6. Nodi

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Le persone possono sopportare la verità
ma non tanto quanto amano la menzogna.

George Bernard Shaw


Mi sveglio con la sensazione di avere la testa piena di cotone idrofilo e la bocca impastata di sabbia. Il retrogusto di un'opportunità persa. Ogni giuntura scricchiola e si lamenta come la colonna sonora di una casa infestata. A quanto pare anche il corpo accusa i sintomi di un post-sbronza, non solo il cervello.

Resto distesa, aspettando che la volontà di vivere decida di raggiungermi dal comodino, dove giace sepolta sotto un cumulo di vestiti spiegazzati.

Avrebbe potuto esserci un bacio, ieri sera. Anzi, avrebbe dovuto. Invece Jeremy era tutto uno sbraitare su quanto fosse fico vedere Han Solo congelato in carbonite. Mi ha mollata sulla porta con un "È stato epico, eh? Dovremmo rifarlo" e io in piedi a scimmiottare il saluto vulcaniano, con la stessa naturalezza di un robot che provi a imitare le emozioni umane. Che cazzo, Jem. La principessa Leila avrebbe trovato il tempo per un bacio anche con una base ribelle sotto attacco. Guardo il soffitto, che balla la samba. È stata colpa mia? Avrei dovuto dargli un segnale, tipo un cartello fluo sopra la testa con la scritta "Baciami, stupido"?

È proprio in questi momenti che mi rendo conto di quanto la vita sia ingiusta. I Sith hanno i loro fulmini, gli Jedi i mind trick, e io? Solo un'emicrania che potrebbe far esplodere Alderaan una seconda volta.

Mi alzo e la luce che mi trafigge le palpebre è un promemoria impietoso che il mondo fuori esiste e, sì, è pieno di persone che non hanno passato la serata a discutere se Greedo abbia sparato per primo.

Lo stomaco fa sù e giù, indeciso se partecipare a una rivolta intestinale o meno. Gli do un pat-pat rassicurante, ma lui risponde con un brontolio che suona sospettosamente come "traditrice". Permettimi almeno di arrivare in bagno, ti prego.

Lì, il mio riflesso mi guarda truce. Forse perché assomiglio a un esperimento di clonazione fallito e— insomma, non è proprio un bello spettacolo.

Mi fiondo sotto il getto della doccia come se potesse lavare via non solo la sbornia ma anche l'imbarazzo cronico. L'acqua è troppo calda o troppo fredda. La punizione che merito. Si prende tutto - il sudore notturno, le cellule di pelle morta, le vibrazioni di una serata storta.

Ruoto la manopola finché il vapore non si alza come una cortina dal palcoscenico.

Mi addosso alle piastrelle, lasciando che il flusso mi inzuppi fino al midollo. E mi porti da lui. Al mio commento, una preghiera blasfema che mi ricorda quanto sia facile diventare ciò che disprezzo. A cosa stavo pensando? Una difesa? Un attacco? La mente ripercorre quel lembo di pelle che gridava "guardami e desiderami" e improvvisamente rivivo l'assalto della sua bocca sulla mia, a Capodanno.

Immagino cosa potrebbe farmi, come potrebbe stuzzicarmi se fosse qui. Strizzo gli occhi e quasi percepisco il suo respiro, il sorriso compiaciuto e strafottente a soffiarmi sul collo. "Non sei ancora pulita, Grumpy Cat. Neanche un po'". La sua mano prenderebbe la mia. "Mostrami quanto non ti importi". E, sotto la sua guida, le dita inizierebbero a muoversi con un ritmo prima lento e deliberato, poi vorace.

Come— come fanno adesso.

I muscoli si contraggono, sommersi da un calore crescente. Mi si blocca il respiro. Nella mia testa, è lui a fermarmi. "Non così veloce. Non con me".

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