Capitolo 2° -L'INCONTRO VENEZIANO

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Ignoravo la ragione di ciò che mi stava accadendo ma in cuor mio avevo il velato sospetto che quel che avrei visto non mi sarebbe piaciuto affatto. All'improvviso fui catapultato all'interno della storia,non ero più uno spettatore stordito, ma un'inconsapevole co-protagonista di un qualcosa a me totalmente sconosciuto. Mi ritrovai all'imboccatura di quella stradina scivolosa che poco prima avevo visto percorrere da quel signore, mi feci coraggio e m'incamminai con passo incerto, verso quel palazzone quando all'improvviso vidi in lontananza la sagoma di quell'uomo che poco prima era entrato. Quando ci incrociammo, mi salutò alzando leggermente il cappello....il cappello era un Borsalino,un capo di alta sartoria, ma perché mi aveva colpito? dove l'avevo giàvisto? La mia impellente esigenza di sapere chi fosse quell'uomo mi spinse a rincorrerlo, e con una scusa inventata al momento, gli dissi che avevo urgenza di raggiungere la stazione di Venezia e gli avrei pagato metà della corsa, se mi avesse permesso di salire a bordo assieme a lui. Acconsentì, e ci sedemmo fianco a fianco sul sedile posteriore del motoscafo. Il motoscafo era un Riva, un gioiello della nautica da diporto Italiana, interamente in radica, con sedili in pelle color beige, a poppa, sventolava la bandierina delle quattro repubbliche marinare. L'aria fredda e tagliente insidiava i nostri volti, tanto da avere un effetto quasi anestetizzante, ed io non riuscivo a distogliere lo sguardo dal volto di quell'uomo. La sua espressione era triste e desolata, come se un grande macigno gli comprimesse l'anima, infilò la mano nella tasca destra dell'impermeabile e tirò fuori un pacchetto di nazionali senza filtro, le sue dita dalle estremità giallognole provavano inequivocabilmente che era un accanito fumatore e fu in quell'attimo che mi accorsi che sulla parte interna del polso sinistro aveva tatuata una piccola chiave di violino. Attraccammo non distanti dapiazza San Marco e dopo aver pagato il taxi, cominciai a seguirlo a breve distanza. Entrò in un caffè ed io lo seguii, ma per mia sfortuna se ne accorse e si girò di scatto comprensibilmente infastidito dalla mia presenza. Mi chiese in malo modo, quasi spingendomi, chi fossi, cosa volessi, per quale motivo continuassi a seguirlo come un segugio. Già, ma io chi ero? Solo in quell'istante mi accorsi di essere preda di una sorta di amnesia, non sapevo nulla della mia vita, della mia famiglia. Il proiettore aveva azzerato il mio passato, costringendomi a vivere un presente "virtuale". Come potevo spiegare a quell'uomo inviperito la storia del proiettore,io stesso non l'avevo ancora capita, mi avrebbe preso per un pazzo farneticante. A quel punto, non mi rimase che dirgli che avevo  la strana impressione di averlo già visto da qualche parte. Si calmò,forse consapevole della sua reazione troppo irruenta per quanto giustificata. Mi spiegò che veniva a Venezia ogni quindici giorni atrovare la figlia di otto anni gravemente ammalata. All'improvviso, mi sentii profondamente a disagio, ero entrato a gamba tesa, senzaalcun diritto, nella vita privata di un perfetto sconosciuto.Quell'uomo, che qualche minuto prima mi avrebbe preso a cazzotti senza tanto pensarci sopra, mi offrì un caffè che accettai con non poco imbarazzo. Da quel gesto compresi che aveva voglia di parlare, e mi appoggiai al bancone del bar quasi in attesa di chissà qualerivelazione. L'uomo, le cui guance avevano ripreso colorito, mi disse che la figlia era stata colpita dalla poliomielite ed era stata ricoverata dopo l'operazione al braccio sinistro per un lungo periodo di fisioterapia. La poliomielite, è una malattia acuta,virale, altamente contagiosa, che è stata debellata su scala mondiale grazie ad un vaccino sviluppato dal virologo polacco AlbertBruce Sabin nel 1950. Già, nel 1950, ma in che anno eravamo? Non lo sapevo. L'uomo mi disse di abitare ad Aviano in provincia diPordenone, e di lavorare come custode tra il personale civile della base USAF. Mi spiegò anche che prima di trasferirsi ad Aviano per molti anni aveva lavorato come autista presso una famiglia nobile in provincia di Gorizia. Non potevo credere a quelle parole, ero evidentemente sbiancato, visto che d'un tratto mi chiese se mi sentivo bene, se volevo sedermi e prendere un sorso d'acqua. Non mi sentivo affatto bene, lui poteva essere l'autista della villa e il padre di quella bambina che si era materializzata in quello scantinato buio e umido.

IL PROIETTORE IMMAGINARIOWhere stories live. Discover now