Capitolo 4° - MARE E MARINAI

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I miei sensi si riattivarono a causa di un sibilo che udii in lontananza, ero steso a letto al buio, a tastoni cercai l'interruttore e accesi la luce. Mi trovai in un camera d'albergo molto spartana, un tavolino traballante con sopra una abatjour decisamente dozzinale, ed un armadio con dentro dei vestiti. Attraverso le ante del balcone, filtravano i raggi del sole e sentii dei strani versi che sembravano quelli dei gabbiani. Decisi di aprire le finestre e all'improvviso davanti a me il mare, immenso, il grande simbolo di libertà di ogni uomo. Nel mio intimo, avrei voluto salire su una zattera e remare, remare, fino al punto in cui il sole abbraccia l'orizzonte. Mi venne spontaneo respirare a pieni polmoni l'area intrisa di iodio, una vera boccata d'ossigeno che però non mi aiutò per nulla a schiarirmi le idee. Le immagini erano ancora in bianco e nero prova del fatto che il proiettore stava continuando a funzionare. Dalla finestra scorgevo un bellissimo golfo e la porzione di un porto ove era attraccata una bellissima nave a vela, era un trealberi a motore interamente realizzata in legno. Appoggiato sul tavolino notai un cannocchiale, lo afferrai per osservare meglio quel gioiello della marineria, una vera e propria regina dei mari e notai che sulla fiancata sinistra dello scafo verso prua, campeggiava solenne la scritta "Amerigo Vespucci". Che idiota, come avevo fatto a non capirlo prima? era la nave scuola della Marina Militare Italiana.

Distogliendo per un attimo lo sguardo dall'orizzonte, mi accorsi che sulla sommità di una specie di pennone, o qualcosa di simile, si ergeva una sorta di arma medioevale che assomigliava ad una alabarda. All'improvviso mi parve tutto più chiaro, mi trovavo a Trieste. Inutile chiedersi cosa ci facessi a Trieste, il proiettore oramai decideva per me senza eccezioni di sorta. Sentii bussare alla porta, aprii ma non vidi nessuno, il corridoio era deserto ma sulla moquettes qualcuno aveva abbandonato la custodia di uno strumento musicale. Lo presi, lo appoggiai sopra un tavolino e con estrema delicatezza lo aprii. All'interno c'era uno splendido violino, era uno "Stentor corservatoire", da quel poco che la mia mente mi suggeriva era un pezzo di grande pregio. Era la prima volta che tenevo tra le mani un violino, mi emozionai pensando ai solenni virtuosismi che erano nati da quellecorde e sulfondo della custodia c'era uno spartito ingiallito, si trattavadell'Ave Maria di Schubert.

Ilfodero interno della custodia odorava di tabacco, ma non si trattavadi un tabacco aromatizzato come quello che si usa nelle pipe, era un'odore molto più forte, quasi fastidioso, come quello delle......nazionali senza filtro, e se quel violino fosse appartenuto a....Si, lo so, stavo correndo un po' troppo.

Presi con me il violino, dal quale non intendevo separarmi per nulla al mondo, uscii dall'albergo e m'incamminai lungo le rive, non so per quale ragione avvertii l'esigenza di salire sull'Amerigo Vespucci, ma del resto il proiettore decideva per me. Venni immediatamente rapito dalla bellezza architettonica dei palazzi che erano stati costruiti quando Trieste faceva parte dell'impero austro-ungarico. La città mi appariva come una donna dal fascino distaccato, m'incamminai verso il molo audace e notai che su una panchina qualcuno aveva scritto la seguente frase: "Siediti qui ed osserva il mare, solo lui che non ha mai pace, può darti la pace". In parte quella frase rispecchiava il mio stato d'animo, il mare aveva la capacità di infondermi un briciolo di tranquillità.

Piazza Unità d'Italia vista dal molo sembrava un prezioso scrigno contenente un condensato di quella nobile e fastosa cultura asburgica che, per ragioni inspiegabili esercitava in me un indiscusso fascino. Nella mia mente, si materializzarono le immagini del Castello di Miramare, dell'imperatore Francesco Giuseppe, della principessa Elisabetta di Baviera detta "Sissi", forse qualcuno mi aveva raccontato la loro storia. Assieme ad altre decine di visitatori ordinatamente in fila, riuscii a salire a bordo della nave scuola. Ogni centimetro di quel magnifico veliero brillava in modo quasi abbagliante e fummo accolti da un gruppo di cadetti orgogliosamente impettiti dentro la loro alta uniforme. La nostra guida, un capitanodi vascello, cominciò ad illustrarci alcune curiosità della Vespucci e ci spiegò che l'equipaggio aveva un proprio motto. Originariamente il motto era "Perla Patria e per il Re" poi sostituito nel 1946 con "Saldi nella furia dei venti e degli eventi",  mentre dal 1978 il motto ufficiale della nave scuola era "Non chi comincia ma quel che persevera". Nell'udire quelle parole mi irrigidì all'istante, era la stessa frase che una mano ignota aveva scritto sullo specchio del bagno dell'hotel. Ma cosa c'entravo io con la marineria?, perché molti eventi che stavo vivendo sulla mia pelle riconducevano al mare?,altre domande per le quali stavo cercando disperatamente uno straccio di risposta.

IL PROIETTORE IMMAGINARIOWhere stories live. Discover now