Li, dove tutto è cominciato

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Scusate l'interruzione, ma mi permetto di uscire – e farvi uscire – dalla narrazione, per tornare al presente, quantomeno al mio. Del mio passato infatti, e in realtà, non c'è più molto da dire. Dopo essere riuscito a sopravvivere ad una situazione alquanto complicata, nell'agosto del 1939, e aver avuto il privilegio di vedere la morte in faccia, la Seconda Guerra Mondiale mi ha regalato lo spiacevole onore di continuare a vederla nei volti dei miei conterranei: durante quei sei, lunghi anni, ho visto padri, madri e figli volare via in un soffio di vento e non scorderò mai i tuoni sordi delle bombe, quelli dei proiettili e le urla laceranti di chi, impotente, si è visto portar via le persone che amava. Fortunatamente, quello che per molti è stato un destino crudele e senza remore, con me si è comportato decisamente meglio. Dopo essermi risvegliato, in un letto d'ospedale, sono due i volti che hanno incrociato la mia vista ancora stanca e offuscata, i più belli che mi sarebbero mai potuti capitare: quello di mia madre, provato ma felice, e quello di Vittorio, con negli occhi la luce dell'amore.

Il 1939 è stato uno degli anni più duri della mia vita ma ora, credetemi sulla parola, a quasi quarant'anni di distanza posso tranquillamente affermare che non cambierei nulla di ciò che è stato. Perché se è vero che un momento di gioia è spesso accompagnato da uno altrettanto spiacevole, la mia vita è la prova inconfutabile che è vero anche il contrario. Gli anni successivi sono stati, senza ombra di dubbio, i migliori della mia vita.

La mia rinascita è cominciata nel giugno del 1945, quando io e Vittorio abbiamo deciso che le nostre vite sarebbero dovute rimanere unite per sempre; anche perché, i nostri cuori, lo erano già da tempo. E quale posto migliore, se non l'isola di San Domino: lì dove il nostro amore è cominciato, ha vissuto e vivrà per sempre, percepibile in ogni insenatura, angolo di strada, granello di sabbia, goccia di mare.

Ora siamo nel luglio del 1977 e, alla soglia dei 70 anni, ho capito che la mia vita è ormai giunta quasi al capolinea e, ve lo posso assicurare, il mio non è rimpianto, ma serenità. Anche se la mia omosessualità si è sempre rivelata un ostacolo per quell'istituzione chiamata Chiesa che afferma di rappresentare Dio e Gesù Cristo, dentro di me sono sempre stato un buon cristiano e, per questo, lascerò che la mia vita concluda il suo ciclo in maniera naturale. Nonostante questo non posso negare che, da un anno a questa parte, è sempre più viva in me la consapevolezza di non appartenere più a questo mondo. Sono sicuro che molti di voi capiranno: quando vivi gran parte della tua esistenza con la persona che ritieni essere la tua parte mancante è inevitabile, quando questa viene a mancare, sentirsi incompleti. È una di quelle cose che non si può spiegare a parole: ti ci ritrovi semplicemente dentro, quando meno te l'aspetti, e non puoi fare altro che accettarla.

Ricordate la lettera dedicata a San Domino?

Sono tre giorni, ormai, che continuo a leggerla e rileggerla, fino alla nausea. La settimana scorsa, durante la mia solita passeggiata pomeridiana, mi ritrovai di fronte al grande palazzo di cemento nel quale, quasi quarant'anni fa, era cominciato tutto. Entrare è stato davvero facile, dato che la porta d'ingresso principale non esiste più, sfondata probabilmente da qualche giovane testa calda dell'isola ostile al passato italiano fascista. Vedere l'enorme stanza dove tutti noi pederasti eravamo costretti a stare mi provocò una morsa al cuore, di rabbia sicuramente, ma anche di nostalgia. E fu in un angolo nascosto del locale che vidi la lettera, un pezzo di carta stropicciato e ingiallito dallo scorrere del tempo. Per un attimo, la mia povera testa da vecchio ha persino concepito l'idea che fosse stato Vittorio a farmela trovare, come a volermi ricordare la bellezza dei momenti passati insieme sull'isola, la nostra regina del bene, capace di farci dimenticare il vero motivo per cui eravamo li e che ci ha accettati e ospitati come nessun'altro avrebbe saputo fare.

È già passato un anno da quando Vittorio se n'è andato, ma il dolore non si colma, anzi: più passa il tempo, più la mancanza e il fatto di non averlo più accanto a me si fa insopportabile. Ma lui è vivo dentro di me, lo sento vicino e sono sicuro che, non so come e sotto quale forma, anche adesso respiriamo la stessa aria. E c'è una cosa che mi sono promesso: farò di tutto per vivere sereno quest'ultima parte della mia vita e, quando sarò pronto, tornerò da lui per riprendere da dove ci siamo interrotti.

Cuore al buioWhere stories live. Discover now