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Eravamo assiepati nella pancia dell'Avro 685 York, io e la mia squadra, dovevamo paracadutarci a Suez. Faceva freddo e l'aereo traballava tutto. Non ricordo come arrivammo a parlarne, ma a un certo punto il sergente Stone fece un cenno al medico di bordo e disse: «A proposito di fiducia, James, te lo ricordi quel bastardo di Coffey?»
James Lowe lo guardò. «Sì, perché?»
«Era o non era un vero bastardo?»
«Sì, abbastanza.»
«Te la ricordi quella volta coi negri, quei due della Buffalo
«La scommessa?»
«Proprio quella.» Il sergente si rivolse agli altri. «Sentite questa, ragazzi, questa qui è bella per davvero», e si colpì la coscia con la mano.
Noi soldati, sobbalzando sui sedili, guardavamo il medico di bordo. Lui non disse nulla per un po'.
Poi: «Eravamo in Italia, era il maggio del '45. Stavamo in un piccolo centro, in una regione chiamata Piemonte.»
«Varicelle, credo» disse Stone.
«Vercelli.»
«Vercelli, giusto.»
«La guerra era appena finita» riprese Lowe, «noi inglesi ci apprestavamo a sostituire gli americani, che dovevano rimpatriare.»
«Erano quasi tutti negri» disse Stone.
«La maggior parte, è vero. Erano i ragazzi della 92ª Buffalo. La divisione aveva un solo reggimento, il 370°
«Bravi combattenti, ma testardi» disse Stone. «Persino i loro ufficiali non li sopportavano, eh James? Ricordi Almond?»
«Il generale Ned Almond era un americano del sud, come i suoi ufficiali, del resto. Non gli andava per niente di comandare quei giovani. Poco prima di mandarli al fronte, Almond gli aveva detto: "Noi non vi abbiamo chiamato. Sono stati i vostri giornali e politici neri assieme ai vostri amici bianchi a volervi vedere morti sul campo, e io li accontenterò", una cosa del genere.»
Noi soldati ridacchiammo.
Lowe attese che tornasse il silenzio. «Erano tipi difficili, è vero, ma avevano lottato duro contro i tedeschi.»
«Combattevano come furie» disse Stone. «Soldati come quelli non ne ho più incontrati.»
Nathaniel Kelly, uno dei più giovani e immaturi, fece un gesto di disprezzo. Il sergente gli lanciò un'occhiataccia.
«Al loro arrivo» disse Lowe, «gli italiani li avevano accolti come eroi.»
«Soprattutto le italiane» disse il sergente.
«Le italiane sono belle, ma sono stupide» disse Nat, che non aveva mai visto un'italiana in vita sua.
«Non è questo, Nat» disse Lowe. «Vedi, quei soldati non solo avevano liberato il Paese, ma portavano con sé farina, zucchero, caffè, cioccolato. Sigarette. Roba che quella povera gente non vedeva da anni. E la regalavano.»
«D'altronde i Re Magi erano negri» disse Stone.
Tutti risero, tranne Nat.
«Anche ai ragazzi della Buffalo» disse Lowe, «l'Italia doveva sembrare un paradiso in terra. Un sergente di colore anni dopo ha detto: "Stavamo meglio in Italia che in Alabama".»
«Ci credo» disse Stone, «a parte la storia degli ebrei, gli italiani non erano veri razzisti.»
Lowe annuì. «Quando al posto degli americani siamo arrivati noi, dovevamo sembrargli dei poveracci, avevamo soltanto tè. Ci ubriacavamo, facevamo risse, eravamo proprio dei teppisti.»
Nat fece roteare un braccio e inneggiò una canzonetta.
«Chiudi il becco, Nat» disse Stone. «James, digli della scommessa, avanti.»
«Ci arrivo, Harry» disse Lowe. «Un attimo. Il fatto è, ragazzi, che la guerra aveva lasciato molte donne sole in Italia. I mariti erano morti. Grecia, Africa, Russia. E d'altra parte, i soldati della Buffalo avevano combattuto come diavoli e ora volevano divertirsi. Le italiane gli piacevano sopratutto perché erano bianche, e in America le bianche non potevano toccarle.»
«Impazzivano per le bionde» disse Stone, «tanto che le brune si tingevano.»
«Avranno fatto una strage» disse Hugh Priest.
«Si erano montati la testa» disse Stone. «Alcune volevano portarsele in America, potevano farlo, le avrebbero fatte diventare le loro mogli.»
«Giusto» disse Lowe, «e poi è arrivato Coffey.»
«Finalmente» disse il sergente, e scoppiò a ridere.
Noialtri lo fissammo.

Così fan tutteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora