6. Il Traghettatore

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Il vecchio affondò nell'acqua viscida lo spesso bastone, per oltre la metà della sua lunghezza, e spinse, compiendo un gesto solo all'apparenza faticoso. In realtà poteva anche evitarlo: gli bastava il pensiero per governare la barca. Ma trovava rilassante la monotonia di quel movimento. E poi aveva bisogno del bastone anche per altro.

Aveva appena abbandonato l'ultimo carico e si apprestava a compiere l'ennesima traversata su quel languido tappeto d'acqua. Per consuetudine lo chiamavano fiume, ma in effetti, non avendo né foce né sorgente, la definizione gli andava stretta. La fissità delle correnti lasciava più pensare a un lago, ma anche questa era una descrizione inesatta, poiché le due sponde correvano parallele all'infinito, senza mai toccarsi. Usciva, a ben vedere, da ogni possibile definizione umana, come del resto molto di ciò che era nei Regni dell'Uno, ma ciò nonostante per i più restava il fiume Purgatorio.

O anche solo Purgatorio.

Il vecchio che governava il malconcio traghetto aveva l'aspetto trasandato di un solitario lupo di mare: la barba ispida e ingiallita dal tabacco contrastava con la pelle scura arsa da un sole perenne; gli occhi erano di ghiaccio, piccoli, infossati, persi sotto la ragnatela di capelli che gli cadevano sul volto da sotto un cappellaccio a tesa larga, ma erano occhi penetranti come pugnali, e li sentivi insinuarsi dentro, freddi e taglienti.

Del resto era per quello che l'Uno l'aveva messo su quella barca.

Gli essere umani, durante la loro storia, gli avevano affibbiato diversi nomi e svariate identità, ma per tutti lì era semplicemente il Traghettatore.

Quando il battello fu sufficientemente vicino alla sponda buia, così definiva quella di partenza, da poter distinguere i contorni dei nuovi arrivati, il vecchio scorse la figura del Tristo Roditore impegnata in una veemente discussione con una delle anime appena giunte.

«Continua a non capire, io sono il Marchese Borghezio Salieri di Castelfermana, Gran Console dell'Impero e medaglia...»

«È lei marchese che si ostina a non capire» lo interruppe il Tristo Roditore, sbuffando.

«No, figliolo, io pretendo che mi sia portato il rispetto che merito.»

«Salga sulla barca e una volta dall'altra parte riceverà ciò che merita».

Il marchese provò a obiettare ancora, ma la possente voce del Traghettatore venne a zittire ogni brusio: «Salite, si parte».

Formando una fila ordinata, gli spiriti s'incamminarono sul molo. I primi furono i piccoli animali, seguiti in buon ordine da tutti quadrupedi; gli uccelli, sebbene potessero attraversare in volo, si appollaiarono a prua; i bipedi si mostrarono i più titubanti; gli uomini, come sempre, chiusero la fila. Ultimo il marchese Borghezio, che non si dava pace per quello squallido viaggio poco degno del suo rango.

Nel frattempo il Traghettatore era sceso a sgranchirsi le giunture e a controllare i fogli di consegna. «Ehi, vecchio mio, sembri a pezzi» disse dando un'incoraggiante pacca sulla spalla al Tristo Roditore.

«Mi stanno facendo impazzire! Ce ne fosse uno con cui non devo discutere: tra scene isteriche, rifiuto della realtà, assurde pretese di benevolenza e straordinari, sto per perdere il senso della misura. Fra poco anch'io avrò bisogno d'una vacanza.»

«Vieni, fai un giro in barca, vedrai, svagarti un po' ti farà bene.»

Il Tristo Roditore pensò alla montagna di anime che ancora doveva recuperare, ma con un'alzata di spalle salì sul battello e si portò a poppa dove il Traghettatore lo raggiunse. Con un paio di spinte furono in mezzo ai flutti, la costa già lontana e persa in una vaga bruma.

«Mi scusi, capitano, mi scusi» la voce del marchese tornò a farsi sentire.

Il Tristo Roditore crollò il capo, mentre il Traghettatore non parve perdere la sua serenità, limitandosi a dare un'occhiata più profonda al fastidioso passeggero. Poi, quando gli fu a tiro, lo gettò in acqua con un colpo di bastone.

Tra lo sgomento degli altri spiriti la risata del Tristo Roditore spiccò cristallina. «E adesso, lo lasci lì?» chiese vedendo il marchese annaspare nelle acque viscose.

«Certo, deve purgare. Se lo merita, arriverà dall'altra parte a nuoto, altrimenti finirà... sotto!»

«Dunque sei tu che fai il lavoro sporco. Non lo sapevo.»

«Perché con gli animali non serve. È da quando ci sono qui loro che l'Uno mi ha chiesto d'occuparmene» e con noncuranza spinse fuoribordo lo spirito di un corpulento mercante.

«Già, gli uomini non fanno che creare guai. Avevo sempre invidiato Morte, pensavo che avesse poco lavoro rispetto a quello che faccio io... o che fanno gli altri. Ma ora che li ho conosciuti da vicino...»

«Con loro l'Uno s'è superato, non si può negare, ma...»

«Il libero arbitrio è pura follia. Tu lo sai che mi cambiano le liste dei prelievi? Quel loro maledetto libero arbitro influenza le Trame del Destino e mi ritrovo straordinari da fare in continuazione.»

«Lo so bene, quelle liste arrivano anche a me» commentò il Traghettatore spingendo in acqua un'altra anima.

«Ma sono io che devo saltare a destra e a manca per recuperarli. Quando si lasciano recuperare. Alcuni mi tocca lasciarli lì, non so che altro fare. Perché poi ho sempre il mio lavoro, chi ci pensa ai roditori altrimenti?»

«Brutto affare» commentò il Traghettatore scaracchiando nel fiume. «Ma Morte quando torna?»

«Presto spero, non so quanto ancora posso reggere questo ritmo. Se va avanti così prima o poi rischio di saltare un ritiro.»

«Questo non deve accadere, senza di voi non ci sarebbe il distacco» disse il vecchio senza nascondere la sua preoccupazione.

«Lo so, lo so...»

«Forse dovresti parlargliene.»

«Forse...» Il Tristo Roditore fissò pensieroso l'anima d'un vagabondo che per abitudine, durante il distacco, aveva cercato di catturarlo e farne la sua cena. «Quello lo tieni?»

«Pensavo. Ma se ti fa piacere» disse sollevandolo con il bastone e lanciandolo vicino alla sponda bianca.

«Il tuo sì che è un bel lavoro» concluse il Tristo Roditore.

Quando la Morte è in vacanzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora