CAPITOLO 7° - LA VENERE FIORENTINA

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Ripresi i sensi ed avvertii un forte dolore alla schiena, ero appoggiato ad un muro e sotto le mie gambe sentivo il freddo di quello che probabilmente era un pavimento in marmo. L'ambiente era in penombra, illuminato a mala pena da una lanterna agganciata alla parete, attesi alcuni attimi affinché la mia vista si abituasse a quel nuovo ambiente. Mi alzai, e con le gambe tremolanti afferrai la lanterna per fare luce dinanzi a me, svoltato un angolo, mi trovai all'imboccatura di una lunga galleria. Dove mi trovavo questa volta? Chissà, avanzai con passo incerto e ad un tratto mi accorsi che alle pareti erano appesi decine e decine di quadri, erano tutti ritratti, delle vere e proprie opere d'arte impreziosite da cornici intarsiate. Ad un tratto, notai in lontananza un fascio di luce filtrare dal lato destro della galleria, allungai il passo e notai una rientranza che racchiudeva una piccola finestrella, sormontata da una grata. Oltre quella finestra, intravidi una grande città illuminata dalle luci della sera che si specchiavano in un lungo nastro d'acqua. Cominciai a camminare apasso svelto lungo quella galleria che sembrava non finire mai, così come non finivano mai quei numerosi ritratti, nei contai un centinaio, ma erano tutti volti sconosciuti. Probabilmente erano personaggi storici o discendenti di casate nobiliari, ad un tratto notai, sul lato destro della galleria, una porta e mi fiondai senzaremore, volevo uscire dal quel luogo che mi infondeva un profondo disagio. Sulla porta era stato disegnato uno stemma araldico al centro del quale compariva la scritta "Medici".

Medici?non medici intesi come dottori, bensì la famiglia medici, ma allora,quel lungo nastro d'acqua che avevo scorto dalla finestra era l'Arno, possibile che mi trovassi a Firenze?

Si,purtroppo era possibile, anzi ne ero quasi certo, come sempre la memoria mi veniva in soccorso nei momenti più difficili. Quella non era una galleria qualsiasi, mi trovavo nel bel mezzo del corridoio Vasariano, un percorso realizzato da Giorgio Vasari per volere di Cosimo De Medici nel 1565. Quella galleria collegava gli Uffizi a Palazzo Pitti, e serviva ai componenti della nobile famiglia, pers postarsi in tutta sicurezza da un palazzo all'altro, sotto i miei piedi, c'era Ponte Vecchio. Ma come? Adesso mi intendevo anche distoria? Ero incredulo.

Mi emozionai al solo pensiero di trovarmi nel cuore di un immenso museo a cielo aperto. Venni assalito da un'ansia incontrollabile, per quale regione, il proiettore, il mio nemico giurato, mi aveva trasportato così lontano dai luoghi nei quali evidentemente avevo le mie radici? Dovevo scoprirlo, a costo di innescare con lui un surreale braccio di ferro. Dietro la porta, si sviluppava verso il basso una angusta scala a chiocciola, decisi di scendere precipitosamente rischiando di rompermi l'osso del collo. Senza quasi accorgemene, mi trovai su ponte vecchio, il cuore nobile de lcapoluogo toscano. Era notte, la città era deserta ed incantevole, mi fermai per riprendere fiato. Firenze è una grande città che vive anche di notte, eppure in giro non c'era anima viva. Il silenzio attorno a me venne infranto da otto rintocchi di un campanile poco distante, sentii una mano sulla spalla, feci un salto e mi voltai di scatto cadendo sui san pietrini, non potevo credere ai miei occhi, lei? la ragazza della fotografia, era vestita esattamente come nella foto, e soprattutto era identica, il tempo aveva ingiallito la foto ma lei aveva mantenuto la freschezza di un fiore di campo. Mi tese la mano e mi aiutò ad alzarmi, dopo una iniziale sorpresa, preso dall'impeto cominciai a tempestarla di domande, la implorai di dirmi chi fosse, di spiegarmi per quale ragione avessi una sua foto,lei, con un gesto delicato ed amorevole prese il mio viso tra le suemani ed accarezzandomi mi chiese di calmarmi. Quella ragazza sembrava uscita da un incantesimo, era di una bellezza disarmante, la guardai intensamente negli occhi e fu come esplorarne l'anima, venni raggiunto da un brivido, portava dentro di se un dolore antico ma sempre attuale, come se nel mosaico della sua vita mancasse un tassello fondamentale, di quel dolore, che spesso riaffiorava, ne percepii l'essenza.

Mi disse di sapere che ero alla disperata ricerca di risposte, ma dovevo pazientare, con la stessa calma con la quale la sabbia attraversa una clessidra. Io, la pazienza l'avevo finita oramai da tempo, ero stufo marcio di trovarmi di fronte a situazioni che parevano rebus irrisolvibili. Tenendomi per mano, quasi fossi un bimbo, percorremmo un tratto del lungarno avvolti da un silenzio interrotto solamente dal cadenzare dei nostri passi. Ad un certo punto ci fermammo, ed entrambi, quasi per riflesso incondizionato, volgemmo lo sguardoall'orizzonte dominato dall'imponenza della cupola del Brunelleschi. Non voleva saperne di dirmi chi fosse, si limitò a consegnarmi un piccolo sacchetto di velluto precisando che l'oggetto contenuto al suo interno sarebbe stato indispensabile per scoprire la verità e che ci saremmo ritrovati quando avrei udito otto rintocchi, a quel punto scomparve, come in un incantesimo per l'appunto. Mi misi a gridare come un forsennato "dimmi chi sei.. dimmi chi sei", lei se ne era andata, inghiottita dal buio della sera e perl'ennesima volta mi sentii terribilmente solo. Mi accovacciai perterra, e aprii il sacchetto, all'interno c'era una lente d'ingrandimento, evidentemente dovevo cercare qualcosa, già, cosa?

Udiidelle risate provenire da quella che sembrava un tipica osteria fiorentina situata all'interno di un vicolo, mi avvicinai e tra ipochi clienti che stavano finendo di cenare sotto un pergolato ricoperto da foglie di glicine, vidi...loro? Linda e Silvano stavano conversando allegramente davanti un vassoio ricolmo di grappoli d'uva di cui Linda, evidentemente, andava ghiotta. Ad un tratto, Silvano,con un gesto delicato, posò la sua mano sul grembo di Linda, quel gesto fu per me inequivocabile, la mia Audrey Hapburn aspettava un bambino. Per la seconda volta, il proiettore decise di imprimere unaaccelerazione, mi sentii quasi lanciato da una catapulta e lo scenario, manco a dirlo, cambiò repentinamente


IL PROIETTORE IMMAGINARIOWhere stories live. Discover now