4. L'affascinante uomo dietro la maschera (II)

4K 439 521
                                    

Camelie affondò uno dei tacchi a spillo nella scarpa lustra di Kennedy Holsen e con una gomitata ben assestata lo allontanò da sé. Il cuore le martellava furiosamente nel petto, inchiodandola lì: in un corridoio deserto, con l'uomo che avrebbe dovuto sposare piegato ai suoi piedi per il dolore.

Lo spaesamento di lui durò però molto poco. In un attimo le afferrò entrambe le caviglie, affondando le unghie nella carne diafana. Dopo essere stato respinto in modo tanto efficace, aveva evidentemente capito come immobilizzarla e, accompagnando il gesto violento con una scarica di insulti volgari, tentò di sbilanciarla.

«Se non la lasci immediatamente, ti faccio espellere.»

Una voce sottile li raggiunse da un angolo in penombra ed entrambi trattennero il respiro. Camelie si aspettava di veder comparire una ragazzina e invece si stupì che, ad aver parlato, fosse stato un giovane gracile, avvolto in un mantello di flanella; uno studente la cui identità era protetta da una maschera verde elettrico.

«Ti spezzo le gambe, moccioso», grugnì Holsen.

Il giovane, a occhio e croce uno studente dei primi anni dell'Irrigazione, si limitò a sollevare un palmare datato almeno due generazioni tecnologiche. «Continua pure. Pensavo di proiettare la tua aggressione in diretta sugli schermi disseminati per la scuola.»

Kennedy lasciò andare Camelie e si alzò in piedi, nel tentativo di intimidire l'altro con la sua stazza.

La ragazza approfittò per allontanarsi di qualche passo. Le gambe erano però scosse da un tremore improvviso e, dimentica dei tacchi instabili, Camelie fece una falcata troppo lunga, mettendo male il piede. La caviglia si storse dolorosamente, mozzandole il respiro.

«Andiamo?» le chiese in un soffio il misterioso soccorritore, attento a non interrompere la ripresa.

Avevano quasi raggiunto la fine del corridoio, camminando all'indietro in modo che la telecamera rimanesse puntata su Kennedy Holsen, che il ragazzino si fermò per rivolgersi un'ultima volta al compagno più grande. «Qualsiasi donna reagirebbe così a sentirsi chiamare bocconcino birichino. Forse è il caso di aggiornare le libraries del tuo repertorio» lo schernì.

Sebbene il dolore alla caviglia si facesse sempre più intenso, girato l'angolo Camelie accelerò. La ragazza non riusciva a camminare dritta; continuava a zigzagare rischiando di scontrarsi con la parete, così lo sconosciuto le offrì un braccio. All'occhiata sospettosa di lei, il ragazzino si decise finalmente a sollevare la maschera. «Sono Lance Winters, il figlio dei Winters... Le nostre piantagioni sono...»

«Confinanti», completò Camelie, «certo, so benissimo chi sei.»

«Mmm» mugugnò Lance poco convinto.

Proseguirono l'uno accanto all'altro in silenzio finché non ritornarono nell'area della terrazza dove era allestita la festa. Avevano quasi raggiunto la sala da ballo, che Camelie si fermò improvvisamente, lasciando andare la manica della giacca di lui, a cui era aggrappata da quando l'altro si era offerto di sorreggerla. «Grazie. Non so davvero come ringraziarti, Winters», disse infine.

«Non so chi fosse quel tizio, ma direi che è meglio stargli alla larga, d'ora in poi!» urlò l'altro, cercando di sovrastare la musica con il suo timbro di voce delicato.

Camelie si lasciò sfuggire una risata amara. Stare alla larga da Kennedy Holsen sarebbe stato più complicato di quanto il ragazzino avrebbe mai potuto immaginare.

«E tu che ci facevi laggiù, tutto solo?»

«Stavo pensando a non so cosa e mi sono addentrato nei corridoi deserti senza neanche accorgermene.»

Gli acrobati d'inverno [disponibile su Amazon]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora