2. All the good girls go to hell.

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PERSEFONE POV

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PERSEFONE POV.
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Quando bussarono al campanello io stavo ancora finendo di sistemarmi i capelli, ma non ebbi fretta nel farlo perché una delle cameriere mi disse di aspettare un suo segnale per poter scendere al piano di sotto.

Era così che la nostra famiglia faceva le proprie entrate in scena e io non capivo perché dovessi stare al loro gioco, assecondarli a una presentazione già pianificata, ma mi divertivo ad essere l'asso nella manica dei miei genitori, che puntualmente utilizzavano per fare colpo sugli altri.

Forse lo facevano perché io trovassi una relazione stabile, un uomo che mi garantisse una vita serena e appagata, senza alcun problema a cui dover pensare, perché io di problemi ne avevo avuti già troppi.

Quella giornata indossai un vestito pieno di strass con le spalline sottili e la scollatura a V poco profonda. Mi arrivava giusto sopra il ginocchio, cadeva morbido lungo il corpo e non era né troppo scollato e né troppo corto.

Né troppo da sgualdrina e né troppo da santa.

Simile a tutti gli altri che avevo.
Alcuni miei vestiti erano davvero troppo eleganti, riprendevano quasi lo stile cavalleresco, con i diamanti, i tulle, i ricami. Alcuni più di altri si adattavano perfettamente al mio corpo, perché fatti su misura.
Ma erano vestiti che da un paio di mesi stavano iniziando a prendere la polvere dentro il mio armadio.

Erano, ormai, poche le volte in cui indossavo dei vestiti simili, abituata alla comodità delle felpe larghe di mio fratello, di qualche maglia lunga e ai leggings sportivi.

Stavo indossando il copri spalle trasparente quando sentii una voce richiamare la mia attenzione con un leggero «Psst», capii che era arrivato il mio momento di scendere giù.

L'eccitazione inizio a vibrarmi nel petto, ero curiosa di vedere chi fossero i nostri ospiti.

Mi immaginai volti felici, che chiacchieravano amabilmente, vecchi compagni di una vita che si ritrovavano.

Uscii dalla mia camera e avanzai verso le scale, le scesi prima con il piede destro e poi quello sinistro, con la schiena diritta, la mano che scorreva lungo il corrimano in legno chiaro, il mento in su e un sorriso sulle labbra.

Ad accogliermi nell'ampio salone adornato da vecchi quadri di riproduzioni storiche e di peonie rosa sparse in giro inserite in vasi costosi, c'era quella che potrei definire la famiglia dell'Olimpo, tanto belli da far paura quanto impostati nelle azioni.

Improvvisamente non mi sentii la sola a fingere, forse avevano più scheletri nell'armadio della mia famiglia, forse avevano provato dolori simili ai miei.

No, Persefone, nessuna chiacchiera felice e nessuna risata.

Tutti gli sguardi verso di me.

𝑳𝑰𝑴𝑰𝑻𝑳𝑬𝑺𝑺.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora