Capitolo 50

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Katherine

Non ero riuscita a trattenere le lacrime, quando mi aveva stretta a se e aveva detto quelle cose, non ce l'avevo fatta. Quando lo avevo visto, per poco non ero svenuta, era lì davanti a me, vivo, non era cambiato niente tra noi e allo stesso tempo era cambiato tutto. 
Lo avevo stretto a me così forte che avrei voluto congelare quel momento per rimanere così per sempre. Ma certe cose non le fermi, certe cose anche se ti spezzano, le affronti anche col dolore al cuore. Lacrime salate mi rigavano il viso, gli occhi erano così rossi e gonfi che faticavo a tenerli aperti.

Sapevo non mi avrebbe creduta, anch'io stentavo a credere alle mie parole così prive di verità. Mi aveva vista, quando si era risvegliato, mi aveva vista. Gli avevo detto che lo amo, aveva aperto gli occhi e mi aveva vista eppure gli ho fatto credere lo avesse sognato.

Come le notti in cui mi intrufolavo dalla finestra della sua camera per evitare di essere vista ed essere scoperta da suo padre, non riuscivo a dormire la notte, la testa e il cuore erano con lui, quindi ogni notte sgattaiolavo fuori camera mia e raggiungevo l'ospedale entrando dalla finestra. Se mia zia lo avesse scoperto sarebbe impazzita, avevo ancora la ferita ormai rimarginata sul fianco, zoppicavo un pò per via del ginocchio, ma niente mi avrebbe impedito di stare con lui. E fortuna era che, l'ospedale non fosse molto distante.

Dormiva quando arrivavo nella sua stanza, così mi sedevo di fronte il suo letto e gli stringevo la mano tra le mie per poi poggiarvi il viso sopra. Riuscivo ad addormentarmi solo se c'era lui. Al mattino andavo via prima che si svegliasse, gli lasciavo sempre un bacio sulla fronte e poi mi allontanavo verso la finestra.

E lui tutto questo non lo avrebbe mai saputo.

Non riuscivo neanche a mangiare, avevo lo stomaco chiuso. Non avevo avuto bisogno di fare il test, il ciclo mi era arrivato prima di essere dimessa, proprio in ospedale, e in quel preciso momento mi ero chiusa in bagno ed  ero scivolata sul pavimento con la schiena poggiata alla porta a fissare il vuoto. Non capivo se il mio fosse sollievo o solo consapevolezza che non avrei avuto una parte di lui con me.

Quello che era successo non aveva cambiato ciò che sento per lui, ma il fatto che suo padre detenesse un tale potere nell'azienda in cui lavorava mia zia, mi faceva tremare, se lei avesse perso il suo lavoro, la carriera per cui aveva lottato tanto, non me lo sarei mai perdonata. Eravamo a New York grazie alla sua promozione e non avevo diritto di distruggere i suoi sogni, ne aveva messi già così tanti da parte per me.

Ma avevo il cuore spezzato, con una crepa che mi faceva talmente male.

Mi manca come l'aria, mi manca da morire, i ricordi sono ciò a cui mi aggrappo, ma so che niente allevierà ciò che sento

L'unica a sapere la verita è Astrid, perché una volta che era venuta subito a trovarmi dopo essere stata dimessa, ero scoppiata in un pianto incontrollato. Lei non riusciva a crederci, era rimasta scioccata e arrabbiata mentre io ero incapace di reagire, perché da una parte c'era la mia famiglia, dall'altra l'amore della mia vita.

Non avevo neanche la voglia di andare a scuola, per quella settimana zia mi aveva detto di riposare e che avrebbe parlato lei con gli insegnanti per giustificare le mie assenze, e forse era anche meglio così, non ce l'avrei fatta ad affrontarlo di nuovo. A guardarlo nei suoi bellissimi occhi e dirgli che non contava più nulla per me. Non ce l'avrei mai fatta

Scendo di sotto quando sento bussare alla porta e un brivido mi assale, mi avvicino piano e una volta aperta, resto sorpresa di ritrovarmi Ben davanti, mi abbraccia subito senza darmi il tempo di reagire

Never without youWhere stories live. Discover now