4. Il Tristo Roditore

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La nave stava imbarcando acqua con una velocità indomabile. Fuori la tempesta si stava placando, ma nella stiva ormai era tutto un vorticare di flutti. Gli uomini raccolsero le casse più leggere, che riuscivano a tenere con una sola mano, e si precipitarono sul ponte. Le scialuppe di salvataggio erano già state calate ed erano pronte ad accoglierli. La maggior parte del carico sarebbe andata perduta, potevano farci poco, ma nessuno sarebbe rimasto indietro, nessuna vita sarebbe stata sacrificata.

Nessuna vita umana, s'intende.

Ma lui non si occupava di umani, e dall'alto della sua postazione, lassù sulla coffa, poteva agilmente ignorarli. Il motivo per cui era lì si trovava infatti più giù, nelle stive, dove il cibo necessario al viaggio era stipato in casse e barili. E dove ormai l'acqua aveva ricoperto tutto.

Era una scena già vista, praticamente non si era mai perso un naufragio. Del resto i topi adoravano il cibo facile, e cosa c'era meglio di un locale isolato, stracolmo d'ogni bontà? Peccato non sapessero muovere le zampe con la stessa velocità con cui muovevano le mandibole, altrimenti sarebbero stati nuotatori eccezionali.

Il Tristo Roditore si mise in posizione eretta e strinse la sua piccola falce con decisione. Dal cappuccio spuntava solo la punta del suo muso ossuto, il cui aspetto sinistro era aumentato dagli incisivi, che parevano smisurati senza una pelliccia. Non che la cosa lo preoccupasse, del resto non doveva essere carino, ma efficace. E lui, in effetti, era tra i migliori; nessuno sapeva gestire le situazioni di crisi altrettanto bene. Come, ad esempio, un'intera colonia di topi affogati in alto mare.

Il primo apparve al suo fianco quando ancora gli umani non avevano staccato le scialuppe.

«Lo sapevo, la nave era una pessima idea» squittì scrollandosi di dosso acqua che ormai non c'era più.

«Non prendertela, sono cose che succedono» minimizzò il Tristo Roditore.

«Aspettiamo gli altri?» Non fece neppure in tempo a terminare lo squittio che due affannati topi apparvero al suo fianco.

«Sì, aspettiamo tutti» confermò il Tristo Roditore, senza in realtà tradire la benché minima traccia di rammarico.

«L'avevo detto io...» mostrò invece il suo disappunto il primo topo.

L'attesa non fu lunga: rapidamente la coffa e l'albero di maestra di affollarono di agitate anime di roditori che l'esperto traghettatore controllò con grande fermezza: «Signori, vi prego, state fermi e in buon ordine. Non preoccupatevi se la nave affonda, siete puro spirito e ormai l'acqua non può nuocervi».

In effetti il veliero si stava rapidamente inabissando, la coffa e pochi alberi erano tutto ciò che restava alla luce delle stelle. Ma nessuno degli sfortunati topi si lasciò intimorire, attesero in buon ordine che i più tenaci di loro cedessero al freddo e alla fatica. E, quando tutta la colonia fu infine riunita, si lasciarono guidare dal Tristo Roditore.

«State sereni, faremo in un attimo» li confortò accompagnandoli verso la luce.

*

Lasciato al suo destino l'ultimo gruppo, il Tristo Roditore si abbandonò a un momento di ristoro, nell'area caffè del Settimo Cielo. Era un mestiere che in realtà di riposo non ne lasciava, ma possedere il dono dell'ubiquità ed esistere al di fuori dello Spazio e del Tempo, erano vantaggi che permettevano il lusso di un mocaccino ogni tanto. Non troppo spesso, era chiaro, ma comunque a sufficienza da non sentire lo stress di un lavoro tanto logorante.

«Due zollette, giusto?»

Non si era nemmeno accorto che il distributore era già occupato. Sollevò il cappuccio per vedere il volto del collega e non si stupì affatto d'incrociare gli occhi celesti di Serafino.

«Hai buona memoria.»

«Fatto qualche straordinario?» gli chiese porgendogli la tazza.

«No, solo una normale amministrazione un po' più normale del solito. Con i roditori non si rischiano straordinari» sottolineò, nonostante fosse certo che Serafino conoscesse bene le procedure.

«Già, vero, nessun libero arbitrio, ogni limite ben delineato...»

Il Tristo Roditore iniziò a sorseggiare la bevanda, che scivolò tra le sue ossa ed evaporò prima di toccare il suolo. Ovviamente non poteva sentirne il sapore, ma la ritualità del gesto lo rilassava. Una ritualità che la presenza di Serafino, seppur educata e misurata, stava incrinando. Una presenza che, con tutta evidenza, non era affatto casuale.

«Lui come sta?» buttò la domanda tra un sorso e l'altro.

Serafino si aggiustò un ciuffo di capelli già in perfetto ordine: «Indaffarato, come sempre».

«Chi non lo è...»

«Già, servirebbe una pausa un po' più lunga» ribatté, agitando il liquido scuro dentro la tazza che si era appena preparato.

«Bah, sì, forse» sbottò il Tristo Roditore. «Anche se non saprei come impiegarlo quel tempo.»

«Ma tutti hanno bisogno di riposo, anche l'Uno in fondo...»

«Sì, ma la morte è un'altra cosa, mica se ne può andare in vacanza!» rise, convinto d'aver detto un'assurdità.

Gli occhi di Serafino lo fissarono con un'intensità tale che parvero virare verso il viola. Non stava affatto ridendo.

«Stai davvero cercando di convincermi a mettermi in pantofole e prendere il sole su una spiaggia?»

«Non tu. E non abbiamo avuto bisogno di convincerla.»

Il Tristo Roditore trangugiò d'un sorso quello che restava del mocaccino, senza mai togliere le sue orbite dagli occhi dell'altro.

«È che c'è questo stregone...» balbettò Serafino.

«Non devi giustificarti, devi spiegarmi cosa vuole da me.»

«Che tu sostituisca Morte per... un po'.»

Ci fu un silenzio interrotto solo dallo sfregare nervoso di due piccole mascelle.

«Tu sei il migliore sui grandi numeri, non te ne accorgerai neppure.»

«A loro non piacerà, odiano i topi.»

«Loro saranno troppo impegnati a essere morti, non ci baderanno neanche» tagliò corto il segretario dell'Uno.

Il Tristo Roditore si risollevò il cappuccio: «Stiamo creando un pericoloso precedente, ve ne rendete conto, vero?»

«Stai tranquillo, sarà solo per questa volta.»

Quando la Morte è in vacanzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora