2 - Amethyst

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Helvory era una città vivace. Sorgeva ai piedi di un'ampia vallata ed era interamente circondata dal bosco, un tempo magico, di Eleryn; si narrava, infatti, che gli inquisitori, con i loro artefatti, avessero compiuto un genocidio, uccidendo ogni forma di vita magica che lo abitava. Spiritelli, driadi, animali parlanti, creature elementali, tutti cancellati dall'odio e dal disprezzo che si era diffuso tra gli umani nei confronti della magia. Come capitava spesso, per la follia dei pochi erano gli innocenti a pagare. Il Chisor, un piccolo torrente che nasceva dalle sorgenti dei monti Mistell, attraversava la piccola cittadina da parte a parte per poi scomparire sotto le chiome del fitto bosco. Le sue acque erano talmente limpide da riuscire a distinguere ogni singolo ciottolo depositatosi sul fondale, talmente pure che la si poteva raccogliere in un bicchiere e berle in qualsiasi momento.

Emilia e Rudeus avevano camminato tra i bui e tortuosi sentieri di Eleryn per circa un paio di giorni, orientandosi grazie ad alcuni funghi magici, gli Slaitec, sopravvissuti alle fiamme degli inquisitori. Fortunatamente, questi non parevano essere così ferrati su ogni specie magica che abitava i reami di Chromalia. Quei funghi, in natura di uno smunto giallognolo, si illuminavano di un fioco azzurro quando qualcuno, umano o non, gli passava accanto. Bastava solo seguire gli esemplari la cui tonalità di azzurro era più intensa per scoprire quale sentiero veniva percorso con maggiore frequenza; quindi, quale tra i tanti, avrebbe condotto un ipotetico visitatore alla ridente città di Helvory.

I due stregoni, o abomini per la comunità umana, erano arrivati in città alle prime luci dell'alba. Avevano trascorso l'ultima notte nel bosco, accampati dentro il tronco cavo di un esemplare di Elfent, un albero magico il cui fusto era suddiviso in cinque tronchi differenti intrecciati a spirale tra di loro. Stimolato dalla magia verde, l'Elfent si strecciava fino a creare una sorta di rifugio per chiunque ne avesse avuto bisogno. L'accesso, prima dell'arrivo degli inquisitori, era consentito a tutti: animali in cerca di riparo, bambini che giocavano a "tana nel bosco", coppiette innamorate, disperati in fuga e così via; da quando gli umani avevano cominciato a perseguire e uccidere le innocenti creature del bosco, gli Elfent si erano rinchiusi nel silenzio e la loro esistenza si era ben presto trasformata in leggenda.

I paesani erano in fermento. Come ogni secondo Ensedì del mese, la città di Helvory ospitava un gran numero di mercanti, alcuni rinomati altri meno, sopraggiunti per vendere la loro preziosa mercanzia e per acquistare qualcosa di unico che avrebbero potuto rivendere ad un altro evento simile. Quel giorno, tuttavia, non era il mercato a rallegrare la giornata dei popolani né, tanto meno, la presenza di un qualche pezzo grosso; quel giorno, una strega sarebbe stata bruciata in pubblica piazza. Un pratica brutale, crudele, inumana, ma che a causa dell'odio sempre più marcato nei confronti della magia, era stata accettata fino a trasformarsi in un vero e proprio spettacolo al quale assistere, almeno per coloro che avevano lo stomaco forte.

Erano mesi che ad Helvory non giustiziavano una strega o uno stregone, segno di quanto gli inquisitori avessero a cuore la propria missione e di quanto fossero capaci di mantenere le promesse fatte. Che la magia avesse fatto cadere il mondo in una lunga e sanguinosa guerra era una verità più che assodata, ma era altrettanto vero che proprio grazie alla magia la grande guerra era giunta alla sua conclusione. Tutto quell'odio nei confronti di un dono degli antichi dèi, e di tutti coloro che ancora erano in grado di manipolarlo, era privo di senso. Per quale ragione si doveva festeggiare la morte di una strega, una bambina per giunta? Cosa poteva aver mai fatto di male per meritarsi un destino tanto infausto quanto ingiusto?

Emilia e Rudeus avevano appena varcato "Porta della salvezza", l'ingresso di Helvory, e si erano subito ritrovati sulla via principale, quella che conduceva alla grande piazza centrale della città, dove si sarebbe tenuta, con tutta probabilità, l'esecuzione. Per le strette strade, un andirivieni di popolani, che si muovevano frenetici come formiche operaie, impediva ai due stregoni di capire il motivo di tutta quella agitazione. Si trattava semplicemente del mercato o avevano già trovato la giovane strega? Facendosi largo tra la folla, un gruppo di inquisitori balzò all'occhio di Emilia. Questi si muovevano ordinatamente lungo la stretta via cittadina, con le loro tuniche bianche come il latte, i loro artefatti dorati e scintillanti e il simbolo di un fiore ricamato sul petto. La rosa dei Northcote, la famiglia che aveva creato l'Ordine, veniva portata con fierezza da coloro che sceglievano la via dei purificatori. Chiunque doveva essere in grado di distinguere un cavaliere dell'Ordine, un inquisitore, da una qualsiasi persona comune. La loro era una nobile missione, dopotutto.

I Reami di ChromaliaWhere stories live. Discover now