Capitolo 20 - Scelte

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"Cazzo" Le scappò. Non sapeva come prendere questa nuova informazione. Il fatto che Jason fosse rimasto da lei così tanto senza che lei si svegliasse era a dir poco inquietante. E la strage che aveva da poco finito di compiere sicuramente non indorava la pillola.

Però c'era da dire che stavano tutti bene, in casa era tutto in ordine – eccetto le telecamere ovviamente – e lei aveva di nuovo la sua collana. Probabilmente Jason era solo curioso, del resto non era da tutti fare quello che aveva fatto lei, e magari voleva osservarla più da vicino senza che lei se la desse a gambe come l'altro giorno al lago.

Jasmine rimase qualche minuto a fissare lo schermo, ancora fisso sul frame di Jason che si allontanava, considerando il da farsi. Aveva deciso di non cancellare i video, dato che il sistema ci avrebbe pensato in automatico, ma di salvarli comunque per ogni evenienza. Quindi aggiunse gli ultimi che aveva visionato a quelli già in download sul suo hard-disk.

Ora bisognava capire se dirlo ai suoi o meno, riconsiderando tutto per l'ennesima volta. Se avesse parlato con sua madre e suo padre, le accuse sul fatto che stava mettendo tutti in pericolo sarebbero sicuramente saltate fuori. E pur non essendo quella la sua intenzione, non poteva neanche dar loro torto per essere preoccupati. Ma se avesse confessato loro tutto, o per lo meno che aveva le prove dell'esistenza di Jason, la loro preoccupazione si sarebbe trasformata in paura, e questo li avrebbe sicuramente portati a chiamare la polizia, e sicuramente Jason non avrebbe appezzato la cosa. Sempre che la polizia decidesse di dare loro ascolto e non prenderli per suggestionati.

Jasmine non potè fare a meno di pensare a quale potesse essere la reazione di Mike nel caso si fosse scoperto che aveva armato Jason, aveva taciuto sui suoi avvistamenti e soprattutto sulla "sparizione" delle due ragazze. Era testimone di un duplice omicidio e non lo aveva detto a nessuno, e la cosa la stava divorando da dentro. Un sacco di persone erano morte, che pur avendo sbagliato non meritavano quella fine. La realtà è ben diversa dalla fantasia. Il mal di testa aumentò ancora. "Merda" Sbuffò.

Non ne andava affatto fiera, ma aveva promesso ai suoi che non avrebbe causato problemi e dover dare una testimonianza del genere a pochi giorni dal loro trasferimento in città li avrebbe sicuramente creati.

Si alzò e, continuando a rimuginare, si mise a gironzolare nervosamente per tutto il piano terra. Finn le andò dietro per un po', preoccupato, ma poi vedendo che non si fermava, né faceva altro, tornò a sdraiarsi sul divano.

"No, non posso dir loro nulla. Se dovessero chiamare la polizia, e quelli venissero a controllare in giro, Jason potrebbe vederli come un disturbo, magari qualcuno potrebbe restarci secco e sarebbe colpa mia. No, non devono sapere niente di questa storia, sospettano già fin troppo." Questa fu la conclusione a cui giunse, ma non smise di camminare. "Però forse dovrei dirlo almeno ai ragazzi, per sicurezza. Sanno già più dei miei e la pensiamo tutti allo stesso modo su Jason. Sono certa che loro capiranno...o almeno spero."

Finalmente decise di fermarsi e andarsi a sedere sulla poltrona. Finn si era stravaccato a pancia in su e non voleva disturbarlo, anche se si sarebbe distesa volentieri anche lei. "Sì, racconterò tutto ai ragazzi, se dovesse succedere qualcosa almeno qualcuno sarebbe informato."

Dopo qualche altro minuto, andò in bagno a prendere una pillola per il mal di testa, poi in cucina a mandarla giù con un bicchiere di succo d'arancia e, prima di andare in camera sua ad aspettare di sentirsi meglio, nello studio a recuperare l'hard-disk con i filmati e a risistemare tutto come se lei non fosse mai entrata lì dentro. Una volta nella sua stanza, non potè fare a meno di affacciarsi alla finestra e controllare nuovamente i dintorni, ma senza adocchiare nulla di importante. Quindi si levò le scarpe e si distese sul suo letto, con tutti i vestiti e senza spostare la coperta. Non passò molto che si addormentò.

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