𝑸𝒖𝒆𝒍 𝒃𝒂𝒓 𝒅𝒊 𝑩𝒆𝒓𝒍𝒊𝒏𝒐... (𝒔𝒉𝒊𝒑) [𝒄𝒉] {𝒔𝒑𝒆𝒄𝒊𝒂𝒍} 🪐

40 3 24
                                    

Quella sera, Berlino era stranamente silenziosa.

Le strade erano vuote, non un anima viva passeggiava e si godeva il breve tempo di calma dal clima invernale.

Ma c'era qualcuno, oltre al barista, in quel locale che sembrava quasi dimenticato da tutti.

Lui, un uomo adulto dai capelli castani e gli occhi azzurri, freddi come il ghiaccio, era seduto al bancone con davanti un bicchiere riempito a metà di qualche bevanda alcolica di cui non aveva chiesto il nome.

Era arrivato lì per caso, o perché il destino lo aveva condotto lì. Quel locale era decisamente illegale.

L'uomo non credeva, non sospettava nemmeno probabilmente, che alcuni non si erano fermati alle direttive del governo e avevano creato locali per coloro che lui chiamava diversi.
Camuffati per non venir arrestati e avere la fine peggiore.

Eppure, anche lui era come loro.
Era diverso.

C'era qualcosa di sbagliato nell'amare qualcuno che non si dovrebbe?

L'uomo sospirò e prese un altro sorso dal bicchiere. L'alcool gli arrivò alla gola, passò come un serpente, dritto per la sua meta.

E, come un serpente, era letale.

Lui sapeva, probabilmente, che se lo avessero visto lì nemmeno la sua posizione politica lo avrebbe aiutato.

Bevve di nuovo.

Passò altro tempo, un quantitativo di tempo che non intendeva capire e aveva finito il bicchiere.

«Brutta giornata?» chiese un ragazzo appena arrivato. I suoi vestiti di sicuro non erano di un nobile.

Ma in quel locale, tutti erano a casa. Quello era un luogo sicuro, finché non l'avessero scoperto.
Ma avevano piani, tanti piani a riguardo. Dallo scappare, all'accettare il loro destino.

L'uomo gli diede uno sguardo spento e annuì. Di parlare, in quel momento, non aveva voglia.

Il ragazzo non rispose, si sedette di fianco all'altro e ordinò anche lui una bevanda alcolica.

L'altro lo guardò dire quelle semplici parole e cominciare a bere subito dopo che il bicchiere fu messo sotto il suo naso.

Non aveva ancora fatto caso al locale in cui si trovava. La prima cosa che aveva fatto appena entrato era stata sedersi e ordinare qualcosa di forte, molto forte.

Almeno era da solo, prima che quel ragazzo dai capelli biondi e gli occhi azzurro cielo si sedesse vicino a lui.

Che poi, perché proprio vicino a lui?

Scosse la testa, eliminando domande inutili e analizzando, come un investigatore di un omicidio, il giovane alla sua destra.

La giacca era stata lavata il giorno prima, ma la stessa mattina si era sporcata di nuovo. Aveva un età adatta ad andare in guerra in salute dai capelli ben tenuti e dal viso comunque roseo, eppure era lì.

«Prima che mi chieda: non sono al fronte poiché ho già un lavoro qui. Lavoro nell'azienda della mia famiglia» sembrò che il giovane gli avesse letto la mente, ma forse c'era fin troppo abituato. Quando parlò, si girò verso la sua sinistra, in modo da guardare negli occhi l'altro.

Ora che l'uomo guardava meglio, però, poteva vedere il viso e le mani con cicatrici, alcune più fresche altre più vecchie che avevano lasciato una scia col ricordo della scena in cui era accaduto.

Il viso del ragazzo però, non chiedeva pietà per ciò che l'uomo poteva ora vedere. Non cercava compassione.

«È strano come le emozioni siano visibili dalla semplice lettura degli occhi e dei comportamenti, non trova?» disse alla fine l'uomo. Parlare gli era strano, quasi non sapesse più come si facesse. La voce rauca, a causa delle urla di prima.

«È il cervello umano ad aiutarci a percepire le emozioni dell'altro. Trovo che sia, in realtà, stupefacente e strabiliante quante cose il genere umano potrebbe fare» rispose il giovane, con un sorriso accennato.

L'uomo lo ricambiò, facendosi dare la bottiglia e versando generosa bevanda in entrambi i bicchieri.

«Però non capisco: se siamo così evoluti, dovremmo agire per certe azioni degli altri, no?» ecco qua: il ragazzo si era rivelato. Non che fosse difficile comprendere da che parte stesse, in fondo, ma le parole furono scelte con cura, per non renderlo troppo palese.

E l'uomo non disse nulla riguardo l'affermazione del giovane, un ragazzo così giovane non poteva di certo capire perché fare tutto quello. Prese un sorso velocemente, l'alcool ormai in circolo nel suo corpo.

Passarono secondi, minuti e il massimo che fecero fu continuare a bere.

«Allora mi dica, perché è qui? Si viene qui solo quando c'è bisogno di scappare da qualcosa e lei sembra quell'uomo che cerca un bar e vorrebbe dimenticare una litigata con qualche bottiglia di alcool. Sua moglie?» quel giovane era intelligente. L'uomo rimase interdetto e guardò il ragazzo.

«Non sono sposato. Può sembrare strano, ma la persona giusta per me è irraggiungibile e non potrei mai ammettere di amarla davanti a tutti col matrimonio» affermò il castano.

Il biondo annuì. Aveva capito.

E allora l'uomo, senza dire nomi, cominciò a raccontare, perché in fondo quella poteva essere la sola volta in cui vedeva quel giovane e la persona a cui raccontare tutto.
In quel locale, non c'erano giudizi.

Raccontò di lui. La forte e brutta litigata avvenuta qualche ora prima e dovette bere più volte, per riuscirci. Le cose dette, non avevano molta importanza.

Anche il ragazzo raccontò.
Parlò del giovane che l'aveva fatto innamorare con un battito di ciglia e sognava una vita con lui, dovesse accadere il peggio.

Erano così inibiti dall'alcool, che non si accorsero nemmeno di starsi aiutando a vicenda.

«Scappate in Svizzera - affermò l'uomo - questo non è posto per voi. Almeno uno di noi può farlo» e gli sorrise.

«Lo farò» affermò il biondo. L'altro annuì.

Era arrivato il momento di tornare a casa, si dissero, oramai il sole stava per ricominciare il suo percorso segnato nel cielo grigio e la luna gli stava lasciando spazio.

Quando l'uomo bussò alla porta laterale della casa, gli aprì un altro uomo dai capelli castano scuro e gli occhi del medesimo colore. Il viso era segnato dalla preoccupazione e quando vide quegli occhi ghiaccio quasi passargli attraverso, ringraziò il Signore.

Lo portò in camera sua e lo fece sdraiare sul letto. L'altro aveva gli occhi chiusi e intanto l'italiano, visto che dall'Italia proveniva, lo coprì e gli accarezzò il volto.

Non dovevano dire niente, in fondo, tutto era nel loro silenzio, nei loro gesti e nel tepore caldo delle lenzuola che avvolgevano il corpo del tedesco, dopo una nottata tra il fresco di Berlino.

L'italiano si sdraiò al suo fianco, gli baciò il capo e poi gli diede un fugace bacio sulle labbra.

«Ti amo» disse a pochi centimetri dalle sue labbra, accarezzandogli i capelli.

«Ich liebe dich, meine prinzessin» affermò l'altro con un sussurro, per poi addormentarsi completamente, cullato dal respiro e dal calore della persona che amava, che finalmente era di nuovo con lui.

E il ragazzo? Chiederete voi.

Decise di partire con l'amato in Svizzera.
Ma questa è un'altra storia.

Almeno un amore venne salvato.

-------------------♥------------------------♥------------------

1142 parole.

Auguri, sweetheart, spero ti piaccia.
Non sono così tanto brava come credi
a fare le cose per tempo...

L'

𝗔𝗥𝗧𝗘𝗠𝗜𝗦 || 𝑂𝑛𝑒 𝑆𝒉ꪮ𝑡 𝑎 𝐶𝑎𝑠ꪮ जहाँ कहानियाँ रहती हैं। अभी खोजें