Capitolo 11°- L'ULTIMO FOTOGRAMMA

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Il momento della verità era sopraggiunto, presi nuovamente la foto, la lente d'ingrandimento e mi misi ad osservare attentamente. Nella  foto, Silvano sollevando il bimbo al cielo, aveva alzato un lembo della sua maglietta, quel tanto che bastava per notare che all'altezza del gluteo sinistro, il bimbo aveva una voglia molto simile ad un acino d'uva. O mio dio, cominciai a tremare come una foglia, a sudare freddo, tutto potevo immaginare tranne che la lente mi potesse svelare una tremenda verità, una verità più grande della mia coscienza e del mio essere, poi le tenebre.

Mi svegliai e sentii un forte dolore alla nuca, come se qualcuno mi avesse colpito con un oggetto pesante, attesi qualche istante per rimettere a fuoco la vista, non ci potevo credere, mi trovai di nuovo nello scantinato di quella villa maledetta, dove tutto era cominciato, davanti a me, quel marchingegno infernale continuava a funzionare, mi alzai, lo presi e con tutta la rabbia che avevo in corpo lo scagliai contro la parete, ma lui continuava a funzionare. Lo presi a calci più e più volte, ma sembrava infrangibile, com fatto di gomma e soprattutto continuava a proiettare immagini confuse che si accavallavano l'una sull'altra. Fuori pioveva a dirotto, il vento che filtrava attraverso gli abbaini originava un sibilo fastidioso. La porta cominciò a sbattere con violenza, poi si spalancò, non ci pensai due volte, volevo fuggire e lasciarmi tutto alle spalle per sempre, pur sapendo che il proiettore girava ancora.

Imboccai l'uscita, il vento e la pioggia erano impetuosi, passai davanti alla veranda della villa e, con mia sorpresa notai che le luci erano accese, ma come era possibile? Ricordavo quella villa completamente disabitata e invece, adesso, il caminetto che scorgevo dalla finestra scoppiettava e accanto c'era un bellissimo albero di natale illuminato. Decisi di entrare, mentre l'ansia s'impadroniva di me. Cominciai a girovagare come un forsennato tra le stanze, cucina, camere, bagni, ripostigli, ma era deserta, non c'era nessuno, altromistero.

Tornai in salotto, ebbi la sensazione che le forze mi stessero abbandonando e mi accasciai sul divano. Cos'era successo? e cosa stava succedendo? Ero tornato nella vita reale oppure no? La vita reale era rinchiusa nel virtuale o il contrario? Sembrava che la mia esistenza fosse diventata una serie infinita di matriosche impegnate a confondere il tempo.

Mentre i miei pensieri continuavano a viaggiare confusi, avvertii una strano profumo che avevo già sentito, sì, era il profumo di quella strana pietanza che la signora del consolato mi aveva fatto assaggiare, gli gnocchi con la marmellata.

Ad un tratto, sentii una voce  "Allora, ti muovi? Vai ad asciugarti, è quasi pronto?".

"Marina?" Lei mi guardò ridendo, e mi chiese perché l'avessi chiamata per nome, forse mi ero stufato di chiamarla Nonna?

Io,non lo sapevo, mi accomodai a tavola apparecchiata per cinque, il primo ad arrivare fu lui, il solito brontolone, nonostante la tosse non lo facesse dormire, non rinunciava al suo pacchetto quotidiano di nazionali senza filtro. Lui e Marina cominciarono a litigare, perché lui, come tutti i natali, anche quest'anno voleva in regalo un Borsalino nuovo, poi si rivolse a me con il solito soprannome che mifaceva imbestialire. Insomma, avevo quasi trent'anni, ma per mio nonno ero sempre il suo angioletto.

Poi vidi arrivare Mamma, come sempre trafelata dopo una estenuante giornata in ufficio, disse che quella sera non ci sarebbe stati santi, in tv facevano "Colazione da Tiffany" e l'ho voleva vedere assolutamente, "Giusto" gridai io, mi guardarono stupiti, ma per una volta non me ne preoccupai. Sentii chiudersi una porta, il solito ritardatario, papà, ma che ci faceva a casa? Ah, giusto, era lunedì, la sua giornata libera, il ristorante era chiuso. Sembrava particolarmente soddisfatto, il giorno prima, il pranzo di matrimonioera  andato bene anche se alcuni clienti si erano lamentati perché dal menù era stato cancellato il brodo di tartaruga. Già, la tartaruga aveva ripreso la via del mare, "Evviva" gridai io eloro mi guardarono per la seconda volta straniti.

Osservando le persone attorno a quella tavola, ebbi la netta impressione che quei sentimenti di angoscia, smarrimento, frustrazione che sino aq uel momento mi avevano accompagnato stessero progressivamente affievolendosi, certo, non mi feci grandi illusioni, sapevo sin troppo bene che in quello scantinato buio e umido, il mio nemico giurato stava ultimando la tessitura della trama dai risvolti imprevedibili.

Prima di iniziare la cena, mi recai in bagno, mi misi di profilo rispetto allo specchio, e alzai il lato destro della camicia. Quel tassello mancante che mi era stato svelato dalla lente d'ingrandimento e che mi aveva inorridito, ora non mi faceva più paura. La mia voglia, del tutto simile ad un acino d'uva, era lì al suo posto, evidentementela mia prigionia virtuale stava giungendo al termine.

Tornai a sedermi a tavola, mi sentivo strano, insomma, veramente tutti i tasselli del mosaico erano andati al loro posto? Oppure questa strana ubriacatura non si era ancora conclusa? Mi sentivo ancora sospeso nel mondo di mezzo. Sentimmo qualcuno bussare alla porta della veranda, nonna Marina andò ad aprire, era sempre la prima ad alzarsi con il suo solito scatto felino, tornò indietro e mi disse che qualcuno mi stava cercando, chi poteva essere in quella sera da lupi? mentre mi stavo dirigendo verso la porta accompagnato da un misto diapprensione e curiosità, sentii l'orologio a pendolo battere le otto, mi bloccai di colpo con il cuore in gola, gli otto rintocchi di cui mi aveva parlato quella ragazza, possibile che fosse lei.

L'avevo soprannominata la " venere fiorentina", ma io sapevo  che non era di Firenze, il proiettore immaginario aveva tentato per l'ennesima volta di confondere le carte come un abile prestigiatore, ma questa volta aveva toppato. Quella struttura in pietra a forma conica che si intravedeva alle sue spalle nella foto, era un nuraghe, avevo capito che quella foto era stata scattata inSardegna.

Si,era lei, tutta fradicia sotto quel diluvio universale, la invitai ad entrare e ad accomodarsi vicino al caminetto acceso, presi una coperta e gliela misi sulle spalle, rischiava di prendersi un accidente. A quel punto mi disse che dovevamo compiere l'ultima missione, l'ultima missione? Mi alzai dal divano spazientito, gli dissi che pretendevo di sapere il suo nome, diversamente, se nepoteva ritornare da dove era venuta. La sua espressione si fece greve ed io mi sentii in colpa, mi scusai, probabilmente lei non c'entrava nulla, ma perché non voleva svelarmi la sua identità? Mi chiese di condurla in quello scantinato, ma io non ne volli sapere, in quel buco umido c'era quell'aggeggio infernale e sapevo che stava ancora funzionando, quel maledetto.

Mi provocò, mi disse che ero un uomo senza coraggio, un buono a nulla, immaturo, incapace di gestire la mia vita. Allora la presi per mano e sotto la pioggia rientrammo in quel tugurio che puzzava di muffa.Il proiettore manco a dirlo continuava a funzionare, però, diamine, proiettava immagini bianche, ovvero, non proiettava più nulla. Perla prima volta tirai un respiro di sollievo, la ragazza prese il proiettore, lo rimise sul tavolo e lui si spense all'istante. Ad un tratto, sentii uno strano verso, sulla grata di una finestrella vidi una rondine, mi voltai verso la ragazza e gli dissi: " hai visto una....." lei era svanita nel nulla.

Fuoria veva smesso di piovere, anzi, i raggi di un tiepido sole, sembravano riportarmi al calore della mia vita. Uscii dallo scantinato in preda ad una euforia che pareva sollevarmi da terra, arrivai davanti alla veranda, afferrai la maniglia.....ma che diavolo succede ancora? la porta era chiusa, all'interno, i mobili e le poltrone era nonuovamente coperte da lunghi teli bianchi.

Erofrastornato, barcollando, percorsi il viale alberato sino a chiudere la grande cancellata alle mie spalle. Mi aggrappai alle inferiate e chiusi gli occhi per alcuni istanti.

Poi salii in macchina, sul lato del passeggero notai un pacco regalo abbinato ad un bigliettino dove c'era scritto semplicemente

"Buoncompleanno Enry 04 luglio....., l'anno non importa, l'ha detto il proiettore". Scartai il regalo, era un libro, il mio preferito,"Va dove ti porte il cuore".

Solo in quell'istante capii quanto fosse stato inebriante osservare tratti salienti della tua vita, da spettatore. Dicono che il passato è passato, non è vero, il passato ti forma, è il tuo bagaglio, è il famoso zaino sulle spalle, pesa? Certo che pesa, si sentono tirare le cinghie, ma comunque devi sempre continuare a camminare, perché il movimento è vita.



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⏰ Last updated: Oct 29, 2017 ⏰

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