Capitolo 2

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Hanna si levò la maschera e la poggiò a terra, lasciando cadere lungo la schiena i suoi ricci biondi. L'ora e mezza di scherma incominciava a farsi sentire.

-Non male, signorina- Le disse George, il suo istruttore, mentre rinfoderava la spada al fianco. Quell'uomo sarebbe stato capace di intimidire chiunque. Era alto un metro e novanta, spalle larghe e braccia muscolose, ma nonostante la sua corporatura era veloce, molto veloce. -Le consiglio di allenarsi di più nell'affondo, è ancora un po' lenta.

Con il dorso della mano libera, la ragazza si asciugò la fronte sudata e si sedette sul parquet ai suoi piedi, esausta. La stanza d'allenamento era la più grande del palazzo, anche se sembrava troppo vuota. Un'enorme colonna di marmo si trovava al centro d'essa, mentre i muri ai lati erano pieni zeppi di quadri rappresentanti, per la maggior parte, scene di guerra. Suo padre le aveva detto sin da quando era piccola che ognuna di quelle immagini aveva una storia e che i Custodi le avevano vissute tutte. Alle sue spalle c'era un'unica e grande vetrata che mostrava gli enormi giardini dove lei da bambina aveva passato ore, di tanto in tanto anche perdendocisi, costringendo l'intero personale a fare il giro della residenza per trovarla. Avrebbe tanto voluto rivivere uno solo di quei giorni, quando ancora non doveva preoccuparsi di nulla se non dei compiti che le assegnava Teresa, la sua insegnante personale.

-Signorina Hanna... dev'essere pronta per la lezione fra un'ora- Aggiunse George dopo aver probabilmente notato che la ragazza si era persa nei suoi pensieri. Scoprì il viso dalla maschera d'allenamento. Era evidentemente segnato dall'età e dalla stanchezza, ma allo stesso tempo dall'esperienza e saggezza in combattimento. Un'unica e lunga cicatrice partiva da sopra l'occhio destro fino a sfiorar lo stesso angolo del labbro. Qualunque cosa gli fosse successo, gli costò in parte la vista. L'aspetto bastava per far capire quanto potesse essere pericoloso. Tra i Custodi, lui era uno dei più bravi nella scherma e nella difesa personale. Non a caso era l'allenatore di Hanna Mason, figlia di Marcus Mason, il gran capo dell'intera loggia segreta.

-Oh, io... certamente, vado a farmi una doccia e raggiungo Teresa.

Si alzò, nonostante fosse inverno, le sembrava di andare a fuoco. Passò il fioretto al signor George e con passo veloce si diresse verso l'uscita della sala, lasciandoselo alle spalle. Attraversò uno dei tanti e labirintici corridoi del palazzo, ma che ormai aveva imparato a memoria. Erano tutti molto simili, quasi uguali. Un unico e lungo tappeto di color rosso attraversava il corridoio, coprendo parte del pavimento lastricato, lungo le pareti c'erano ritratti di persone le quali dovevano essere per la maggior parte suoi antenati. Molte indossavano strani vestiti e grosse parrucche bianche, fino a poco tempo prima avrebbe ritenuto buffo quel tipo di abbigliamento, ma ora non più. Entrò in camera e chiuse a chiave la porta del bagno, si fece cadere la divisa da scherma ai piedi ed entrò nella doccia, lasciandosi trasportare dal flusso d'acqua calda che percorreva ogni centimetro del suo corpo. Uscì coprendosi con un morbido accappatoio bianco, il vapore aveva appannato appena lo specchio del lavandino, mostrando alla ragazza la sua immagine sfocata. I capelli bagnati erano posati sulle sue spalle e la schiena, scostò di lato la parte superiore dell'accappatoio, mostrando al suo riflesso la runa poco sopra un seno. Era una R racchiusa in un cerchio che arrivava alla clavicola, doveva ancora abituarcisi, era passata solo qualche settimana dal rituale di passaggio, da quando aveva compiuto diciassette anni.

"Quella è Reid", le aveva detto Marcus poco dopo che era comparso il marchio, "Una delle più importanti tra le 24 rune del tempo. Significa cambiamento. Sei destinata a grandi cose". Quelle parole le erano rimaste impresse nella mente e pesavano come un enorme macigno. Non voleva essere importante, non voleva cambiare le cose, desiderava solamente essere normale. Ma evidentemente quello era il suo destino, e pian piano s'era rassegnata a ciò che sarebbe dovuto essere il suo futuro, pieno di pericoli e imprese da compiere. Aprì una piccola finestra e in breve tempo il vapore lasciò la stanza, il viso venne accarezzato da una leggera brezza che la fece tornare in sè. Doveva muoversi, non poteva permettersi di fare tardi alla lezione, Teresa si irritava facilmente. Indossò il primo paio di jeans che aveva visto nell'armadio ed una camicia bianca abbottonata sino al collo, legò i capelli in una coda di cavallo e si diresse allo studio della signora Teresa. Quella doccia l'aveva decisamente rinvigorita. I muscoli, da tesi, erano tornati a rilassarsi e lo stress dell'ultimo allenamento era evidentemente scivolato insieme all'acqua. Scese le scale, arrivando al piano terra, e andò a bussare ad una delle tante porte che si trovavano ai lati dell'enorme salone, che era l'esatto opposto della sala d'allenamento. Un unico ma enorme lampadario di cristallo pendeva dal soffitto, la luce dorata di questo contrastava con quella bianca del sole che proveniva dall'entrata e dalle varie finestre, formando tanti piccoli raggi che finivano sul pavimento a mosaico. Quel pomeriggio il palazzo sembrava più vuoto del solito, la ragazza non aveva ancora visto un domestico, mentre il padre era sicuramente nel suo ufficio, all'ultimo piano della zona est.

I custodi del tempo: ContinuumWhere stories live. Discover now