8 - Il Bocca di lupo: parte 2

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La pioggia era tornata ad abbattersi sulla cittadina di Smallwick, tamburellando sulle tegole dei tetti a spiovente come abili dita che pigiavano i tasti di un clavicembalo. La melodia nostalgica e cadenzata creata dal musicista di Brael, tuttavia, non poteva essere né udita né apprezzata da coloro che si erano rintanati al Bocca di lupo, intenti a lasciarsi andare ai piaceri dell'alcol come se non ci fosse un domani o a fare baldoria. Emilia e Rudeus si erano messi a sedere su uno dei piccoli tavoli rettangolari posti vicino al grande camino, che avrebbe garantito loro tepore in una delle notti più fredde che potessero ricordare. La grande canna fumaria di ferro battuto riusciva, attraverso un sistema di condotte, a trasportare il calore anche ai piani superiori della locanda, persino nella spoglie topaie che nomavano stanze.

Sul fondo della sala comune spiccava il lungo bancone di legno con diversi sgabelli posizionati dinanzi, mentre a fianco la cucina, l'unica stanza del piano oltre al piccolo ingresso, trasmetteva i suoi profumi di carne alla brace e spezie attraverso il passavivande, fragranze che si andavano a mescolare con l'odore acre di alcool, bestiame e legno marcito. Le mensole dietro al bancone traboccavano di bottiglie, ognuna di queste con forma e dimensioni differenti, boccali vuoti e calici non sigillati contenenti gli intrugli più fantasiosi di tutta Veridia. Nascosta tra due botti a terra, infine, vi era una porticina che, con tutta probabilità, conduceva alle cantine, dove i misteri della fermentazione si manifestavano per dare vita ai migliori vini, birre e liquori che lo stomaco di quegli ubriaconi potesse reggere.

Le finestre piombate, dai vetri sporchi e rovinati, erano gli unici addobbi che le spoglie pareti della Bocca di lupo potevano ospitare, se si escludevano un paio di ritratti di mediocre qualità, dipinti da un qualche artista alle prime armi o qualcheduno che trovava il coraggio di definirsi tale, sui quali erano raffigurate scene di quotidianità alla locanda. Su uno di questi era presente anche l'oste, un bell'uomo prima che la maledizione, la PND o qualsiasi altra cosa avesse messo le radici a Smallwick lo trasformasse in una sorta di morto vivente al servizio di un comunità di spugne intrise di birra e rum.

Leggiadra è la donzella, piacevole è la melodia, ma triste è una locanda senza birra e senza fantasia recitava una targhetta di legno affissa sotto uno degli scaffali.

Molti di quei dettagli erano sfuggiti a Emilia la sera che aveva messo piede nel Bocca di lupo per la prima volta, desiderosa soltanto di trovare una stanza nella quale poter riposare e cambiarsi d'abito dopo essersi imbattuta nel violento nubifragio, così come le era sfuggito il fatto che le persone, anche se sembravano divertirsi in quel luogo lontano dai problemi che affliggevano Smallwick, non si guardavano mai negli occhi. All'inizio aveva creduto che tale comportamento fosse rivolto solo a loro, estranei giunti in città ai quali era normale rivolgere sguardi sospettosi, invece pareva essere la normalità. Gli energumeni coi quali Rough o, meglio, Mymic aveva fatto amicizia si sfidavano a braccio di ferro puntando gli occhi stanchi sui loro muscoli o sul tavolo o brindavano socchiudendo le palpebre; Emilia aveva anche notato che evitavano il più possibile di parlare tra di loro.

«Il male che sta vessando la città mi farà andare fuori di senno» se ne uscì di punto in bianco Emilia, dopo aver terminato di esaminare coi suoi occhi i frequentatori del Bocca di lupo. Stessi volti della sera precedente, stesse melodie, stesse dinamiche: una serie di eventi che si ripeteva con ciclicità o che non era mai terminata da quando Smallwick era stata maledetta.

«Siamo qui soltanto da un dì; sovvieni con me che, per uscire di senno, c'è ancora un mucchio di tempo».

«Era tanto per dire».

«Intanto possiamo analizzare il pezzo di carne e scoprire se la loro condizione dipende da quel che mangiano o bevono» sospirò Rudeus, lasciandosi andare contro il duro schienale della sua sedia. «Da qualche parte dovremmo pur iniziare».

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