Tutto in un attimo

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L'ultima cosa che aveva voglia di fare era scendere da quella roccia. Da lì, il suo sguardo poteva dominare – e ammirare – tutto l'ambiente circostante. Osservava il cielo, terso e privo di macchie bianche, diventare sempre più scuro, accompagnato da un sole rosso fuoco che gli scaldava il cuore e che, all'orizzonte, scendeva sempre più in basso. Era il momento di tornare nell'abitazione che gli era stata assegnata, un grande palazzo di cemento senza acqua né elettricità, dove viveva assieme ad altri uomini con il suo stesso "problema". Aveva già fatto amicizia con due giovani di Catania, uno di 20 anni e l'altro di 25: erano entrambi simpatici e molto carini – i capelli scuri e una carnagione mulatta che avrebbero fatto impazzire molti uomini e altrettante donne – ma nessuno dei due rientrava nei canoni del suo tipo ideale.

Se qualcuno gli avesse chiesto, in quel preciso istante, come si sentiva e quali emozioni provava, non avrebbe saputo cosa rispondere. Per cercare di dare una risposta si divertì a simulare, dentro di sé, un'intervista che pensava lo avrebbe aiutato a trovarla. Ma non fu così: nella sua mente, la sua bocca formulò una dozzina di risposte diverse, con il suo intervistatore immaginario impegnato in una scrittura nevrotica per poterle appuntare tutte.

«Cos'hai da ridere, Michele?» gli chiese il più giovane dei due ragazzi, notando il lieve sorriso che gli si era formato in viso.

«Pensieri...» si limitò a rispondere, liquidando di fatto la questione. «Ho bisogno di bere qualcosa – riprese dopo qualche secondo, allargando il suo sguardo anche agli altri uomini presenti per lasciar intendere che l'invito era rivolto a tutti – non viene nessuno?». La domanda uscì con un tono ibrido, tra il divertito e l'infastidito.

«Sai benissimo che uscire a quest'ora della sera non è una grande idea» la voce che pronunciò la frase arrivò dall'altra parte della sala, non permettendo a Michele di vedere bene il suo interlocutore. "Dal timbro della voce – pensò – sarà un mio coetaneo. Che cagasotto!"

«Be', io non ho di certo intenzione di passare la serata in questo buco merdoso. Se qualcuno cambia idea, mi trovate giù alla spiaggia» e se ne andò, senza dare a nessuno il tempo di controbattere.

Più si avvicinava al mare, più sentiva il vento aumentare di intensità, senza però mai essere invadente. Una piacevole brezza marina che gli accarezzava delicatamente il viso e gli entrava nella maglietta e nei pantaloni, rinfrescando ogni minima parte del suo corpo. Sempre più desideroso di beneficiare del contatto con la sabbia fresca, si dimenticò della sua voglia di bere e puntò dritto verso la spiaggia di Cala delle Arene. Si denudò i piedi e, finalmente, il fresco contatto con la sabbia. Camminava lento, gustandosi ogni minimo passo e il dolce sprofondare nella rena della quale non riusciva a distinguere la tonalità di marrone. Tutta intorno a sé, un'oscurità quasi totale, fatta eccezione per le flebili luci di paesi e città lontane, dei quali non conosceva nemmeno i nomi. Il mare era completamente mimetizzato nei colori della notte, un tutt'uno con il cielo, ed era meraviglioso ascoltare il rumore delle onde, un suono quasi cieco, senza una reale fonte di provenienza. Si sdraiò sulla sabbia con il cuore che trasudava felicità, una gioia che, però, durò pochissimi istanti.

«Che diavolo stai facendo?!» riuscì a dire Michele prima che colui che l'aveva bruscamente risvegliato gli mise una mano sulla bocca.

«Ti conviene stare zitto e ascoltarmi, prima che ti trovino e accada il peggio. Sei già stato segnalato e ti stanno cercando» e senza attendere risposta, l'uomo lo alzò di peso. A quel punto, Michele notò la divisa della polizia fascista. «Sbrigati. Conosco una strada alternativa per riportarti alla base senza essere notati» il suo modo di parlare da militare lo irritava sensibilmente. «Cammina davanti a me».

«Ehi! Fermatevi e voltatevi lentamente» urlò una voce profonda e ferma. Michele e il poliziotto si bloccarono di colpo, intimiditi da quel tono imperioso.

«Sto solo eseguendo gli ordini, signore – rispose la giovane recluta, voltandosi con lentezza prudente – riporto la femmenella alla sua base». Poi, accadde tutto in un attimo. Il comandante estrasse dalla fondina la pistola di ordinanza e, con sicurezza disarmante, sparò a colpo sicuro su Michele. In un batter d'occhio si ritrovò a terra, il suo sangue che, lento e inesorabile, scuriva la sabbia intorno alla sua figura.

«Erano questi gli ordini, giovane recluta» disse il comandante al ragazzo, impietrito dalla velocità con la quale tutto era accaduto. «Allora! Hai intenzione di fare notte?!» gridò poi spazientito. «Torniamo in caserma» e il poliziotto non poté fare altro che obbedire, dando un ultimo sguardo al corpo del ragazzo che si contorceva dal dolore. I suoi occhi si riempirono di lacrime, ma prima di aver raggiunto il suo superiore le aveva già ingoiate. Indossò una maschera di durezza ma, in cuor suo, era distrutto. 

Cuore al buioWhere stories live. Discover now