Scampato pericolo...

1 0 0
                                    


Vittorio era stremato. Una volta dentro l'auto, prese con delicatezza la testa di Michele e la appoggiò sopra le sue gambe. Dopo alcuni chilometri percorsi a velocità sostenuta, il Tenente rallentò, nel cuore la certezza di aver mancato per un soffio l'appuntamento con la morte. Per tutto il tragitto, da Termoli a Foggia, nessuno aprì bocca. I residui della paura per il pericolo appena scampato e l'adrenalina mantennero Vittorio sveglio per i primi istanti di viaggio. I suoi occhi fissavano immobili il corpo inerme di Michele, sempre più rigido e diafano. Col passare dei minuti si faceva sempre più netta la sensazione che, da un momento all'altro, sarebbe scomparso completamente, dissolto in un istante come un ologramma. Non appena la tensione calò, la testa di Vittorio si abbandonò naturalmente sul finestrino e i suoi occhi si chiusero, sopraffatti dalla stanchezza.

Circa 3 ore prima...

Le emozioni provate da Vittorio si mischiavano in un groviglio, confusamente amalgamate tra loro: da una parte, l'eccitazione di lasciare San Domino, dopo mesi di esilio forzato; dall'altra, la paura di ciò che avrebbe trovato. E quando, in lontananza, intravide le luci del porto di Termoli, il cuore gli balzò violentemente in gola e lo costrinse a sedersi, le gambe tremanti e incapaci di sostenerlo. Il Tenente e il poliziotto poterono ammirare la bellezza della città, ancora avvolta nel buio e sotto le coperte della notte. Giunti all'interno dello scalo marittimo, un ufficiale della Regia Marina si avvicinò circospetto al motoscafo, la potente luce di una torcia puntata insistentemente sui passeggeri. Ora, veniva il difficile...

«Chi siete?» chiese la guardia con voce severa. Quarta fece un cenno fugace a Vittorio, con il quale si incaricò ufficialmente di prendere in mano la situazione. Prima di rispondere, l'uomo della Marina scese dall'imbarcazione e si diresse verso il collega. La figura di Vittorio, invece, era avvolta dall'oscurità e se ne potevano intuire solo i contorni. Durante il breve dialogo tra i due militari, la situazione prese una brutta piega, all'improvviso. Il Tenente Quarta, girato di schiena, copriva il corpo del suo interlocutore ma Vittorio, che non poteva sentire la conversazione, percepì chiaramente il cambiamento repentino nell'espressione dell'ufficiale. A quel punto, prevalse l'istinto. Mentre l'uomo si avvicinava al motoscafo lasciando indietro Quarta, momentaneamente incapace di reagire, Vittorio si tolse immediatamente la parte superiore dell'uniforme e la infilò a Michele il più velocemente possibile.

«La prego, ci dia una mano – disse Vittorio cercando di mostrare un urgenza naturale – A San Domino è scoppiata una rissa con i pederasti ed uno di loro è riuscito a sottrarre la pistola a questo agente e a ferirlo». Fu la prima spiegazione plausibile che gli venne in mente. «La prego, ci dia un'auto per accompagnarlo all'Ospedale di Foggia. Gli resta poco tempo» il militare, seppur dubbioso, acconsentì e li aiuto a trasportare Michele all'interno dell'auto.

«Attendete qui. Chiedo conferma via radio ai colleghi sull'isola e vi lascio andare» i due risposero con un lieve cenno d'assenso. Dopo alcuni, infiniti minuti, l'uomo lasciò cadere la radiolina, abbandonò la stazione e prese a camminare nervosamente verso di loro. Poi, un colpo di pistola. In men che non si dica, l'ufficiale fascista cominciò a sparare a raffica contro il Tenente e Vittorio. Il rumore metallico dei proiettili che si infrangevano sull'auto ruppe il silenzio della notte e accompagnò la fuga dell'auto con sopra i tre uomini.

– – – – – – – – – – – – – – – –

Lo sguardo di Vittorio fotografò il panorama circostante a trecentosessanta gradi. Dopo aver scrupolosamente cercato nei cassetti della sua memoria, si rese conto di non aver mai visto quel posto. Allo stesso tempo, l'erba rigogliosa e un modesto rustico poco lontani da dove si trovava gli riportarono alla mente il luogo nel quale era nato e cresciuto. Spinto dalla curiosità e dalla nostalgia, l'uomo si diresse lentamente verso il casolare. Più si avvicinava, più l'aria era carica dell'olezzo pungente di fieno e animali da stalla. Un odore forte, che pizzicava le narici ma che Vittorio respirò a pieni polmoni, sopraffatto dalla mancanza della sua famiglia. Era l'odore di casa sua. Giunto di fronte alla porta d'entrata della proprietà, un silenzio quasi totale si impadronì dell'ambiente circostante. Una lieve brezza si alzò dalla terra e, aguzzando l'udito, riuscì a captare il leggero vociare proveniente dal retro dell'abitazione. Ebbe giusto il tempo di riconoscere la voce della madre e di alcuni suoi fratelli, quando una forza delicata ma decisa lo fece ciondolare in avanti, svegliandolo. Con gli occhi appesantiti e infastiditi dalla luce del sole, Vittorio si sforzò di guardare fuori dal finestrino per capire dove si trovasse e la vista di una grande struttura, color avorio sbiadito, lo riportò totalmente alla realtà. Era l'Ospedale "Colonnello D'Avanzo" di Foggia.  

Cuore al buioWhere stories live. Discover now