Capitolo 4

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Mi svegliai di colpo.
Il buio mi avvolgeva imperterrito e senza pietà.
Provai ad alzarmi, ma solo li notai i miei polsi e le mie caviglie legate.
Inizialmente mi agitai e provai subito cercai di liberarmi, ma il suono delle cinghie e delle catene fecero morire le mie poche speranze.

Ero sdraiato, con le gambe aperte e le braccia agli angoli di quella che sembrava essere una piattaforma molto rigida e scomoda.
Molto probabilmente ero legato ad X e ciò non favoriva di certo la mia possibilità di liberarmi nonostante i mille tentativi disperati.

Chiusi gli occhi sentendoli stra colmi di lacrime.
Non volevo piangere e giurai su qualsiasi cosa che non mi sarei piegato nemmeno una volta. Giurai che mi sarei ribellato a tutte le loro perversioni e ad ogni tortura che mi avrebbero inflitto.

Se dovevo morire, l'avrei fatto con dignità. Senza pregare nessuno, senza piangere.

Provai a parlare, giusto per vedere se qualcuno mi sentisse, ma di nuovo mi accorsi solo in quell'istante di avere dello scotch a impedirmi di pronunciare anche solo una vocale.
La cosa mi fece salire un pizzico di ansia e la disperazione che aveva già impossessato il corpo, iniziò ad avvampare.
Cercai ugualmente di rimanere composto.

Continuai a muovermi provando di liberarmi o spezzare in qualche modo le cinghie. Ovviamente non ci riuscì, ma attirai l'attenzione di qualcuno.
Mi fermai appena sentì una porta aprirsi e chiudersi. Successivamente dei passi silenziosi iniziarono a scendere delle scale che cigolavano rumorosamente. Lo sentì perfino muoversi in giro per la stanza in cui ero, anche se potevo scommettere che non era troppo grande quel posto. Potevo percepire l'odore nauseante dell'umidità circostante.

D'un tratto, la luce si accese accecandomi e i miei occhi lacrimarono per il bruciore dovuto dalla luce improvvisa.
Sospirai di sollievo, pensando che almeno non avrebbero capito che le lacrime c'erano già da prima.

Poi, delle voci mi fecero girare.
Non ero solo in quella stanza.

«Piccoletto, stai ancora frignando?» si avvicinò ad un ragazzo che aveva un non so cosa di familiare.
Non riuscivo a riconoscerlo. Era seduto con le mani legate dietro la schiena e una catena sulla caviglia destra che gli impediva di scappare.
Al suo fianco, invece, c'era una ragazza visibilmente molto più grande. Era anche bella.
Bionda, occhi verdi, lentiggini e magra. Anche lei sembrava familiare, anche se probabilmente mi sbagliavo.

«Allora? Non rispondi piccoletto?» quell'uomo si abbassò a terra e iniziò ad accarezzargli i capelli dolcemente. Potevo vederlo tremare, nonostante ero dall'altra parte della stanza che a differenza di quello che pensavo, era enorme.
«Quando ti faccio una domanda, devi rispondere!» Questa volta fu rude sia col tono di voce e sia nei movimenti, perché gli tirò i capelli per fargli alzare la testa.

Cercai di guardare meglio quel ragazzino e appena lo riconobbi sgranai gli occhi.

Quello è Manuel, il moccioso che fino a qualche mese fa bullizzavo a scuola. Poi era sparito, ma pensavo che si fosse solo ritirato e che avrebbe cambiato scuola. Ero a conoscenza della sua media scolastica e faceva abbastanza schifo.

Ma un momento.
La ragazza della palestra mi aveva detto che suo cugino e sua sorella erano stati presi dai Ridley e da Lee.
Quindi se adesso che hanno preso anche me e ci sono ancora il moccioso e la biondina, significa che loro sono le persone di cui mi aveva parlato la segretaria e che dava per morti.

Facendo un ragionamento egoistico, questo significava che non mi avrebbero ucciso. Ma perché avere tre persone qui? Ero sicuro che ne prendessero solo una alla volta.

In tutto ciò, non mi accorsi che Kevin aveva preso a schiaffeggiare Manuel, mentre lui piangeva a singhiozzi e cercava di sfuggire inutilmente, dai colpi che riceveva.

RibelleWhere stories live. Discover now