Capitolo 10 - pt 2

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Inizio seconda parte

Decisi di andare a prendere del cibo, altri vestiti e qualcosa per la notte, perché ebbi la brillante idea di dormire con lui, per assicurarmi che nessuno potesse toccarlo mentre io dormivo.
Salì su. Ignorai mio padre che era  ancora preso dall'ira.
Andai velocemente in cucina e presi un vassoio, ci misi sopra una bottiglia d'acqua, della pasta avanzata, un bicchiere di macedonia e delle posate.

Afferrai il vassoio e andai dritto in camera mia, dove c'era ancora Manuel.
«Hey» gli sorrisi chiudendo la porta dietro di me «Stanotte dormo sotto con JJ, se vuoi puoi approfittare della mia camera e dormire qui» dissi posando il cabaret che avevo in mano sul comò. «Posso dormire anch'io con voi?» domandò.

Per un attimo mi chiesi il motivo per cui non avesse chiesto la spiegazione per cui avessi deciso di dormire giù. Ma potevo immaginare cosa stava frullando nella sua mente a causa della sua espressione. Perciò annuì.
La paura nei miei confronti era apparentemente diminuita, ma quella verso Michael e Kevin no.

Presi dei vestiti a caso nel mio armadio e mi girai verso il più piccolo «Prendi tu il vassoio?» andai alla porta e lui annuendo velocemente si sbrigò a seguirmi.
Corsi a orecchie sorde nello scantinato. Dovevo rimanere rigido e autoritario davanti a quei due e al momento solo questo atteggiamento poteva aiutarmi.

Il documento originale che dovevo far firmare a Joshua era ancora lì, quindi non dovevo preoccuparmi di prenderlo dal mio ufficio. 

Pensai.
Scesi le scale e aprì subito la porta, chiudendola qualche istante dopo che Manuel entrò dietro di me.

Posai il tutto su un tavolino lì in disparte.
«Quello puoi posarlo lì» indicai lo stesso tavolo su cui appoggiai i vestiti.
Mi avvicinai a JJ che era visibilmente stremato. Respirava a fatica, mentre il suo corpo era in preda agli spasmi.
Lo liberai, facendo attenzione che non cadesse a terra come un sacco di patate.

Provai ad essere il più delicato possibile e lo presi in braccio a mò di sposa.
Mi avvicinai al materasso li atterra e ce lo misi sopra, provando a metterlo a pancia in giù.
Volevo controllare le sue ferite. Quel pazzo di Kevin poteva anche essere riuscito a fargli aprire i punti.

«Manuel, mi passeresti quelle forbici?» domandai senza guardarlo. Ero troppo preso ad osservare JJ in quel momento.
Mi portò quello che gli chiesi e tagliai via le bende e le garze che avvolgevano tutta la sua schiena.
Come pensavo, qualche punto era saltato. Dovevo cucirlo nuovamente e probabilmente, questa volta avrebbe sentito tutto.
«S-Sta bene?» mormorò Manuel «Non molto...» sussurrai «Rimani qui con lui. Vado a prendere l'occorrente per rimediare al disastro che hanno fatto» mi  alzai lentamente e ritornai di sopra.

Era un po' arrabbiato in questo momento. Anzi, ero veramente incazzato e potevo sentire la rabbia che cresca in me.
Volevo fare di più. Volevo poterli salvare, senza sentirmi un debole davanti ai fatti.
In un lampo di tempo ero nuovamente di sotto a ricucire alcune ferite di Joshua e naturalmente, questa volta sentiva tutto.

Prima, probabilmente, aveva sentito anche sollievo, ma adesso che la sua pelle non aveva il ricordo fresco del dolore causato dalla frusta, era come se lo stessi torturando anch'io.
Mi sentivo male a questo pensiero. Mi sentivo un'idiota, perché non avevo pensato a come poter far si che lui non sentisse nulla

Manuel gli stava tenendo le mani, per dargli man forte e un minimo di sicurezza. D'altronde, al momento si fidava solo il più piccolo di me. 

Una volta concluso il tutto, fasciai nuovamente la sua schiena e gli porsi la maglia. Mentre ero al piano di sopra, il ragazzino gli aveva messo i pantaloni e gliene ero grato. Non so il perché, ma ero grato che mi stesse aiutando.
«C'è la fai a mangiare qualcosa?» domandai guardandolo, mentre cercava di mettersi seduto. Però, non rispose. 
Si mise seduto e si strinse a Manuel, ma non mi degnò nemmeno di uno sguardo.

Guardai il più piccolo, come ad implorare un minuscolo aiuto.
«JJ, devi mangiare.» disse recependo il mio sguardo supplichevole.
Per un attimo si guardarono. Poi annuì. Sorrisi, non sapendo nemmeno il motivo.
Gli porsi il vassoio e iniziò a mangiare in autonomia, cercando di trattenere il più possibile dei piccoli gemiti. 

Sorrisi tristemente.
Era visibilmente distrutto. 
Era a pezzi.
Era stanco.
Era tutto quello che ero io.

«Sei stanco?» chiesi in un sussurro, come se avessi paura di una risposta «Che cosa t'importa?» Ansimò spostandosi qualche millimetro «Questo è quello che tu non hai capito...» mi massaggiai la faccia chiudendo gli occhi «M'importa di te e farò di tutto pur che tu stia bene, ma devi darmi una mano» corrucciai la fronte «e lo firmo mi torturerai lo stesso e-e...» sentì la sua voce incrinarsi verso il pianto. Ma non voleva farlo. Si zittì prima di concludere la frase, ma era bastato quel silenzio dopo un singhiozzo strozzato a farmi capire dove volesse arrivare.

Lo odiai. Lo stavo odiando perché mi aveva appena paragonato a quei mostri. 

Forse ero un mostro anch'io...

«Non paragonarmi a mio padre e a quel bastardo» lo guardai duro e potei sentire la tensione che si alzava. L'aria circostante diventava pian piano sempre più pesante che quasi non mi tolse il respiro.
«Come faccio a crederci?» Sussurrò con voce tremante «Come faccio a dimostrarti qualcosa se non mi dai un minimo di fiducia?» urlai di scatto.

Adesso ero io quello preso dall'ira. Forse non sono poi così diverso da loro.

Lui annuì semplicemente, quasi esitando. 
Non sapeva cosa dire e il mio scatto l'aveva semplicemente spaventato. Avevo terrorizzato perfino Manuel.
Sospirai e deglutì rumorosamente. 
Cosa avrei dovuto fare? Aprire tutte le porte di casa? 
Assolutamente no, se non volevo che fossimo uccisi tutti e tre.

«Okay...» sussurrai «Scusatemi...» misi le mani sulle mie spalle e guardai il soffitto. 
Pensai, pensai, pensai e ripensai ancora. Poi il lampo di genio. «Vuoi avere dei motivi per cui puoi provare a darmi fiducia?» dissi «Te ne darò alcuni, per accontentarti» lo fissai intensamente rimanendo fermo dov'ero «Se fossi una bestia come qualcuno, non avrei fermato mio padre quando ti stava frustando, quando aveva preso a torturarti anche dopo che eri svenuto. Non avrei fermato Kevin a fare le medesime cose. Non avrei fermato entrambi più volte, quando volevano abusare di te. Se fossi come loro, non avrei aiutato Manuel e soprattutto, adesso sarebbe di sopra a far sfogare i due sadici. Probabilmente adesso starebbe anche rischiando la sua stessa vita, invece è qui con noi al fine che io possa proteggerlo. Se fossi come loro, non mi sarei preso cura di te ogni ogni giorno da quando sei qui» dissi tutto d'un fiato.

Mi guardava perplesso. Come se qualcosa non gli tornasse. Ma non capivo cosa.
«O-ogni giorno?» domandò e io annuì «Scusa, ma non e passata solo una settimana e mezzo da quando sono qui?» chiese e fu lì che capii.
Aveva perso la cognizione del tempo.
«JJ, tu sei qui da oltre un mese e mezzo. A volte dormi anche 24 ore e quando svieni, stai così anche per 72 ore» risposi e lui rimase scioccato da tale conoscenza «C-com'è possibile? M-ma poi com'è che sono vivo, se ho iniziato a mangiare l'altro giorno per la prima volta?» continuò a fare domande scioccato. 

Era ovvio che non ricordasse nulla.
Mi avvicinai e mi sedetti davanti a lui «Non ricordi nulla?» domandai e lui scosse la testa «Ogni volta che ti svegliavi, io ti portavo del cibo e dell'acqua. Svuotavo quel secchio e ti portavo coperte pulite.» rivolsi uno sguardo a Manuel che era preso a guardare entrambi con voracità «I-Io non mi ricordo nulla...» balbettò 

Abbassai la testa, ma non mi stupì. Era normale, credo. Tutte le volte, finiva di mangiare e tornava a dormire come un ghiro.
«Va beh» sussurrai «In ogni caso, spero che tu abbia capito che non sono come loro. Anche p-perché...» sentì un fremito uscire dalla mia gola e un tamburo nel mio petto, mi minacciò di diventare più forte per quello che stavo per dire.

Perché? Perché era la prima volta che lo dicevo. Era la prima volta che lo ammettevo.
Joshua mi guardò interrogativo, mentre Manuel mi sorrise e mi abbracciò. 
Questa cosa lasciò perplesso JJ.

«Perché?» domandò invitandomi a finire la mia frase «Perché sono anch'io una vittima» risposi «Da più tempo di quello che credi» aggiunsi stringendo Manuel, sotto lo sguardo scioccato e paralizzato di Joshua.

Fine seconda parte

RibelleWhere stories live. Discover now