Otto: Traditore

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A volte vorrei davvero essere nella testa di Eddie.

Deve essere incredibilmente rilassante non avere mai un pensiero razionale che gira nella scatola cranica, usare il cervello come qualcosa di opzionale e trascurabile.

Io non ho la patente e non me ne intendo affatto di auto, ma credo che chiunque nel vedere spuntare sul quadro per ben tre giorni di fila una spia rossa molto minacciosa a forma di batteria, si farebbe due domande.

Ecco, chiunque, ma non Eddie.

L'alternatore ha giustamente deciso di smettere di funzionare proprio ora, quindi eccoci qui, fermi nelle campagne puzzolenti di Hawkins mentre mio fratello e gli altri stanno presumibilmente venendo trucidati da dei soldati russi molto arrabbiati.

Tutto regolare, insomma.

Faccio scoccare la lingua sul palato, cercando di reprimere l'istinto di prendere a calci questo stupido rottame.

Il rumore delle cicale e il caldo infernale mi stanno facendo venire voglia di gettarmi nel canale qui affianco, per non parlare delle zanzare.

«Quindi? Il cesso su ruote ci ha definitivamente abbandonati?» domando scocciata. Eddie, che ha la testa praticamente infilata nel cofano, si volta nella mia direzione.

«Primo: non chiamare così la mia Roxanne – asserisce, e io alzo gli occhi al cielo – Secondo: ci sto lavorando» borbotta, rimettendosi all'opera.

«Oh sì, tranquillo. Fai con calma, non è che qualcuno sta per morire d'altronde» ribatto sarcastica, e lui mi imita facendo dei versi. Sto per tirargli uno schiaffo ben assestato sulla nuca, quando Rafail mi interrompe prima che io agisca.

«Il Mall non è troppo distante da qui. Possiamo raggiungerlo a piedi» afferma, guardandosi attorno. Incredibile, sa orientarsi in questa fogna di città meglio di me.

«No – risponde prontamente Eddie – Non abbandono qui la mia auto, mi dispiace» afferma stizzito.

«Infatti è lei ad aver abbandonato te» sentenzio, incrociando le braccia al petto. È più forte di me: la situazione è talmente stressante che il mio cervello cerca di usare il sarcasmo come meccanismo di difesa.

«Possiamo andarci noi due» suggerisce poi Rafail, voltandosi nella mia direzione.

Annuisco: voglio soltanto salvare mio fratello, non importa come.

«Scordatelo, bambolotto – si intromette di nuovo Munson, puntando l'indice contro il biondo – Per quanto ne sappiamo, potresti fucilarla e gettarla in un fosso e poi tornare indietro a uccidere me, visto che ora sappiamo chi sei veramente» dice con astio, e Rafail scuote il capo, mentre una risatina quasi incredula gli sfugge.

«Quindi cosa suggerisci di fare, Eddie? Sperare che la tua auto magicamente si rianimi mentre mio fratello viene ammazzato?  – domando, il tono più tagliente di quanto non vorrei – Non c'è tempo per le congetture. Se tu vuoi stare qui a sistemare la tua auto va bene, dico sul serio. Io però devo andare a salvare Dustin, costi quel che costi» asserisco seria.

Eddie mi guarda a fondo, poi sospira, mettendosi le mani sulla testa e prendendosi qualche secondo di riflessione.

Guarda la sua auto, poi guarda di nuovo noi.

«Promettimi che verremo a recuperarla non appena salveremo quei quattro idioti» dice a denti stretti, guardando il minivan proprio come se fosse un cucciolo di cane abbandonato a lato della strada.

«Promesso» affermo convinta, mentre lui si massaggia le tempie.

«Muoviamoci» ci intima Rafail, facendo segno di seguirlo.

Working For The Weekend - 𝘚𝘵𝘦𝘷𝘦 𝘏𝘢𝘳𝘳𝘪𝘯𝘨𝘵𝘰𝘯 [2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora