Capitolo 7

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2 giorni dopo:

Erano passati due giorni.
Due giorni che non mi davano una tregua.
Due giorni che ogni due ore venivano e mi torturavano senza un motivo apparente.
Un'ora mi torturava Noah, un'ora Michael e un'ora Kevin.
La cosa divertente è che Noah non sapeva nulla di suo padre e del suo complice.
Ogni volta che tornavano, in caso dormivo mi svegliavano col taser o con un pugno e poi la solita affermazione da parte di Noah: "Firma il foglio".

Come se la mia vita valesse una stupida firma.

In questi giorni avevo capito una cosa.
Le torture di Michael erano le più pesanti, mentre quelle di Kevin erano decisamente più leggere. A volte c'erano dei momenti in cui venivano insieme e il mio corpo non riusciva a sopportare nulla di quello che mi facevano. La testa iniziava a girare vorticosamente e successivamente cedevo.
Non so se loro si fermavano dopo che svenivo, ma lo speravo e lo spero vivamente.

Non possono essere così tanto pazzi, vero?

Noah, invece, si ferma.
Non capisco il perché e non capisco fino a che punto si spingerebbe.
Appena urlo più forte del solito, si blocca e va via senza dire una sola parola, ma non mi dispiaceva perché se ne andava proprio quando non riuscivo più a trattenere le lacrime. Fortunatamente, non mi avevo mai pianto davanti a loro.
In ogni caso, non vengono mai in un ordine preciso, a volte sembra quasi che si scambiano anche se sono convinto che Noah non sappia delle torture che mi infliggono Kevin e Michael.

Erano anche giorni che non facevo un pasto, ma non sembrava che a loro importasse.
Il mio corpo era visibilmente dimagrito e per di più ero privo di forze, proprio perché non mangiavo da almeno cinque giorni.
I bisogni li facevo in un secchio che mi avevano messo a disposizione e per fortuna avevano iniziato a lasciarmi libero in quella stanza, ma forse perché non ho la forza di camminare o tentare di scappare.

Non riesco neanche a stare in piedi, figuriamoci se potevo provare a fuggire.

Oltre questo, avevano aggiunto un materasso su cui dormire e una coperta con cui potevo provare a scaldarmi un minimo, anche se serviva a poco. Sapevo, però, che dovevo tentare di scaldarmi e dormire più che potevo, perché solo così avrei potuto cercare di recuperare abbastanza forze da alzarmi e scappare, provando a cogliere il momento più opportuno.
Nel mentre, stavo studiando i loro comportamenti e anche se era prematuro tentare una fuga così presto, volevo farlo. Mi ero promesso che l'avrei fatto ugualmente, perché nelle peggiori delle ipotesi, al massimo, mi avrebbero ripreso e ucciso.

La morte non mi spaventava più.

In questo momento, ero sotto le mani malvagie e sadiche di Michael.
Mi aveva legato i polsi ad una catena che pendeva dal soffitto e mi frustava come se fosse una cosa normale.
Potevo sentire il sangue che scivolava lungo la mia schiena, mentre sul suo volto c'era stampato un ghigno sadico che avrebbe fatto paura anche alla persona più coraggiosa di questo mondo.
Io, in tutto ciò, cercavo di trattenere le urla che mi stava procurava la frusta ad ogni frustata. Ero quasi sull'orlo di piangere. Ad ogni colpo, il dolore era sempre più intenso e insopportabile. Sentivo la mia pelle lacerarsi e aprirsi senza pietà e anche se era una domanda stupida e a cui la risposta era ovvia,  mi continuavo a chiedere se un minimo di umanità, questo mostro, ce l'avesse.

«Piccolo, vorrei sentirti urlare» si avvicinò toccando i segni che mi aveva lasciato quella maledetta frusta «N-No» balbettai gemendo «Va bene, allora vediamo quanto resisti» iniziò a ridere senza un motivo apparente e schiacciò un dito in una delle tante ferite che mi aveva procurato.
Chiusi gli occhi più forte che potevo e trattenni il respiro. Anche se stava solo premendo contro le mie carni aperte, la sensazione era terrificante.
Bruciava più di quanto potessi immaginare e lui era al dir poco divertito. «Un piccolo osso duro, vero?» finalmente allontanò la mano dalla mia schiena. Era visibilmente infastidito. «Per una volta che mio figlio non c'era e potevo farti quello che volevo, tu non mi soddisfi e non urli» tirò uno schiaffo sulle mie ferite e anche se non ci aveva messo troppa forza, mi mozzò il fiato.

RibelleWhere stories live. Discover now