A mio rischio e pericolo

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Il poliziotto camminava dietro al suo superiore, cercando di mantenere sempre lo stesso passo per lasciare invariata la distanza che li separava. Aveva già vissuto situazioni simili e, ogni volta, si divertiva ad osservare la camminata dinoccolata e molleggiante del comandante, che gli ricordava i movimenti disarticolati dei burattini. Ma non quella volta. Il suo pensiero fisso era rivolto a Michele e da quando avevano lasciato la spiaggia, nella sua testa lampeggiava un'unica frase, insistente come l'insegna luminosa di un qualsiasi bar da quattro soldi:

Sarà vivo o morto?

Giunti in caserma, il comandante si disinteressò completamente del suo sottoposto. In un batter d'occhio, sparì dietro la porta del suo ufficio. Solo a quel punto, il poliziotto rilassò le spalle ed emise un lungo respiro, liberatorio, come se si fosse levato di dosso una pesante ed ingombrante armatura. Dover fingere indifferenza davanti ad un gesto così privo di umanità lo aveva stremato; dentro di sé, sentiva un marasma di emozioni forti e contrastanti aggrovigliarsi attorno al suo stomaco, dandogli l'impressione di essere a corto di fiato. La paura di svenire lo costrinse a muoversi lentamente, finché riuscì a raggiungere una serie di sedie che si trovavano a pochi passi da lui, all'interno di uno stanzino che fungeva da sala d'aspetto. Rimase seduto per alcuni istanti, durante i quali cercò di mettere momentaneamente da parte ogni pensiero per concentrarsi su sé stesso. Pian piano, il suo viso cominciò a riprendere sempre più colore e un lieve tepore si impadronì della sua pelle. Fu in quel momento che, come un lampo improvviso che taglia in due il cielo, gli ritorno alla mente l'immagine di Michele, agonizzante in una pozza di sangue. Aveva una paura tremenda ma, in cuor suo, sapeva già cosa avrebbe fatto. Si alzò lentamente e, cercando di sembrare il più naturale possibile, si diresse verso l'uscita. Fortunatamente, gli unici due colleghi che incrociò diedero l'impressione di non essersi nemmeno accorti di lui, intenti com'erano ad atteggiarsi mentre si scambiavano reciprocamente esperienze ed opinioni sulle proprie avventure in campo amoroso. E poi, da quando era stato costretto a trasferirsi li circa un anno prima, si era auto imposto di nascondere la sua vera natura pur di non dare confidenza agli altri poliziotti, orgogliosi al contrario suo di servire l'Italia e gli Italiani attraverso il matrimonio con la causa fascista. Per questo, si era sempre limitato a fare né più né meno che il suo dovere, cercando di evitare situazioni che avrebbero potuto risaltarne le qualità. Così facendo, era riuscito nell'intento di diventare semplicemente uno dei tanti. Non appena fu nuovamente fuori dal commissariato, la fresca aria marina che circondava l'isola entrò prepotentemente nelle sue narici e gli invase il petto: sorrise per un secondo fugace, pieno di forza nuova, per poi dirigersi a passo spedito verso la Cala delle Arene. In cuor suo, aleggiava un unico pensiero: ritrovare Michele vivo.

Nonostante avesse il silenzio e l'oscurità della notte dalla sua parte, il suo stato d'animo si faceva sempre più inquieto man mano che si avvicinava alla spiaggia. E quando in lontananza intravide labilmente la silhouette della Grotta dell'Arenile, preludio alla distesa di sabbia della Cala, il suo cuore lo avvertì della tensione facendosi incredibilmente pesante. Un'impercettibile goccia di sudore gli inumidì fastidiosamente la fronte e prima di riprendere a camminare fece un enorme sforzo per riappropriarsi di un respiro regolare.

«Michele...» lo chiamò sottovoce, col solo intento di rassicurarlo facendogli sentire la sua voce. La prima cosa che il giovane cercò di capire non appena di fianco al corpo fu l'origine della ferita. Per fortuna, l'unica pallottola sparata dal comandante si era conficcata all'altezza della clavicola, tra spalla e cuore. Pochi centimetri più in basso e sarebbe stata morte certa. Nonostante quel breve istante di sollievo, il poliziotto si impose di tornare alla realtà e ragionare lucidamente. Michele era ancora vivo ma privo di conoscenza e la tonalità diafana che aveva assunto il suo viso era una chiara conseguenza dell'abbondante perdita di sangue. D'istinto, il ragazzo si caricò in spalla il corpo di Michele, in un sforzo immane per essere il più delicato possibile, e si diresse verso una delle pareti rocciose ai lati della spiaggia. Li, avrebbero trovato un riparo momentaneo dallo sguardo di eventuali passanti, almeno finché non fosse riuscito a trovare una soluzione. Stremato, si lasciò crollare sulla rena morbida, si tolse la parte superiore della divisa, la appoggiò sul corpo di Michele e cominciò a pensare.    

Cuore al buioWhere stories live. Discover now