3 - Le segrete di Helvory

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Un labirinto di cunicoli si estendeva sotto la città di Helvory; anguste gallerie dotate di piccole stanze nelle quali venivano rinchiusi briganti, malviventi e, in occasioni eccezionali, individui in grado di manipolare la magia, come streghe e stregoni, ma anche spiriti elementale e simili. Le celle di detenzione era talmente strette da rendere difficoltoso anche il più semplice dei movimenti, come mettersi seduti su un angolo differente o sgranchirsi le gambe; almeno così si narrava. La vecchia rete fognaria era stata riqualificata e trasformata poco dopo in una prigione a tutti gli effetti, prigione dalla quale fuggire sembrava impossibile. Coloro che, a causa di una qualche malefatta più o meno grave, finivano rinchiusi nelle segrete, difficilmente tornavano a vedere la luce del sole coi propri occhi. Di lì, si usciva solo in una maniera: sdraiati su una tavola di legno.

Non solo evadere dalla prigione sotterranea di Helvory rasentava l'impossibile, lo era anche l'entrarvici di soppiatto. Le strette gallerie permettevano il passaggio di una persona alla volta ed erano costantemente presidiate da una ventina di guardie cittadine ben armate e addestrate, nonostante il più delle volte sembrassero messi lì solo perché abbastanza grossi da occupare l'intero passaggio e, quindi, impedire la fuga di chi riusciva nella fortunosa impresa di liberarsi dalla propria cella. I tombini collegati alla vecchia rete fognaria erano stati rimossi e i pozzetti sigillati, così da impedire ingressi non desiderati dalle strade o da una qualsivoglia abitazione. La presenza in città degli inquisitori complicava oltremodo l'impresa; i loro artefatti li rendevano immuni ad ogni effetto di influenza mentale, come ad esempio gli aromi sui quali Emilia faceva spesso affidamento, miscele magiche in grado di far cadere chiunque in un lungo sonno; inoltre il loro addestramento era di gran lunga superiore a quello impartito alle normalissime guardie cittadine. Affrontarli a viso aperto poteva considerarsi follia persino per un manipolatore esperto come Rudeus. I due stregoni non avevano tanto tempo per escogitare un piano efficace e sicuro che potesse portare in salvo la piccola Amethyst: l'esecuzione sarebbe avvenuta la sera stessa.

«Aira Shirley è il nostro grattacapo numero uno. Come possiamo tirar fuori la piccola strega senza scontrarci con lei?»

Rudeus stava sbirciando fuori dalla finestra, nascosto dietro ad una delle tende di velluto per evitare di essere notato dal piccolo gruppo di inquisitori che faceva su e giù per la stretta via di Helvory, impegnato per lo più a trasportare fasci di legna e paglia. A questi non piaceva essere osservati tanto a lungo. La locanda dove i due stregoni alloggiavano si affacciava da un lato sulla piazza centrale, pertanto era possibile assistere in tempo reale alla preparazione della pira, dove avrebbero bruciato senza pietà alcuna la strega. Cinque erano i paletti eretti sopra di questa. Le pedine dei Northcote dovevano aver trovato anche le povere anime che avevano dato rifugio alla piccola Amethyst, quattro innocenti che avevano conservato la loro umanità in un mondo accecato dall'odio e l'ignoranza.

«Dobbiamo usare la magia senza usare la magia» fu la risposta di Emilia.

Facile a dirsi. Il plotone capitanato dalla spietata inquisitrice era sicuramente munito di artefatti in grado di localizzare le tracce di magia lasciate dagli incantesimi, l'aura magica di una strega, o stregone, i suoi pensieri, tutto. Solo gli incantesimi silenziosi erano in grado di sottrarsi alle sacre reliquie dei Northcote e solo una cerchia ristrettissima di streghe aveva le conoscenze, e le capacità, di lanciarli.

Emilia chiuse a chiave la porta della camera, poi chiese a Rudeus la gentilezza di tirare le tende bordeaux fino a coprire interamente la finestra guelfa. Quando fu certa che nessuno sguardo indiscreto potesse disturbarla, la strega prese da sotto il letto a baldacchino la sua valigetta e la poggiò sul pavimento di legno. Rudeus, invece, rimase lì dov'era. Appoggiò la schiena contro la parete direttamente successiva alla finestra e incrociò la braccia; da quella posizione poteva continuare a tenere sotto controllo la strada, sfruttando lo stretto spiraglio lasciato aperto dalle due tende, e la porta della camera. Anche se serrata, non era detto che non potesse essere aperta in una qualche maniera.

I Reami di ChromaliaWhere stories live. Discover now