Pazzi (son piene le fosse)

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I pazzi erano come il senno di poi: ne eran piene le fosse. Alice lo aveva capito, ma cosa ancora più rilevante, Alice lo aveva accettato. L'accettazione però non era stata cosciente, ma frutto di sedimentazioni e sedimentazioni di pazzi nella metaforica fossa. La fossa in pratica era diventata un dosso. Dapprima si era livellata al terreno, poi aveva cominciato ad assumere una forma rotondeggiante.

Alice si era sentita impazzire per giorni e giorni, settimane e settimane, mesi, anni, lustri, decadi, secoli, millenni... il tempo e la pazzia non andavano d'accordo. E Alice alla fine era diventata pazza. Era diventata esattamente una di loro, una di quei pazzi che tanto a lungo aveva cercato di evitare; era diventata ciò che aveva giurato infinite volte non sarebbe mai stata. Non era colpa sua, quella era stata una battaglia contro i mulini a vento fin dall'inizio, lei non aveva mai avuto chance contro un'orda di pazzi illetterati, con disturbi ormonali e problemi relazionali con i propri genitori.

La pazzia era scesa su di lei lentamente, neve fine e sottile, quasi impercettibile, discreta, infida. Adesso Alice era diventata quella che conveniva evitare di incontrare: inspiegabili atteggiamenti folli dietro un battere di ciglia incessante, sospiri annoiati, totale illogicità.

Ormai gli schieramenti non erano più molto chiari. Alice era passata dalla parte del nemico, lasciando solo il ricordo di quella che era stata a combattere dall'altra parte. In pratica non c'era più scontro, non c'era più guerra, non c'era più gusto, e persino la pazzia, omologata a pazzia, scompariva senza lasciare traccia. Se tutti erano matti, compresa lei, forse non lo era nessuno, in realtà. Pensieri del genere ovviamente nascevano in seno al delirio più profondo, quello delle notti insonni, o quello delle ore passate in palestra, o quello dei succhi di frutta e delle spremute d'arancia girate anche se lo zucchero non c'era.

Alice aveva un vago ricordo di uno Stregatto e di un monito che cantilenava: siamo tutti pazzi qui. Era così facile. Lo era sempre stato, fin dall'inizio. Siamo tutti pazzi qui. La pazzia non andava combattuta, andava assecondata. Alice aveva frainteso quella crociata salvifica, aveva frainteso la missione. Non doveva salvare i pazzi. Erano i pazzi che dovevano salvare lei.

Salvarla da cosa? Dalla sanità mentale. Dalla normalità. Dalla logicità delle scelte di vita. Dalla congruità dei punti di vista. Dalle convinzioni morali. Dalle astrattezze di pensiero. Dalle pippe mentali. Dalle aspirazioni ambiziose. Dalla teoria del big bang. Dall'evoluzione. Dalle scimmie. Dagli anelli mancanti.

I pazzi avevano dei piani così folli che nemmeno loro stessi riuscivano a decifrarli. E dal momento che Alice era stanca di sentirsi un povero Don Chisciotte, si arrese. Bandiera bianca. Amen.

Con il senno di poi, avrebbe dovuto scegliere la resa fin dall'inizio. Sì, del senno di poi ne sarebbero state piene le fosse, se non fossero state sovraffollate di pazzi. Senza un posto dove andare a depositarsi, il senno di poi rimase tra le mani di Alice, un animaletto domestico con il quale convivere, un ricordo annebbiato di un tempo in cui il senno, anche se "di poi", almeno c'era stato.

Ma poi... "Poi", chi era?

CONCLUSIONE DELLA RICERCA SCIENTIFICA DI ALICE: tutto ciò che rimane del senno ce l'ha "Poi". Per ulteriori informazioni, rivolgersi a lui.

Tutti pazzi per AliceWhere stories live. Discover now