momento nella vita in cui senti addirittura la mancanza del tuo piccolo fratellino rompiscatole.

Per questo, quando apro la porta di casa e mi ritrovo davanti Dustin dopo un mese di campo estivo, lo stritolo in un abbraccio senza nemmeno pensarci.

«Nell, così non respiro però» si lamenta, e io mollo la presa.

«Sono così contenta di vederti – ammetto, reprimendo l'istinto di abbracciarlo di nuovo – Come è andata? Racconta dai!» gli dico con entusiasmo, prendendogli il borsone dalle mani.

«È andata bene» dice soltanto, salendo le scale per andare verso camera sua.

Lo seguo, sentendo la fatica aumentare a ogni gradino: ma quanta roba si è portato?

«Soltanto bene? Non hai nulla da raccontarmi?» domando con impertinenza. Potrebbe darsi che mia madre si sia lasciata scappare qualcosa che io non avrei dovuto sapere, e quel qualcosa è un nuovo essere vivente di sesso femminile nella vita di Dustin.

In pratica, la sua ragazza.

Non so perché non me lo abbia voluto dire subito, ma se davvero voleva che non lo sapessi, non doveva confidarlo alla persona che meno sa tenere i segreti nell'intero Universo: la mamma.

Dustin si volta, e con le sopracciglia aggrottate mi guarda per un lungo attimo, provando a capire cosa io stia cercando di dirgli.

«D'accordo – cede, lasciandosi scappare un sospiro – Cosa sai?»

Sorrido, abbandonando la sua borsa sul pavimento.

«Che è una secchiona dello Utah. Mamma me la ha descritta così»

«Aspetta, mamma ha usato la parola secchiona per descrivere Suzie?!»

«No, la ho usata io per riassumere ciò che mi ha detto. Ah, ora so anche che si chiama Suzie» ghigno beffarda, e Dustin sbuffa, continuando ad armeggiare con la sua ricetrasmittente.

Ok, non ne vuole parlare. Lo avevo immaginato: deve essere imbarazzante parlare con la propria sorella di certe cose, suppongo. È per cose come questa che esiste Steve; quando dico che oramai abbiamo la custodia congiunta di quei sei rompiscatole, non scherzo.

«Qui è Capo Oro che è tornato alla base. Mi sentite? Passo» gracchia Dustin nel suo walkie-talkie, per poi gettarlo sul letto, chiaramente spazientito.

«I tuoi amici si fanno desiderare?» domando mentre mi guardo allo specchio, sistemando il colletto della mia terribile polo del lavoro. Duncan poteva scegliere tantissimi colori, eppure ha scelto proprio l'arancione; per quanto mi riguarda, potrebbe essere classificato come crimine d'odio, ma comunque...

Mio fratello annuisce, togliendosi il cappellino dalla testa.

«Credo si siano dimenticati che sarei tornato oggi» sospira, e io distolgo il mio sguardo dalla mia immagine riflessa per guardarlo.

«Forse hanno solo fatto confusione con le date. Può capitare, Dustin» gli dico per consolarlo, sedendomi affianco a lui. Lui sospira, posando la testa sulla mia spalla.

«La mamma mi ha detto del lavoro allo Starcourt. Sembra fico, no?» chiede per cambiare discorso, e io faccio una smorfia.

«Lo definirei in tanti modi, ma "fico" non è decisamente nella lista» borbotto.

«Il tuo collega è Eddie Munson, il leader dell'Hellfire Club! Deve essere fico per forza» protesta, e io aggrotto le sopracciglia: ha una strana concezione di cosa è fico e cosa non lo è affatto.

Working For The Weekend - 𝘚𝘵𝘦𝘷𝘦 𝘏𝘢𝘳𝘳𝘪𝘯𝘨𝘵𝘰𝘯 [2]Where stories live. Discover now