13. Con un poco di zucchero la pillola va giù

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Lo so. Lo so.

Volete la mia testa e posso capirlo. Avevo detto che ci avrei messo poco a terminare questo capitolo e invece... Sentitevi pure liberi di lanciarmi addosso i pomodori. Anche se, a dire il vero, spero sempre che questo solito parto possa piacervi... in qualche modo.

Ah, già. Anche questo contiene contenuti un po' forti. Ma ormai dovreste saperlo.

Buona lettura... se possibile :3 Noi ci rivediamo dopo.

P.S. India Eisley non è la prestavolto di Alex. Però ci si avvicina e ha delle belle gif.




Scappare. Un'azione molte volte confusa con la codardia o l'incapacità di reagire al meglio di fronte a un determinato stimolo esterno. Un mezzuccio, la via più facile e indolore per poter sopravvivere. Eppure, alle volte si dimostrava un atto necessario. I migliori condottieri sapevano quand'era il momento propizio per ritirarsi dal conflitto in modo da poter vincere la guerra a discapito di una battaglia, ma in quella circostanza non c'era nessun esercito da cui salvarsi. Nessun mostro, nessuna delusione, nessun killer armato di machete alle sue spalle. Alex poteva scappare quanto voleva; poteva raggiungere i confini del mondo, vincere migliaia di scontri, sterminare i suoi nemici, ma non sarebbe mai riuscita a fuggire dall'unica cosa che la terrorizzava nel profondo: se stessa.

Ansante, confusa, ferita... correva senza una meta, persa in quel labirinto di corridoi e porte chiuse, affidandosi inconsciamente alla sua memoria spaziale per trovare un angolo tranquillo dove potersi riprendere. Dove potersi nascondere. Da sola. Trattenne un sussulto e un brivido le scivolò lungo le membra intorpidite. Non avrebbe potuto rimanere con gli altri e sopportare i loro sguardi accusatori, non avrebbe potuto osservare Gregory mentre...

Ebbe un capogiro. In un attimo di smarrimento inciampò nei suoi stessi piedi, finendo di peso contro il muro adiacente. Un debole gemito le uscì dalle labbra quando sbatté spalla e fianco contro la superficie rovinata, ma si costrinse a proseguire. Artigliò la parete e si rimise in carreggiata, incurante dei frammenti d'intonaco che le rimasero sotto le unghie insanguinate. Incurante dell'orma vermiglia che vi lasciò sopra.

Aveva bisogno... Aveva bisogno... Non sapeva nemmeno lei di che cosa aveva bisogno in quel momento. Una vita nuova? Una qualsivoglia sanità mentale? Un bazooka? O semplicemente di essere qualcun altro. Qualcuno di normale, di sano, senza allucinazioni e voci urlanti nella testa.

Il groppo che le si formò in gola fu difficile da mandare giù. Alex continuò a claudicare finché non fu costretta a fermarsi per ricaricare i polmoni d'ossigeno. Rimase lì, scombussolata, al centro del corridoio, mentre nella sua mente regnava il caos più totale. Stava impazzendo, di nuovo. Non c'erano altre spiegazioni. Deglutì a vuoto a quel pensiero, poi si paralizzò.

Perché aveva pensato "di nuovo"?

Socchiuse gli occhi, cercando di riordinare la propria mente alla ricerca di una risposta ma, stranamente, ogni qualvolta che le sembrava di aver trovato un frammento di memoria, questo le scivolava via tra le dita. Era tutto sconnesso, troppo confuso. Una fitta alle tempie la costrinse a interrompere quella ricerca interiore. Il suo respiro incominciò a velocizzarsi, il petto ad alzarsi e ad abbassarsi a un ritmo allarmante finché non fu più in grado di respirare. Prima ancora di rendersene conto, Alex andò nel panico e, con gesti meccanici, allentò il nastro del cappuccio nel vano tentativo di stabilizzare la respirazione. Si strappò di dosso la mantella, abbandonandola sul pavimento senza alcun ripensamento.

When the children playDove le storie prendono vita. Scoprilo ora