Capitolo 8

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Brucia

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Brucia.

Brucia ogni cosa.

Brucia la pelle, bruciano i polmoni, brucia respirare.

Il caldo è così insopportabile che vorrei strapparmi i vestiti di dosso e lo faccio. Mi sfilo con disperazione la giacca di pelle che per me rappresenta tutto e la getto via come se fosse niente.

Poi mi tolgo la maglietta, ma la situazione non migliora, anzi, peggiora di secondo in secondo.

Fa ancora caldo, brucia ancora tutto.

Brucia di più la consapevolezza che in questo posto ci morirò da solo. Che è solo colpa mia se mi trovo in questa situazione.

Le fiamme continuano a divorare tutto ciò che si trovano davanti ed è questione di tempo prima che arrivino a divorare anche me.

Apro gli occhi di scatto, boccheggio, cerco di mettere a fuoco l'ambiente intorno a me. Scatto in avanti e mi ritrovo seduto su quello che dopo una manciata di secondi riconosco essere il mio letto.

Sono madido di sudore, tossisco e cerco di riprendere aria. Ho caldo, mi sembra di andare a fuoco. Mi ripeto in mente di respirare, che sono a casa e che va tutto bene, ma il mio corpo è ancora scosso e destabilizzato, non vuole saperne di collaborare.

Quindi il respiro ci mette un po' a regolarizzarsi, così come i battiti frenetici del cuore nel mio petto. I miei sensi continuano ad essere offuscati ma allo stesso tempo in allerta, combinazione strana da spiegare e ancora più strana da capire.

Prendo il cellulare dal comodino per guardare l'orario. Sono le tre del mattino ed io posso dire addio all'idea di tornare a dormire, so che non ci riuscirei nemmeno se ci provassi.

Mi lascio cadere all'indietro sul letto e chiudo gli occhi per qualche secondo. Prendo tre, quattro boccate d'aria. C'è ancora gente che urla nella mia testa. Grida di dolore, grida di disperazione e panico. Grida di terrore e morte.

Decido, dopo qualche minuto, di sbloccare il cellulare e navigare su Internet per smettere di pensare a ciò che ho appena sognato o meglio ricordato. Cerco di mettere a tacere le urla, i miei pensieri, tutto quanto.

In un altro momento della mia vita, probabilmente quello peggiore, quello che mi ha fatto toccare il fondo, avrei provato a distrarmi in un altro modo. L'unico che conoscevo e che non ha mai fallito.

La droga.

Mi sarei andato a cercare lo sballo, lo stato di euforia, ma allo stesso tempo anche la quiete, il silenzio, la pace e gli attimi di tregua dai ricordi che solo gli stupefacenti riuscivano a donarmi.

Ciò che mi stava uccidendo mi faceva sentire come se fosse l'unica cosa in grado di aiutarmi a sopravvivere.

Mi distrae l'arrivo di un messaggio. Controllo l'ora, sono le tre e venti. Mi acciglio e mi affretto ad aprirlo per poi leggerlo, dato che è da parte di Avie.

AIDENDove le storie prendono vita. Scoprilo ora