8. L'assassino

647 108 6
                                    


L'Uno appoggiò i gomiti sull'immensa scrivania, congiungendo le mani come in preghiera, avvicinò le dita alla bocca e chiuse gli occhi, in un gesto di profonda meditazione.

Morte si accese una sigaretta, sebbene sapesse quanto quel vizio lo infastidisse.

«Non posso» disse l'Uno, scuotendo lievemente la testa.

«Non può neppure permettersi di perdere altri distacchi, Signore» replicò Morte.

L'Uno si alzò e, con lo sguardo fisso a terra, cominciò a percorrere il perimetro della stanza, tra volute di fumo che perdevano consistenza al suo passaggio. Pareva un imputato in attesa di giudizio.

«Una sola volta, Signore, non mi pare una richiesta eccessiva» insistette Morte, con la sicurezza di chi aveva il coltello dalla parte del manico.

In realtà all'Uno sarebbe bastato uno schiocco di dita e un po' di pirotecnico fuoco divino per imporre il proprio volere alla sua creatura, ma democrazia e condivisione erano due capisaldi del suo pensiero.

«Saremmo costretti a ritessere la Trama.»

«Le nonnine sono veloci a sferruzzare» rispose, con una tracotanza che neppure lei pensava di avere. «E poi non è così diverso da ciò che facciamo ogni volta che sono gli uomini ad interferire con il Destino.»

«È diverso...»

«In che misura?»

Effettivamente non lo era poi molto, ma l'Uno provava un certo fastidio ad ammetterlo. Forse perché implicitamente era come riconoscere che in Morte c'era più umanità di quanta lui stesso ne avesse prevista.

«E hai già pensato con chi utilizzarla?» disse, cercando di cambiare tattica.

«Sto valutando alcune opzioni...»

«Alcune? E secondo quale criterio ne prediligerai uno per condannare gli altri?»

«Il tempo passa, Signore, non penso sia il caso di sprecarlo in giochetti.»

«Il tempo è relativo.»

«Ultimamente anche la morte» rispose lei sbuffando cerchi di fumo dalla geometria perfetta.

L'Uno tornò dietro la scrivania e affondò le mani nella morbidezza della poltrona. Aveva lo sguardo di chi si trova senza alternative, ma non voleva cedere.

«Perché?»

«Perché... cosa, Signore?»

«Perché stai pretendendo questo?»

Morte credette d'intuire i dubbi del suo creatore. «Non è per il potere, se è quello che teme.»

«Non lo temo.»

«E allora di cosa ha paura?»

L'Uno guardò Morte nelle orbite vuote, così incredibilmente espressive.

«Temo che potrebbe piacerti.»

*

Plelio Allietante poggiò le spalle al muro e riprese fiato. La guardia aveva perso le sue tracce parecchi isolati prima, ma lui aveva continuato a correre, spinto soprattutto dalla paura. Ricordava alcune leggende che raccontavano di chierici oscuri capaci di risvegliare i morti, ma erano storie di tempi remoti e comunque erano morti che tornavano in vita, non vivi che si rifiutavano di morire.

Quale sortilegio poteva aver colpito due persone così diverse? La sua mente brillante cominciò a generare in fretta alcune teorie e per dimostrarne una estrasse lo stiletto di riserva dallo stivale e si avvicinò a un ubriaco che ronfava sul retro di una locanda. Gli conficcò la lama nella gola e dalla ferita non uscì una sola stilla di sangue. L'uomo si limitò a gorgogliare un insulto, per poi voltarsi sul fianco opposto.

Colto da folle intuizione, Plelio si piantò quella stessa lama nel fegato. Il dolore fu lancinante, salì dal fianco per fulminargli il cervello come la puntura di mille vespe. Ma quando quell'orribile sensazione di nausea cerebrale si placò, poté verificare come solo un leggero rivolo di sangue bagnava la sua ferita, in realtà poco più d'un graffio.

L'iniziale euforia per l'incredibile scoperta fu subito soffocata da una constatazione molto più materialistica: se davvero erano diventati tutti immortali, come avrebbe tirato a campare?

Si accasciò sul selciato e punzecchiò a morte l'ubriaco ancora due o tre volte, mentre cercava di riordinare le idee. Quello lo scacciò come fosse una mosca.

Decise allora di affrontare il problema come sempre quando pareva non esserci via d'uscita: entrò nella locanda e ordinò una pinta di birra.

«Che succede amico, sembri uno che ha visto la morte in faccia» lo apostrofò l'oste, che per contratto era obbligato a incentivare gli sfoghi degli avventori.

«Magari. Ma da stasera la morte non è più di questo mondo.»

L'oste lo fissò con occhi vuoti: non aveva capito una parola, ma la sua parte l'aveva fatta. Si limitò a fare spallucce e a servirgli l'ordinazione.

«Cosa intendi?» approfondì invece l'uomo seduto al suo fianco.

Era un tipo buffo, pesantemente strabico e con un'aria spelacchiata e raffazzonata che dava alla sua faccia l'aspetto d'un cencio strizzato.

«Intendo che da oggi siamo disoccupati» rispose Plelio, che guardandolo aveva deciso fosse un beccamorto.

«Impossibile! E perché?» rispose quello, con un ghigno da assassino.

Plelio si scolò la birra d'un fiato. «Perché da stasera siamo tutti immortali.»

«Tutti?» l'altro non trattenne un sussulto.

«Tutti.»

«Spiegati meglio» insistette, ordinandogli una seconda pinta.


Quando Plelio si riprese dalla sbornia, svariate ore dopo, si ritrovò in un'angusta stanza circolare. Sembrava il sotterraneo di una torre, data la totale assenza di finestre o feritoie. Cercò di fare ordine tra i suoi ricordi: era forse stato arrestato? L'essere incatenato alle pareti poteva in effetti confermarlo.

C'era anche quel beccamorto della locanda, che forse a ben vedere era un gendarme. Ma stava recitando una qualche strana litania. Che fosse un prete?

Provò a chiederlo, ma un capogiro lo colse.

Subito dopo quello imprecò furioso: «Lo sapevo, un incantesimo sprecato!» sbottò sbattendo la porta.

Solo allora Plelio vide l'altro prigioniero incatenato vicino a lui: un vecchio forse ultracentenario, già cadavere.

Anche alla sua destra c'era qualcuno, una figura incappucciata, che si reggeva in modo lugubre a una lunga falce.

Lo sguardo di Plelio rimbalzò confuso ancora un paio di volte dal cadavere dell'unico prigioniero alla figura nell'ombra, passando per le proprie mani ora libere da catene, ma vaghe come nebbia.

«Tu...» balbettò infine.

Morte annuì.

«Io?» chiese, indicando il corpo del vecchio.

Morte annuì nuovamente.

«Ma non eri...»

«Una piccola vacanza» confermò mostrandogli la luce.

Quando la Morte è in vacanzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora